Il controllo ipotalamico dell’apporto alimentare

Le strutture cerebrali coinvolte nell’eziopatogenesi dell’obesità ipotalamica (HO) sono raggruppate nell’ipotalamo ventromediale e, in particolare, rappresentate dal nucleo arcuato (ARC), sede di neuroni producenti neuropeptide Y e Agouti-related peptide (NPY/AgRP, peptidi ad azione oressizzante) e di neuroni positivi per pro-opiomelanocortina e cocaine-amphetamine regulated transcript (POMC/CART, ormoni anoressizzanti), e dal nucleo paraventricolare (PVN), con neuroni che espongono recettori 4 della melanocortina (MC4-R) da cui derivano le vie efferenti dirette alla periferia e ad altri centri cerebrali per la regolazione del metabolismo (Fig. 1).

Fig. 1
figure 1

Circuito leptina-melanocortina con pathway anoressigenico (neuroni POMC/CART) e pathway oressigenico (neuroni AgRP/NPY). BEE, barriera emato-encefalica

L’attivazione dei neuroni POMC/CART, susseguente allo stimolo di leptina e insulina, induce aumento dell’ormone melanocitostimolante-\(\alpha \) (\(\alpha \)-MSH), derivato dal clivaggio di POMC, a sua volta indotto dall’enzima pro-ormone convertasi 1 (PC1/3) codificato dal gene PCSK1. Il peptide \(\alpha \)-MSH, agendo da agonista di MC4-R, provoca la riduzione dell’introito di cibo e l’aumento della spesa energetica. Come contro-regolazione del sistema POMC/CART, i neuroni AgRP/NPY, influenzati da stimoli periferici come la ghrelina, favoriscono il pathway oressizzante.

Le proiezioni neuronali derivanti dal PVN e dall’ipotalamo laterale modulano molteplici aree ipotalamiche e corticali interagendo, inoltre, con l’area postrema, il nucleo del tratto solitario, aree del ponte e del bulbo encefalico attivate, a loro volta, da ormoni periferici in arrivo dal circolo periferico e dal nervo vago.

Eziopatogenesi

Le lesioni genetiche o acquisite dei nuclei PVN, ARC e dell’ipotalamo ventromediale (VMH) causano incremento ponderale associato a iperfagia, intesa come fame patologicamente incontrastabile [1]. Le basi neuroanatomiche e neuroendocrine dell’HO sono tuttora in corso di ulteriore studio e approfondimento ma è chiaro che si tratta di un fenomeno con meccanismi fisiopatologici eterogenei che variano da paziente a paziente in maniera dipendente dall’entità e dall’estensione del danno ipotalamico.

Si distinguono forme congenite di HO, con esordio infantile, e casi acquisiti a seguito di lesioni ipotalamiche potenzialmente intercorrenti in qualsiasi momento della vita.

Tra le forme congenite si riconoscono cause monogeniche e poligeniche.

Cause congenite monogeniche

Nei casi di obesità monogenica il quadro clinico si manifesta solitamente nei primi 5 anni di vita, dunque a rapida insorgenza, ed è caratterizzato da obesità severa (BMI ≥120% del 95° percentile o ≥35 kg/m2), associata spesso a iperfagia e, talvolta, a disordini endocrini (in particolare ipogonadismo, deficit di ormone della crescita, ipotiroidismo e insufficienza surrenalica). Sono spesso presenti alterazioni dello sviluppo neuronale con deficit intellettivo e disordini comportamentali [2, 3].

Tra queste forme vanno ricordate:

  • deficit di leptina: mutazione del gene OB. Trasmissione autosomica recessiva. I pazienti con mutazione omozigote presentano normale peso alla nascita ma fin dai primi mesi di vita si rilevano obesità e iperfagia. Spesso si associano alterazioni endocrine e disfunzioni immunitarie di vario grado con maggiore suscettibilità alle infezioni infantili. I portatori di questa mutazione rispondono efficacemente alla terapia sostitutiva con leptina umana ricombinante;

  • deficit del recettore della leptina: mutazione del gene LEPR. Trasmissione autosomica recessiva. Simile al deficit di leptina, si caratterizza da iperfagia e severa obesità a sviluppo precoce, nel 30% dei casi è presente ipogonadismo ipogonadotropo;

