Introduzione

Il carcinoma della corticale del surrene (ACC) è una neoplasia rara, con un’incidenza di circa 0,7–2 casi per milione di persone all’anno. In seguito alla diagnosi di ACC, è importante indagare un’eventuale familiarità (presente fino al 5–10% dei casi). ACC può, infatti, presentarsi nel contesto di sindromi geneticamente determinate, come le sindromi di Li-Fraumeni, di Beckwith-Wiedemann, di Lynch, MEN1 o il complesso di Carney [1].

In circa il 60% dei casi, il tumore è secernente; tutti gli ormoni della corticale del surrene (aldosterone, ormoni sessuali e precursori, cortisolo e precursori) possono essere prodotti, da soli o in associazione, ma l’ipercortisolismo rappresenta l’alterazione endocrina ACC-correlata più frequente e caratterizzata da peggiore prognosi. Nella maggior parte dei casi, quindi, la neoplasia richiede al clinico di gestire contemporaneamente aspetti di natura oncologica (proliferazione, infiltrazione di organi contigui, metastasi a distanza) e di natura endocrinologica-internistica (iper-increzioni ormonali e loro conseguenze endocrino-metaboliche).

Circa il 40% dei pazienti con ACC alla diagnosi presenta una malattia in stadio limitato (ENSAT I-II) o localmente avanzato (ma non metastatica) (ENSAT III). Questi pazienti sono quindi potenzialmente curabili con una chirurgia radicale (Tabella 1). La grande maggioranza (70–80%) dei pazienti, anche se operati radicalmente, è destinata a recidivare nei successivi 5 anni dopo la chirurgia. Questa osservazione rappresenta la base razionale per la terapia adiuvante postoperatoria. La sopravvivenza a 5 anni dell’ACC è variabile a seconda dello stadio e dei fattori di rischio: dal 80% negli stadi I e II a <15% nello stadio IV [1]. Per le suddette ragioni, l’approccio diagnostico e terapeutico dovrebbe, idealmente, essere discusso all’interno di un team multidisciplinare che coinvolga chirurghi, radiologi, patologi, endocrinologi, radioterapisti oncologi e oncologi medici.

Tabella 1 Stadiazione dell’ACC secondo i criteri dello European Network for the Study of Adrenal Tumors (ENSAT) [2] e TNM e frequenza nei pazienti con ACC

Ruolo del mitotane nel trattamento di ACC

Il mitotane è il farmaco di riferimento nella terapia medica di ACC e viene utilizzato sia in setting adiuvante, nei pazienti che presentano alto rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico, sia in setting avanzato, in pazienti metastatici alla diagnosi o non candidabili all’intervento chirurgico oppure in quelli recidivati dopo chirurgia [2]. Il mitotane è un farmaco adrenolitico. Esplica un’azione citotossica con distruzione selettiva delle cellule della corticale del surrene e inibisce la steroidogenesi surrenalica attraverso l’inibizione dell’enzima sterol-O-acyl-transferasi (SOAT1). Mitotane induce accumulo lipidico mitocondriale e stress del reticolo endoplasmico, che determinano apoptosi cellulare [3, 4]. Queste caratteristiche farmacologiche lo rendono utile sia per il controllo della proliferazione neoplastica (effetto antitumorale), sia per il controllo delle sindromi da iper-increzione ormonale (effetto endocrinologico). Il mitotane è un farmaco relativamente poco maneggevole, con un pattern noto di tossicità endocrinologiche, neurologiche e gastrointestinali rilevanti che richiedono un monitoraggio ciclico per mantenere le concentrazioni plasmatiche del farmaco (mitotanemia) entro il range terapeutico di 14–20 mg/L [5].

Cosa fare a fallimento del mitotane nell’ACC?

Il “fallimento” del mitotane si può considerare quando si verificano le seguenti condizioni: 1) mitotane adiuvante: recidiva di malattia; 2) mitotane in malattia avanzata/metastatica: progressione di malattia; 3) mitotane in sindrome di Cushing secondaria a ACC: non controllo della sindrome. Quest’ultima condizione non si verifica in modo isolato ma è di norma associata alla recidiva/progressione di un ACC iperfunzionante.

