Introduzione

L’acromegalia è una malattia complessa e sistemica caratterizzata da una sintomatologia molto distintiva che include, in primis, modificazioni della facies e ingrandimento delle estremità acrali. Tutte le descrizioni del tipico paziente acromegalico comprendono molti segni e sintomi, più o meno specifici, ma, a differenza di quanto accade per altre patologie endocrine, non sono comunemente segnalate alterazioni neuropsicologiche. Tuttavia, nella pratica clinica è noto che nei pazienti acromegalici i sintomi psicologici siano spesso presenti e molto debilitanti. La malattia può causare cambiamenti nell’umore e nella personalità, compresi depressione, ansia, irritabilità. Inoltre, ad aggravare la situazione, anche le caratteristiche modifiche dell’aspetto fisico possono portare a problemi di autostima e depressione (Figg. 12).

Fig. 1
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Sintomi neuropsicologici in pazienti acromegalici

Fig. 2
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Fattori che influenzano la riduzione della qualità della vita in acromegalia

Negli ultimi anni, particolare attenzione è stata indirizzata anche alla sintomatologia di tipo psicologico e neurocognitivo del paziente acromegalico, grazie all’utilizzo routinario nella pratica clinica dei questionari per la valutazione della qualità della vita (QoL) [1].

La QoL è un parametro complesso sul quale impattano diversi fattori. Nel paziente acromegalico i fattori che possono andare a minarla sono, nell’ordine: i trattamenti (quali la necessità di una terapia medica cronica e/o di una terapia sostitutiva quotidiana, il deficit di GH se non trattato, ecc.); i sintomi fisici (dolori articolari, cefalea, ecc.) e, soprattutto, i sintomi psicologici (quali patologie dell’ambito psichico, alterazione dell’immagine corporea e disfunzioni cognitive) [2].

Tra questi fattori, un recente studio ha suggerito che la psicopatologia abbia un peso maggiore nel determinare la riduzione della QoL nei pazienti acromegalici, rispetto al controllo biochimico della malattia stessa, raccomandando per questo motivo uno screening sistematico per patologia psicologica e psichiatrica nei pazienti acromegalici [3].

Sulla base di queste osservazioni, anche le più recenti Consensus consigliano la valutazione annuale della QoL tramite questionari validati, come metro di misura dello stato di malattia, sottolineando quindi come un’alterazione della QoL possa essere considerata un segnale di attività di malattia [1].

Diversi studi hanno cercato negli ultimi anni di valutare la presenza di una compromissione globale del quadro neuropsicologico nei pazienti affetti da acromegalia e il suo impatto sulla condizione generale del paziente (Fig. 2).

La prima domanda a cui si è cercato di dare risposta è se effettivamente i pazienti affetti da acromegalia abbiano un’incidenza maggiore di patologia psichica rispetto ai non affetti. Un interessante studio non solo ha confrontato la presenza di sintomi psichici in un gruppo di pazienti acromegalici rispetto a soggetti sani, ma ha anche eseguito un confronto con pazienti affetti da altre patologie croniche non endocrine, in modo da escludere l’impatto di controlli, terapie croniche e medicalizzazione sullo stato psichico [4].

Tramite valutazioni con interviste eseguite da personale specializzato, sono stati valutati 81 pazienti acromegalici comparati con 430 soggetti sani e più di 3000 pazienti affetti da altre patologie croniche. Il risultato dello studio ha confermato l’ipotesi iniziale, identificando tassi di disturbi affettivi (depressione, ansia, disturbi somatici) in percentuali significativamente maggiori nel gruppo di pazienti acromegalici rispetto ai restanti due gruppi (35 \(vs\) 21 e 11%, rispettivamente).

Sulla base di queste valutazioni iniziali, molti studi si sono proposti di valutare la compromissione dell’ambito neuropsicologico nel paziente acromegalico. Scopo di questa rassegna è analizzare singolarmente i tre ambiti che possono influenzare la sintomatologia psicologica nei pazienti acromegalici, nello specifico: le patologie dell’ambito psichico, l’alterazione dell’immagine corporea e le disfunzioni cognitive.