  • deficit di POMC: mutazione del gene POMC. Trasmissione autosomica recessiva. Il deficit di POMC anch’esso presenta obesità a precoce insorgenza associata a iperfagia e insufficienza surrenalica, ipoglicemie e frequentemente si rileva ipotiroidismo subclinico. Il deficit di \(\alpha \)-MSH si manifesta incostantemente anche con presenza di cute chiara e capelli rossi per ridotta pigmentazione cutanea e pilifera;

  • deficit di pro-ormone convertasi 1: mutazione del gene PC1/3 - PCSK1. Trasmissione autosomica recessiva. Obesità grave ad esordio precoce associata a iperfagia, ipocortisolismo centrale e malassorbimento da disfunzione trofica della mucosa del piccolo intestino. Altre caratteristiche di questi pazienti sono iperglicemia postprandiale e ipoglicemia reattiva, ipogonadismo ipogonadotropo, ipotiroidismo centrale e altri quadri clinici associati a difetti dell’ormonogenesi;

  • mutazione del recettore 4 della melanocortina: mutazione del gene MC4R. Trasmissione autosomica dominante. È la forma monogenica più comune: si stima che il 6% dei pazienti con obesità infantile e 1–2,5% dei pazienti con BMI >30 kg/m2 siano eterozigoti per le mutazioni di MC4R [4]. La forma mutata in omozigosi è caratterizzata da un’obesità grave a insorgenza più sfumata e tardiva rispetto alle forme descritte precedentemente, con associato aumento della massa magra, della densità minerale dell’osso e della crescita lineare della prima infanzia. L’iperfagia in questi casi può essere lieve e si manifesta dai primi anni di vita. È, inoltre, presente iperinsulinemia grave, mentre la funzione riproduttiva è solitamente conservata.

Ulteriori forme monogeniche di più recente scoperta e con caratteristiche similari sono quelle da mutazioni dei geni SH2B1 e SRC1 [5, 6].

Oltre ai quadri clinici derivati da mutazioni monogeniche del circuito leptina-melanocortina, sono emersi altri meccanismi importanti per l’eziopatogenesi dell’HO, quali l’inadeguato sviluppo ipotalamico, la carenza di plasticità neuronale e l’alterata funzione del ciglio primario [2].

  • Mutazioni di Brain-Derived Neurotrophic Factor (BDNF) e del suo recettore (TrkB): sono fattori coinvolti nella maturazione dell’ipotalamo e nella plasticità dei suoi neuroni, con un ruolo nello sviluppo cognitivo della memoria e del comportamento. Nei rari casi descritti con queste mutazioni si osservavano obesità fin dai primi anni di vita, iperfagia, iperattività, alterazioni cognitive e mnesiche.

  • Mutazione di single-minded 1 (SIM-1): trasmissione autosomica dominante. Gene che codifica un fattore di trascrizione coinvolto nel corretto sviluppo del VMH. Delezioni di questo gene sono state descritte in soggetti con obesità ad esordio precoce associate a iperfagia, ricerca impulsiva di cibo e caratteristiche simili a quelle riscontrabili nella sindrome di Prader-Willi come l’ipotonia neonatale, dismorfismi, ritardo di crescita e ipopituitarismo.

    Si stima che le forme monogeniche rappresentino il 5% circa delle obesità severe [2].

Cause congenite poligeniche o sindromiche

  • Sindrome di Prader-Willi (PWS): trasmissione sporadica legata a perdita di geni a imprinting paterno sul cromosoma 15, in particolare SNRPN. In questi casi, l’andamento del peso è bifasico, con iniziale anoressia e successivo aumento di peso associato a intensa iperfagia. Altri segni caratteristici sono ipotonia neonatale, ritardo di crescita da deficit di ormone somatotropo, bassa statura, alterazioni dello sviluppo mentale, ipogonadismo, alterazioni del ciclo sonno veglia, aumentati livelli di ghrelina e ridotti livelli di ossitocina, mani e piedi di piccole dimensioni e i dismorfismi caratteristici (micrognazia, strabismo, occhi a mandorla, clinodattilia) [79].

    È stato teorizzato che il comportamento alimentare osservato in questi pazienti possa essere dovuto al ridotto senso di sazietà piuttosto che all’aumentato senso di fame.