La terapia dell’ACC recidivato/metastatico deve essere individualizzata sul singolo paziente. Nel caso di oligo-progressione (da 1 a 5 sedi isolate di recidiva con complessivo controllo sistemico di malattia), un trattamento locoregionale (chirurgia, radioterapia, termoablazione, trattamento con radiofrequenze, ecc.) deve essere tenuto in considerazione. Le linee guida dello European Network for the Study of Adrenal Tumour (ENSAT) del 2018 indicano alcuni punti fondamentali di intervento (Fig. 1) [2].

Fig. 1
figure 1

Trattamento dell’ACC avanzato secondo le Linee Guida ENSAT [1], considerando le indicazioni dei trial clinici (immagine ridisegnata e modificata).

Come si può osservare, il mitotane viene mantenuto sia nel caso del paziente naïve da terapia medica, sia nel caso di una recidiva in corso di mitotane. Il farmaco potrà, quindi, essere associato sia a terapie locali che alla chemioterapia sistemica di I linea.

La prima linea di chemioterapia standard per l’ACC è rappresentata dallo schema etoposide, doxorubicina, cisplatino (EDP), associato a mitotane (EDP-M). Lo schema prevede l’utilizzo dei tre farmaci più attivi nell’ACC per via endovenosa in 4 giorni ogni 28 giorni, per 6 cicli [6]. Si tratta di uno schema attivo soprattutto nelle forme tumorali a maggiore indice proliferativo e che permette di ottenere un controllo di malattia in circa il 58% dei pazienti con median PFS e OS rispettivamente di 5 e 14 mesi. Per la gestione della tossicità ematologica e non-ematologica associata alla chemioterapia, si suggerisce che i pazienti siano seguiti in ambiente oncologico.

I pazienti che non sono giudicati eleggibili a ricevere uno schema aggressivo come EDP per età, ridotto performance status o per le patologie concomitanti o la cui malattia si presenta con un basso carico metastatico o ipo-proliferante, potranno essere trattati con un solo chemioterapico (cisplatino) o con due chemioterapici (cisplatino ed etoposide).

A progressione dopo EDP, le opzioni di trattamento sistemico disponibili sono tre: la prima, rechallenge di chemioterapia con solo cisplatino, nel caso in cui sia trascorso almeno un anno e il paziente abbia risposto in modo ottimale senza significative tossicità; la seconda, chemioterapia con gemcitabina endovena e capecitabina per os [7]; la terza, chemioterapia con temozolomide per os [8]. Nella pratica clinica non esiste un criterio per stabilire la priorità delle suddette terapie né si conoscono fattori decisionali certi per una sequenza precisa.

Nelle linee di terapia successive alla prima, il ruolo terapeutico del mitotane si riduce progressivamente fino ad essere omesso completamente quando il bilancio benefici/tossicità diviene sfavorevole e quando gli aspetti di proliferazione metastatica predominano sulla componente endocrina.

Terapia a bersaglio molecolare

Il carcinoma corticosurrenalico è geneticamente complesso. Recenti studi di “multi-omica” hanno identificato 3 macro-livelli di alterazioni genetiche caratteristiche dell’ACC:

1. l’assetto cromosomico dell’ACC è instabile (aneuploidia), comprendendo corredi cromosomici sia ipodiploidi che iperdiploidi, e può arrivare alla duplicazione dell’intero genoma whole genome duplication (marcatore di progressione tumorale);

2. mutazioni del DNA somatico sono state identificate in almeno 10 geni driver. Complessivamente, le due vie molecolari più frequentemente alterate nell’ACC sono rappresentate dall’asse TP53 (44%) e dall’asse Wnt-beta-catenina (41%);

3. alterazioni epigenetiche (ipermetilazione delle regioni CpG [CIMP]) che identificano gruppi molecolari e prognostici differenti [9].

