Introduzione

L’ipersessualità è caratterizzata da fantasie e pensieri intrusivi riguardo al sesso, comportamenti sessuali eccessivi e incapacità di controllare la propria sessualità, con conseguente compromissione della vita relazionale e sociale. Sebbene diverse storie cliniche e ricerche empiriche considerino l’ipersessualità come un disturbo, l’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR) non include l’ipersessualità come categoria psicopatologica a sé stante. Ciò ha generato una controversia tra medici e ricercatori e una discrepanza con l’undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) [1].

Nell’ambito dello studio del disturbo d’ipersessualità, esistono modelli teorici differenti riguardo alla natura del problema e, in conformità a questi modelli, sono state elaborate diverse definizioni dello stesso quali: comportamento sessuale compulsivo, impulsività sessuale e dipendenza sessuale. Sicuramente quest’ultimo è quello maggiormente considerato da un punto di vista sia teorico che clinico, perché incidentalmente include anche gli altri due. Il termine “dipendenza sessuale” è di fatto interscambiabile con “ipersessualità” e, anche quando si parla di compulsività sessuale, si fa riferimento a una medesima dimensione psicopatologica. Da un punto di vista eziologico, le cause del comportamento ipersessuale maggiormente note sono da ricondurre principalmente a fattori psicologici [2], sebbene alcune ricerche si focalizzino anche su fattori endocrini e neurofunzionali. Infine, il terzo aspetto che complica la condizione della persona affetta da sessualità problematica è costituito dalle ripercussioni relazionali, sociali e a volte criminologiche che la disregolazione ipersessuale determina.

Questa rassegna cerca di descrivere sia le cause psicologiche, sia quelle biologiche e sociali associate all’ipersessualità, in accordo a studi scientifici più recenti.

Aspetti psicologici

L’ipersessualità si associa alla presenza di disfunzioni sessuali; il 16% dei casi presenta anche disfunzione erettile, il 12% eiaculazione precoce e oltre il 60% disturbi parafilici [3]; tra quest’ultimi i più riscontrati sono il voyeurismo e il feticismo [4]. Molti individui con sintomatologia ipersessuale presentano altri disturbi psichiatrici in comorbidità: il 72% presenta anche un disturbo dell’umore, il 38% un disturbo d’ansia e il 40% un disturbo da abuso di sostanze [5]; un altro studio ha registrato anche la comorbidità con disturbi dell’asse II del DSM come il disturbo paranoide, narcisistico e istrionico [6].

Nel disturbo bipolare, durante la fase maniacale si assiste spesso ad aumento dei comportamenti sessuali rischiosi [7, 8]. Anche il PTSD si trova spesso in comorbidità con l’ipersessualità; Scoglio e collaboratori hanno dimostrato la presenza di sintomatologia ipersessuale trai veterani di guerra [9]. Questa associazione con il PTSD è motivata dall’effetto negativo del trauma sulla capacità di regolazione delle emozioni [10]. L’ipersessualità rappresenterebbe una strategia disfunzionale di coping focalizzato sulle emozioni che l’individuo mette in atto per proteggersi da stati affettivi negativi [11]. L’alessitimia, definita come un tratto di personalità caratterizzato da difficoltà nel discriminare le emozioni le une dalle altre e di distinguerle dalle sensazioni somatiche, una difficoltà a comunicare verbalmente le emozioni come conseguenza di un vocabolario emotivo ridotto, uno stile cognitivo orientato all’esterno [12], è dimostrato essere correlata positivamente con il comportamento ipersessuale [13]. I pazienti alessitimici cercherebbero di ridurre gli stati affettivi negativi ricorrendo ad acting comportamentali. L’alissitimia risulta utile nello spiegare il ricorso ad attività sessuali come strategia di coping volta a ridurre e fronteggiare i propri stati disforici. Le attività sessuali, infatti, incidendo positivamente sull’umore, permettono agli individui di dissociarsi rispetto alle emozioni negative indesiderate [14]. Il ricorso al comportamento sessuale per proteggersi dalle emozioni negative deriverebbe dalla proprietà intrinseca della stimolazione sessuale di creare un’intensa concentrazione sullo stato di eccitazione piacevole e sul rilascio della tensione associata all’orgasmo [13].

Aspetti sociali

L’ipersessualità sembra essere più comune tra gli uomini gay e bisessuali rispetto al resto della popolazione [15], circa il 30% degli uomini gay intervistati nello studio di Grov e collaboratori ha riferito i sintomi del comportamento sessuale compulsivo [16]. È emerso che l’ipersessualità si associa a difficoltà nello stabilire una relazione d’attaccamento sicura con il proprio partner [17]. L’ipersessualità, inoltre, è connessa con l’evitamento delle relazioni intime [18]. Molti dei pazienti che richiedono aiuto per problematiche connesse all’ipersessualità sono, però, sposati [19]: a causa della sintomatologia ipersessuale, questi soggetti riferiscono una riduzione dell’attrazione e della frequenza dell’attività sessuale con il proprio partner [20]. Questa riduzione non è dovuta a una mancanza di desiderio, quanto più a un suo dirigersi verso l’assunzione di comportamenti sessuali a rischio, utilizzati dall’individuo come modalità di coping disadattiva per mitigare le emozioni negative suscitate dall’insoddisfazione sessuale che nasce nella coppia.