  • Sindrome di Bardet-Biedl: la malattia è geneticamente e fenotipicamente eterogenea, in quanto legata a mutazioni di una varietà di geni BBS. Trasmissione autosomica recessiva. Si associa a degenerazione retinica pigmentosa, polidattilia post-assiale, obesità, alterazioni strutturali e funzionali dei reni. Più raramente si osservano anosmia, ritardo mentale, fibrosi epatica, ipogonadismo maschile, criptorchidismo, anomalie del tratto urogenitale femminile, diabete mellito tipo 2, ipertensione, difetti cardiaci, malattia di Hirschsprung, situs inversus, predisposizione ai tumori. In questi casi l’obesità può essere lieve o più severa se associata a iperfagia, che insorge solitamente nel primo anno di vita. È una forma responsiva alla restrizione calorica e all’esercizio fisico [10].

  • Sindrome di Alström: mutazione di ALMS1. Trasmissione autosomica recessiva. I pazienti presentano degenerazione retinica con distrofia dei coni-bastoncelli, perdita neurosensoriale dell’udito, obesità ad esordio precoce, diabete mellito tipo 2. Meno frequentemente associata a cardiomiopatia dilatativa, ritardo puberale, insufficienza renale ed epatica progressive [11].

  • Sindrome di Smith-Magenis: delezione 17p11.2 con deficit di RAI1. Si riscontrano caratteristiche psico-fisiche distintive che includono obesità dall’infanzia, ritardo nello sviluppo, compromissione cognitiva e un tipico fenotipo comportamentale con disturbi del sonno, stereotipie, comportamenti disadattivi e autolesionismo [12].

    Altre sindromi più rare sono la sindrome di Cohen e la sindrome di Carpenter.

Cause acquisite

Esistono anche forme acquisite di HO, tra le quali si individuano patologie infettive e infiammatorie, traumi cranici, aneurismi cerebrali, farmaci psicoattivi (in particolare antipsicotici) ma, soprattutto, tumori intracranici soprasellari a contatto con la regione ipotalamica sui quali vengano effettuati radicali trattamenti chirurgici e radioterapici. In tale contesto ben noti sono i casi di HO conseguenti a interventi chirurgici di asportazione di craniofaringiomi o, seppure con minor frequenza, di adenomi ipofisari, gliomi, disgerminomi e meningiomi. La riduzione dei segnali leptinergici e melatoninergici può manifestarsi spesso, ma non costantemente, con l’insorgenza di iperfagia. Possono contribuire all’insorgenza di HO anche una netta riduzione della spesa energetica e alterazioni del ciclo sonno-veglia. In questi casi l’attività fisica è spesso ridotta, in parte a causa dell’obesità in sé, ma anche per la presenza di concomitanti deficit neurologici e visivi, di ridotto tono muscolare e di aumentata sonnolenza [13]. La spesa energetica a riposo proporzionalmente alla massa corporea è spesso diminuita in questi pazienti [13, 14]. Nello sviluppo dell’HO la riduzione della spesa energetica sembra avere un ruolo prevalente rispetto all’incremento dell’introito energetico: infatti, ci si trova frequentemente di fronte a bilanci energetici positivi e aumento di peso anche in corso di restrizione calorica controllata a causa del ridotto metabolismo basale derivato direttamente dall’ipofunzione ipotalamica o indirettamente dalla subottimale attività tiroidea [13]. Nei pazienti affetti da HO è stata postulata la presenza di una disfunzione autonomica legata al deficitario effetto della leptina sui nuclei ipotalamici mediali. Il ridotto tono simpatico dovuto ad alterazioni ipotalamiche si associa a ridotta lipolisi nel tessuto adiposo, ridotta attività fisica spontanea e aumentata sonnolenza mattutina. Il deficit di effetto leptinergico nei nuclei ipotalamici può anche tradursi in un’eccessiva reazione del nervo vago con aumentata secrezione insulinica da parte delle cellule \(\beta \) pancreatiche, con conseguente iperinsulinismo ed eccessivo intake energetico da parte degli adipociti [15].

Comparando le casistiche di giovani pazienti con lesioni ipotalamiche post-chirurgiche in confronto a individui sani di pari età, è stato osservato come i primi siano caratterizzati da aumentata incidenza di inappropriata tolleranza glucidica e sindrome metabolica [16], associate a una costante spesso severa insulino-resistenza e a ridotti decrementi di ghrelina e peptide YY (PYY) post-prandiali.