Patologie dell’ambito psichico

Le patologie dell’ambito psichico, quali depressione, ansia e disturbi di somatizzazione, sono patologie frequenti, anche se sottodiagnosticate nella popolazione generale. Si stima che la depressione, in tutte le sue forme, nel nostro paese colpisca più di 3 milioni di persone. In Italia quindi, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la depressione ha una prevalenza del 5% e, in particolare, una fascia di popolazione altamente a rischio è quella degli anziani al di sopra dei 65 anni di età, anche per la possibile presenza di patologie croniche concomitanti. Risulta, infatti, significativo il confronto tra la prevalenza annuale del Disturbo Depressivo Maggiore in individui privi di comorbidità, pari al 3,2%, e quella in pazienti cronici dove la frequenza varia dal 9,3 al 23%. I dati più recenti indicano una prevalenza pari al 10–15% della popolazione durante la terza età, ma si tratta quasi sicuramente di numeri sottostimati [5, 6].

Patologie dell’ambito psichico: come vengono valutate

Le patologie dell’ambito psichico vengono spesso valutate tramite questionari validati che possono venire autosomministrati nella maggior parte dei casi.

In particolare, tra i test di utilizzo routinario segnaliamo:

– Beck Depression Inventory Test II (BDI), un questionario in 21 domande atto a valutare la presenza e la gravità di sintomi depressivi, analizzando i sintomi cognitivi, affettivi, somatici e vegetativi della depressione secondo le definizioni del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM IV). Il BDI test è stato validato anche in pazienti affetti da patologia oncologica, escludendo il possibile overlap tra la sintomatologia della patologia di base e la sintomatologia somatica della depressione [7];

– lo State-Trait Anxiety Inventory Form 1 e 2 (STAIT 1 e STAIT 2) si compone di 40 domande, atte a valutare la presenza di ansia di stato o di tratto ansioso. Nello specifico, l’ansia di stato si riferisce alla sensazione di paura, nervosismo e disagio indotta da diverse situazioni percepite come pericolose ed è, per definizione, una situazione temporanea. L’ansia di tratto invece, è definita come sentimenti di stress, preoccupazione, disagio che si provano quotidianamente al di fuori da situazioni specifiche [8];

– Somatoform Disorder Schedule (SDS) è un questionario con 50 domande suddivise in diversi ambiti (somatizzazione, ipocondria, nevrastenia) per la valutazione dei disturbi somatoformi secondo il DSM IV [9].

Patologie dell’ambito psichico nel paziente acromegalico

Un recentissimo studio multicentrico italiano ha contribuito in maniera decisiva nel fare chiarezza in merito alla valutazione neuropsicologica dei pazienti acromegalici [10].

In una coorte di più di 200 pazienti acromegalici, provenienti da 5 centri di riferimento italiani, tramite l’utilizzo dei diversi questionari autosomministrati precedentemente elencati è stata confermata, in maniera inequivocabile, la compromissione dell’ambito psichico nei pazienti affetti da acromegalia. La presenza di depressione al BDI II test è stata identificata in circa il 30% dei pazienti, mentre punteggi patologici nei test STAIT 1 e 2, relativi alla presenza di sintomatologia ansiosa, sono stati rilevati in più dell’80% dei pazienti.

In particolare, nei pazienti con diagnosi eseguita da meno di 2 anni, la presenza di sintomatologia depressiva è stata identificata nel 48% e con punteggi indicativi di sintomatologia depressiva severa nel 28% dei casi individuando, quindi, i pazienti con recente diagnosi come un sottogruppo di pazienti ad alto rischio di alterazioni del quadro psichico.