L’assenza di una singola alterazione molecolare driver e il pleiotropismo delle multiple alterazioni riconosciute, nonché il ruolo di molti geni coinvolti in processi fisiologici dell’organismo, hanno finora impedito di sviluppare terapie a bersaglio molecolare veramente efficaci nell’ACC [10].

Immunoterapia

Le attuali strategie di immunoterapia nei tumori solidi si basano sul blocco dei cosiddetti immune checkpoints, molecole di regolazione negativa della risposta immunitaria. Mediante il blocco selettivo dei principali elementi di questa interazione PD1/PD-L1 e CTLA-4/B7-1 e B7-2, si interrompe la trasmissione del segnale inibitorio nei linfociti effettori. Si tratta, quindi, di una forma di immunoterapia attiva, aspecifica. I requisiti essenziali per un’immunoterapia efficace con immune checkpoint inhibitors (ICI) non sono completamente noti; tuttavia, devono comprendere l’espressione delle suddette proteine regolatorie, la presenza di un infiltrato linfocitario (TILs) all’interno del tumore, un sistema integro di presentazione dell’antigene tumorale HLA-I-mediato e la presenza di un sistema funzionante di citochine regolatorie.

Queste premesse immunologiche sono, nella maggior parte dei casi, assenti o deficitarie nell’ACC. Il microambiente tumorale dell’ACC è considerato “immunoppressivo” sia per caratteristiche intrinseche (bassa espressione di HLA, ridotta funzione di presentazione antigenica, ridotto infiltrato linfocitario, ruolo linfocitotossico dei glucocorticoidi), sia per conseguenze terapeutiche (supplementazione steroidea cronica in corso di mitotane) [11].

Almeno quattro studi clinici hanno testato l’efficacia di diversi ICI come terapia di prima linea o successive nell’ACC avanzato. Nonostante il response rate (in termini di risposte complete + parziali) sia limitato (ORR 13%) e la PFS mediana sia inferiore a 3 mesi, esiste una piccola percentuale di pazienti con risposte durature [12]. Le attuali linee di ricerca sono quindi dirette all’identificazione di caratteristiche cliniche e molecolari predittive di risposta all’immunoterapia e, idealmente, a migliorare l’immunogenicità dell’ACC [12].

Conclusioni

Il “fallimento del mitotane” nel trattamento dell’ACC segna un momento importante nel management della malattia. Si passa dal trattamento di una malattia potenzialmente guaribile (setting adiuvante) e sensibile all’inibizione ormonale corticosurrenalica a una malattia oncologica avanzata, metastatica, in un setting palliativo. La perdita della prospettiva di guarigione, tipica di questo ambito, determina nuovi obiettivi terapeutici: il prolungamento della sopravvivenza e il miglioramento della qualità di vita. Le scelte terapeutiche successive al fallimento di mitotane dovranno, quindi, tenere in considerazione questi obiettivi.

In questa mini-review è stata posta attenzione a specificare cosa indicano le attuali linee-guida ENSAT e cosa è effettivamente utilizzabile oggi in Italia secondo le indicazioni di AIFA.

Almeno tre linee diverse di chemioterapia con o senza mitotane sono utilizzabili nell’ACC avanzato. Al contrario, ad oggi, in Italia nessuna terapia target e/o immunoterapia è prescrivibile e rimborsabile secondo AIFA, analogamente a quanto accade nel resto d’Europa (EMA) e negli USA (FDA). Entrambe queste terapie sono disponibili solo all’interno di studi clinici. L’uso del mitotane in corso sia di terapie a bersaglio molecolare che di immunoterapia è controindicato per le interferenze farmacologiche (citocromo CYP3A4) e per il peggioramento del microambiente immunosoppressivo.

In conclusione, il carcinoma corticosurrenalico avanzato rimane una malattia orfana in termini di alternative terapeutiche, per la quale sono necessari continui sforzi per identificare nuove terapie allo scopo di migliorare la sopravvivenza globale e la qualità di vita.