Si ritiene che nell’assunzione non controllata del cibo rivesta un ruolo importante anche il ridotto segnale prodotto dall’ossitocina, ormone con ruolo anoressizzante in grado di modificare la sensazione di palatabilità legata al cibo [7]: ciò ha ultimamente permesso di considerare l’ossitocina un potenziale target terapeutico per HO [17].

I deficit ormonali secondari a lesioni dei circuiti degli assi ipotalamo-ipofisari ben noti, e non materia di discussione in questo articolo, possono anch’essi concorrere alla genesi dell’HO.

Le forme acquisite possono potenzialmente manifestarsi in qualsiasi momento della vita, con maggiore incidenza in età pediatrica e adolescenziale.

Opzioni terapeutiche

La prevenzione precoce dell’obesità e la gestione dei fattori di rischio sono atteggiamenti essenziali per ridurre morbilità e mortalità globali in questi pazienti [16].

Attualmente gli approcci terapeutici per HO includono l’ottimizzazione del trattamento sostitutivo ipofisario, la restrizione calorica dei pasti, l’aumento della spesa energetica attraverso l’attività fisica, gli interventi comportamentali, la farmacoterapia e la chirurgia bariatrica. Benché i nuovi approcci terapeutici offrano prospettive promettenti, negli studi pubblicati finora né la chirurgia bariatrica né la terapia farmacologica in pazienti con HO con craniofaringioma hanno dimostrato la propria efficacia attraverso trial randomizzati [18, 19].

Nella maggior parte dei casi, gli interventi sugli stili di vita, comprendenti la restrizione calorica severa, hanno fornito risultati insoddisfacenti. Malgrado ciò, una dieta equilibrata andrebbe sempre fortemente incoraggiata. Andrebbero stimolati i pazienti e i familiari ad attuare variazioni dello stile di vita in cui l’obiettivo principale sia quello di mantenere il BMI stabile. Dovrebbe, quindi, essere incoraggiata l’attività fisica. È stato osservato come approcci sugli stili di vita intensivi, multidisciplinari e personalizzati possono avere un effetto più incisivo sulla limitazione dell’aumento di peso [20]. È fortemente raccomandabile effettuare una stretta supervisione comportamentale quando siano presenti iperfagia e ricerca di cibo smodata.

La farmacoterapia può essere utilizzata laddove le modifiche dello stile di vita non siano sufficienti.

In questi pazienti per decenni è stata preponderante l’applicazione di farmaci con azione sulle vie efferenti del sistema di regolazione del bilancio energetico [21].

Risultati limitati e poco bilanciati dai profili di rischio-beneficio sono stati collezionati negli anni con l’utilizzo di destroamfetamina (stimolatore centrale della secrezione di noradrenalina e dopamina con inibizione del reuptake della dopamina), sibutramina (inibitore dell’uptake di serotonina e noradrenalina), octreotide, beloranib (inibitore dell’aminopeptidasi), combinazioni di caffeina ed efedrina (con effetto simpatico-mimetico) o di diazossido e metformina.

Risultano invece caratterizzate da potenziale efficacia le seguenti molecole e classi di farmaci:

  • metreleptina: la leptina sostitutiva, con somministrazioni sottocutanee giornaliere, nei rari casi di deficit genetico di tale ormone ha dimostrato efficacia nel trattamento dell’obesità (riduzione del peso corporeo fino al 54%) con riduzione dell’introito calorico e incremento dell’insulino-sensibilità; tra gli altri benefici sono stati osservati anche il recupero dello sviluppo puberale e la risoluzione delle disfunzioni tiroidee e immunitarie. D’altra parte, tali effetti non sono apprezzabili nei tentativi di supplementazione di leptina in altre forme di HO genetiche o acquisite [22];

  • ossitocina: si pensa che la terapia sostitutiva con ossitocina possa avere un effetto benefico laddove i pathway anoressigenici siano deficitari a causa delle lesioni dei circuiti dell’ipotalamo anteriore [7, 17]. L’assunzione di ossitocina per via nasale ha già dimostrato un effetto sulla riduzione della fame [23]; in un case report è stato in particolare osservato un notevole controllo del peso e dell’iperfagia attraverso la somministrazione intranasale della combinazione ossitocina-naltrexone [24];