Inoltre, tra i fattori predittivi per un alto rischio di sviluppo di patologie psichiche, lo stesso studio ha individuato come nei pazienti più giovani, con età anagrafica inferiore a 45 anni, la sintomatologia depressiva sia risultata presente nel 43% dei casi e con punteggi indicativi di severità nel 24% con differenza significativa (\(p <0\text{,}005\)) rispetto agli altri gruppi di pazienti. Anche i sintomi ansiosi sono risultati presenti in questo gruppo di pazienti nell’82% dei casi e i disturbi somatoformi nel 38% dei pazienti, severi nel 21%, anche in tutti questi casi in maniera significativamente maggiore rispetto agli altri gruppi di pazienti (\(p <0\text{,}005\)). Un dato molto interessante rilevato dall’analisi dei dati di questo studio è che la compromissione del quadro psichico presente in questi pazienti è indipendente dallo stato di malattia al momento della valutazione, come a suggerire un impatto di GH e IGF1 sulla patogenesi delle alterazioni psichiche, che risulta solo parzialmente reversibile con il controllo di malattia.

In conclusione, rispetto alla popolazione generale questo tipo di disturbi colpisce in maniera nettamente maggiore i pazienti acromegalici e, dato interessante, in maniera più evidente una fascia di età particolare, i giovani <45 anni, non particolarmente a rischio nella popolazione generale.

Percezione corporea

Come facilmente prevedibile, i pazienti con acromegalia, a seguito delle caratteristiche modificazioni del quadro fisico, possono manifestare disagi in questo ambito. Il concetto di percezione corporea si riferisce a percezione e pensieri del singolo sul proprio aspetto e sullo stato funzionale del proprio corpo, si forma gradualmente nell’arco della vita dell’individuo ed è influenzata da auto-percezione, sentimenti, cultura, estetica, opinione pubblica ed esperienze personali.

Inizialmente studiata nel corollario dei disturbi alimentari e dell’anoressia nervosa, più recentemente la percezione corporea viene considerata un parametro importante in diverse patologie croniche. I pazienti con alterata percezione del proprio corpo possono presentare bassa autostima, abnegazione e riduzione della qualità della vita e avere, quindi, un importante fattore di rischio per sviluppo di ansia e depressione[11].

Purtroppo non sono presenti in letteratura dati epidemiologici attendibili rispetto al disturbo dell’immagine corporea.

Percezione corporea: come viene valutata

Anche la percezione corporea può essere valutata mediante test autosomministrati. Nella pratica clinica viene solitamente utilizzato:

– il Body Uneasiness Test A e B (BUT-A e B) con un questionario di 71 domande che si compone di due parti: BUT-A che misura la fobia del peso, le preoccupazioni sull’immagine corporea, l’evitamento, l’autocontrollo compulsivo, i sentimenti di distacco ed estraniamento verso il proprio corpo (depersonalizzazione); e BUT-B, che esamina preoccupazioni specifiche su particolari parti del corpo o funzioni [12];

– il test del disegno: un test utilizzato da diversi anni in ambito psichiatrico e neurologico, con intenti e richieste diverse; in questo caso viene richiesto al paziente di disegnare sé stesso [13].

Percezione corporea nel paziente acromegalico

Alcuni studi hanno confermato la presenza di un’alterata percezione corporea nell’acromegalia e, di conseguenza, un aumento di patologia psichica correlata.

Tiemensma e collaboratori hanno utilizzato in due diversi studi il test del disegno. In un primo studio, gli autori hanno analizzato i risultati di test del disegno unitamente ai test per la valutazione del profilo psicologico in un gruppo di circa 50 pazienti affetti da acromegalia, confrontati con 50 pazienti con tumore ipofisario non secernente. I risultati di questo studio hanno dimostrato una correlazione tra i cambiamenti fisici associati all’acromegalia, la dispercezione corporea e il peggioramento del quadro psichico [14].

In uno studio successivo degli stessi autori è stato inoltre valutato, sempre mediante il test del disegno, come, anche a distanza di tempo dalla diagnosi e indipendentemente dallo stato di malattia, la percezione del proprio corpo nei pazienti acromegalici rimanga alterata.