Anche difficoltà finanziarie, occupazionali e coniugali sono spesso associate a un aumento degli impulsi sessuali [21]. Un’esposizione prolungata e precoce a contenuti di natura pornografica può essere concausa nel determinare l’ipersessualità [22]. Per alcuni individui, l’accesso a chat sessuali e siti pornografici può portare a schemi ripetitivi di comportamento sessuale che possono essere percepiti dal soggetto come difficili da controllare [22]. Fergusson e collaboratori hanno condotto uno studio longitudinale in Nuova Zelanda; la gravità dell’esposizione all’abuso sessuale infantile è risultata predittiva di una serie di esiti sessuali negativi, tra cui una diminuzione dell’età di inizio dell’attività sessuale, un aumento del numero di partner sessuali e gravidanze non pianificate [23]. Marshall e colleghi hanno esaminato la prevalenza del comportamento ipersessuale tra gli autori di reati sessuali incarcerati; circa il 44% degli autori di reati sessuali è risultato ipersessuale, mentre solo il 18% dei controlli socioeconomici della comunità soddisfaceva questo criterio [24]. L’ipersessualità è un fattore predittivo di recidiva negli autori di reati sessuali [25].

Aspetti biologici

Già a partire dalla metà degli anni Cinquanta alcuni ricercatori avevano segnalato la comparsa di cambiamenti significativi del comportamento sessuale in seguito a lesioni cerebrali. Infatti, in quegli anni si documentavano per la prima volta i primi casi di ipersessualità in seguito a deficit e/o a modificazioni anatomiche del cervello, e in particolar modo del lobo frontale [26]. Lesioni focali, così come anche condizioni di atrofia o, ancora, sindromi neurologiche quali la Sindrome di Kleine-Levin, una malattia a eziologia ancora non nota, o la sindrome di Klüver e Bucy, una condizione che compare dopo una lobectomia temporale o in seguito ad atrofia bilaterale dei lobi temporali, possono associarsi a ipersessualità [27, 28]. Tali evidenze suggeriscono che l’ipotalamo, l’amigdala e lo striato possono avere un ruolo nella patogenesi dell’ipersessualità. Più recentemente, alcune evidenze hanno dimostrato il ruolo dell’ossitocina nella genesi del comportamento ipersessuale. Per alcuni casi di ipersessualità sono stati identificati dei modelli di metilazione del genoma per due siti CpG collegati a MIR708 e MIR4456 [29].

Un’altra ipotesi che è stata testata nell’ambito delle implicazioni a livello ormonale è stata quella del possibile ruolo del testosterone. È noto che il testosterone ha un ruolo centrale nella regolazione non solo dei comportamenti sessuali, ma anche dei comportamenti umani in generale. Tuttavia, tale possibile implicazione eziologica è stata testata esclusivamente nel contesto forense [30]. Pertanto, c’è bisogno di altri studi che vadano a indagare sulla popolazione generale il legame tra androgeni e ipersessualità. Uno studio recente ha riscontrato alti livelli plasmatici dell’ormone luteinizzante (LH) in soggetti con ipersessualità. Purtroppo, tale studio non ha evidenziato una differenza significativa tra i soggetti ipersessuali e i controlli sani in termini di livelli di testosterone plasmatico, ormone follicolo-stimolante (FSH), prolattina (PRL) e della sex hormone binding globuline (SHBG) [31]. Il testosterone era significativamente correlato positivamente con SHBG e LH. Inoltre, gli autori non hanno trovato un’associazione tra la metilazione del DNA di ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e ipotalamo-Geni, accoppiati all’asse ipofisi-gonadi (HPG) e livelli plasmatici di testosterone o LH dopo molteplici correzioni dei test. Sulla base di questi dati, l’indagine neuroendocrina può suggerire un ruolo ormonale sia nel funzionamento che nella disregolazione.

Anche l’epilessia sembra avere un impatto sul comportamento sessuale. Eventi ictali, così come la lobectomia temporale, possono entrambi avere un ruolo nella genesi dell’ipersessualità [32]. Inoltre, anche il Morbo di Parkinson sembra essere un fattore scatenante l’ipersessualità. Nello specifico, è risaputo che il Parkinson aumenti il rischio di sintomi psichiatrici [33]. Nel caso specifico dell’ipersessualità, il nesso tra malattia e sintomo sessuale sembra invece da attribuire prevalentemente alla terapia farmacologica adottata dai pazienti affetti dal morbo. Il trattamento con gli agonisti della dopamina, infatti, può aumentare il discontrollo degli impulsi, inducendo nei pazienti il disturbo da alimentazione incontrollata, lo shopping compulsivo e l’ipersessualità[34]. Gli agonisti della dopamina sono inoltre utilizzati, anche se in misura inferiore, nei casi di prolattinoma, dove i pazienti mostrano, ancora una volta, il comportamento ipersessuale [35].

Conclusione

L’ipersessualità rappresenta, dunque, la punta di un iceberg che presenta molteplici fattori causali di matrice psicobiologica che poi determinano correlati e conseguenze sintomatologiche e sociali. Pertanto, la prospettiva psicopatologica attuale osserva il comportamento ipersessuale come il risultato di una sofferenza più profonda non immediatamente osservabile. Per tale ragione, la fase della valutazione e il processo diagnostico rappresentano il momento più importante della presa in carico della persona che soffre di compulsività sessuale.