  • analoghi recettoriali del glucagon-like peptide 1 (GLP-1): sono farmaci ben noti con azione insulino-sensibilizzante che agiscono anche rallentando lo svuotamento gastrico e, ad alte dosi, inducendo un forte incremento del senso di sazietà. Dagli studi su exenatide e liraglutide a somministrazione sottocutanea giornaliera risulta che questa classe di molecole possa indurre una stabilità, talvolta una riduzione, del peso nel trattamento della HO post-chirurgica, benché modesta [25, 26]. Sono anche stati descritti casi di efficace trattamento dell’HO con liraglutide in pazienti con varianti patologiche di MC4-R, con miglioramento anche dei diversi parametri metabolici [27]. Recentemente è stato da noi pubblicato un case report di un paziente che aveva acquisito 69 kg di peso dopo 2 anni dall’intervento per la rimozione di un craniofaringioma a estensione ipotalamica. Il paziente è stato trattato off-label con semaglutide ottenendo una straordinaria riduzione di 31 kg (calo ponderale del 25% circa) [28]. Pertanto, questo caso sembra offrire una grande speranza all’impiego di nuovi GLP-1 agonisti più potenti di quelli precedenti nel trattamento delle obesità da craniofaringioma. I principali effetti collaterali di questa classe di farmaci sono disturbi gastrointestinali;

  • setmelanotide: è un potente agonista del MC4-R, in grado di interagire con tale recettore in modalità differenti rispetto ai precedenti MC4-R agonisti di cosiddetta prima generazione. Questi farmaci, infatti, furono rapidamente tolti dalle sperimentazioni in quanto inducevano aumento pressorio e tachicardia. L’impiego di Setmelanotide, MC4-R agonista di seconda generazione, non prevede l’attivazione della subunità G\(\alpha \)s come invece per i farmaci di prima generazione, bensì è stata dimostrata un’azione sulla G\(\alpha \)q, la cui attivazione sembra essere decisiva nella regolazione del comportamento alimentare. In ragione dello stimolo indotto da setmelanotide, il signaling G\(\alpha \)q risulta in grado di bloccare l’effetto antagonizzante (quindi oressizzante) di AgRP [29]. In Europa il farmaco è stato approvato per il trattamento delle forme di obesità indotte da deficit di POMC, PC1/3 e LEPR e nella sindrome di Bardet-Biedl grazie ai risultati ottenuti in due trial recentemente conclusi [30, 31]. Nello studio condotto in pazienti con obesità monogenica, l’80% dei partecipanti con mutazioni al gene POMC ha mostrato dopo un anno di terapia una riduzione di peso maggiore del 10% rispetto al peso inziale, mentre raggiungeva medesimo risultato il 45% di pazienti affetti da mutazione del gene codificante per il recettore della leptina [30]. Va sottolineato che in due pazienti con mutazioni di POMC il trattamento con setmelanotide si è rivelato in grado di mantenere stabile l’importante calo ponderale dopo ben 350 settimane di terapia continuativa dimostrando una stabilità temporale degli effetti del trattamento farmacologico sull’obesità mai evidenziata prima d’ora [32]. Setmelanotide è risultata efficace nella calo del 10% del peso corporeo iniziale dopo un anno di trattamento anche nel 32,3% dei pazienti affetti da sindrome di Bardet-Biedl, mentre effetti sul peso non significativi sono stati ottenuti nei soggetti affetti da sindrome di Alström [31]. È attualmente in studio per il trattamento di altre forme sindromiche e post-chirurgiche di HO. In tutti i pazienti in cui setmelanotide è stata testata, oltre all’effetto sulla perdita di peso viene riportata una drastica riduzione del senso di fame: è infatti utile notare che quando il farmaco viene temporaneamente sospeso si può incorrere in un significativo rialzo della sensazione di fame con tendenza all’iperfagia. Tra gli effetti collaterali, oltre alla nausea, talvolta il vomito e l’irritazione cutanea nella sede dell’iniezione, viene riportata iperpigmentazione della cute, legata all’attivazione del recettore 1 della melanocortina con susseguente rilascio di melanina. Recentemente setmelanotide è stata proposta in pazienti adolescenti e adulti anche nel trattamento di obesità ipotalamica sviluppata dopo danno cerebrale indotto da chirurgia o da radiazioni o da chemioterapia. Il trattamento farmacologico per 16 settimane ha prodotto una riduzione del 17,6% di BMI e dell’11,1% della circonferenza vita nella popolazione adolescente (13 soggetti), mentre nei 5 adulti testati ha indotto una riduzione del 6,2 e dell’8,1% nel BMI e nella circonferenza vita, rispettivamente [33];

  • chirurgia bariatrica: la chirurgia bariatrica è un’opzione finale per gli adulti con HO quando le modifiche dello stile di vita e la terapia farmacologica non hanno avuto successo nel controllo del peso. Prima di considerare l’intervento chirurgico, è essenziale una valutazione psicologica approfondita per identificare pazienti adatti ai programmi comportamentali postoperatori, specialmente nelle tecniche non reversibili ed estese. Il bendaggio gastrico è obsoleto negli adulti e poco efficace, ma può essere considerato negli adolescenti in qualità di tecnica reversibile [29]. Tuttavia, sia il bendaggio gastrico che la sleeve gastrectomy non andrebbero proposti ai pazienti con iperfagia prominente.

    L’integrità ipotalamica è fondamentale per ottenere un significativo effetto bariatrico sulla sazietà e sulla perdita di peso a lungo termine [34]. Tuttavia, la chirurgia bariatrica non migliora la ridotta spesa energetica e non può agire sull’aumentata sonnolenza diurna associate all’HO, il che può spiegare la significativa tendenza al recupero di peso nel postoperatorio in questi pazienti.

    Nei pazienti con obesità post-craniofaringioma, la sleeve gastrectomy, la diversione biliopancreatica e il bypass gastrico con ricostruzione Roux-en-Y hanno prodotto i migliori risultati in termini di riduzione del peso e gestione delle comorbilità [19]. In particolare, il bypass gastrico può portare a una riduzione della ricerca di cibo, a un calo ponderale significativo e a una gestione più efficace delle comorbilità obesità-correlate. Alcuni pazienti hanno anche mostrato correzione dell’iperinsulinemia, normalizzazione dell’insulino-sensibilità e regolarizzazione delle concentrazioni di leptina e ghrelina dopo la chirurgia bariatrica [35]. È stato inoltre evidenziato come i livelli di GLP-1 e PYY possano risultare marcatamente elevati dopo l’assunzione di cibo nei pazienti con HO trattati con chirurgia bariatrica [34], suggerendo un possibile ruolo di questi ormoni come target terapeutici.

    La vagotomia tronculare è stata proposta come un’altra opzione per limitare l’HO, ma i risultati a lungo termine sono ancora poco noti. L’effetto di tale intervento si esplicherebbe tramite la modulazione delle vie efferenti dei pathway della regolazione dell’introito energetico e in particolare nella riduzione dell’ipersecrezione insulinica [21].

    Per i pazienti con PWS, gli effetti a lungo termine dell’approccio bariatrico sono ancora poco studiati, ma è evidente la necessità di cautela e di approcci multidisciplinari per ridurre i rischi associati all’obesità e ai comportamenti incontrollabili [8].

Conclusioni

L’HO è una condizione a genesi complessa che riconosce molteplici cause, sia congenite che acquisite. Clinicamente si accompagna spesso a iperfagia, ridotto tono simpatico e insulino-resistenza, comportando aumentate morbilità e mortalità. L’approccio terapeutico multidisciplinare, con l’integrazione di provvedimenti dietologici-comportamentali unito a farmaci e, in casi selezionati, alla chirurgia bariatrica, costituisce al momento la miglior possibilità di trattamento di questi pazienti.

Con l’avvento di una nuova era farmacologica legata alla generazione di molecole che si stanno dimostrando molto efficaci nel contrastare l’obesità semplice, non si è lontani dall’immaginare l’applicazione di tali molecole anche nel trattamento di obesità legate a deficit genetici o, quando acquisite, dovute a esiti di rimozioni di masse in area ipotalamica. Pertanto, dobbiamo, da un lato, cominciare a infondere fiducia nei pazienti che si sono fino ad oggi trovati senza reali e sostanziali soluzioni ai problemi legati all’obesità ingravescente e all’iperfagia. Dall’altro, l’avvento di queste nuove soluzioni farmacologiche apre la strada a studi volti a individuare specifiche terapie per meglio fenotipizzare i pazienti nel vasto ed eterogeneo campo dell’obesità ipotalamica.