Disegnando il proprio corpo come lo ricordavano prima della malattia, in fase di malattia attiva e, infine, a malattia controllata o guarita, i pazienti hanno mostrato immagini non molto diverse. Anche solo visivamente, nelle immagini pubblicate, è intuitivo che i pazienti percepiscono un drastico cambiamento delle dimensioni del corpo durante lo stato attivo della malattia, senza ritornare alla condizione precedente anche a malattia controllata. Gli autori hanno oggettivato questa osservazione mediante il conteggio dei pixel dei diversi disegni eseguiti, confermando un aumento delle dimensioni totali dei corpi disegnati (per quanto riguarda altezza, dimensioni testa, dimensioni mani e piedi, dimensioni lingua), confermando come, indipendentemente dallo stato di malattia, la percezione patologica del proprio corpo non rientri nella norma. Inoltre, l’aumento delle dimensioni corporee nei disegni eseguiti dai pazienti oggettivate con aumento del numero dei pixel, sono risultate correlate a peggiori condizioni nei test psicologici e peggiori risultati ai test relativi alla QoL [15].

Il recente studio multicentrico di Pivonello e colleghi, già citato in precedenza, ha valutato anche questo aspetto, confermando come nei pazienti acromegalici sia presente un punteggio patologico sia al test BUT-A che BUT-B. Anche in questo studio è stato confermato come le alterazioni della percezione corporea, con la sintomatologia psichica ad esso associata, sia presente in ogni momento e non regredisca con il controllo di malattia. In particolare, nell’analisi di questa popolazione molto ampia è stato possibile identificare, anche in questo caso, l’età giovanile (<45 anni) come fattore di rischio più importante, con punteggi significativamente peggiori nei test rispetto a tutti gli altri gruppi di pazienti (\(p <0\text{,}0005\)) [10].

Disturbi neurocognitivi

Il DSM-5 definisce 5 domini chiave delle funzioni cognitive: funzione percettivo-motoria, linguaggio, funzione esecutiva, memoria e attenzione; ognuno di questi comprende degli specifici sottodomini.

La classificazione dei disturbi neurocognitivi è molto specifica e complessa, modificandosi in base alle fasce d’età e alle caratteristiche del paziente. Questi disturbi sono caratterizzati dal declino del funzionamento cognitivo in un paziente ma si presentano in moltissime patologie differenti, di cui le più famose, come il morbo di Alzheimer, rappresentano solo una piccola porzione del totale.

Questa grande varietà di condizioni patologiche, che differiscono tra loro per tipologia e intensità di declino cognitivo, hanno generato un’altrettanto ampia diversità di approcci e classificazioni, con conseguente difficoltà nella valutazione in ambito non strettamente specialistico.

In generale, i disturbi neurognitivi più frequenti sono quelli lievi, definiti come condizione clinica caratterizzata da una sfumata difficoltà in uno o più domini, oggettivata attraverso i test neuropsicologici, tale però da non compromettere le normali e quotidiane attività di una persona. La prevalenza del disturbo neurocognitivo minore varia dal 3 al 10% della popolazione generale; in Italia si riscontra nel 19% delle persone con età maggiore di 65 anni [16].

Disturbi neurocognitivi: come vengono valutati

Anche per quanto riguarda la valutazione dello stato cognitivo, nella pratica clinica esistono diverse metodiche di valutazione.

Vista la maggiore complessità dei disturbi della sfera neurocognitiva, i test necessitano della presenza di personale qualificato, sia per la loro somministrazione che lettura; in molti casi si tratta di test in cui anche l’operatore ha un ruolo attivo.

Esistono moltissimi test, alcuni dei quali più generici, atti a dare una definizione generica e globale dello stato cognitivo del paziente, altri invece più specifici che esplorano un singolo dominio o la combinazione di diversi domini (Tabella 1).

Tabella 1 Esempi di domini cognitivi, sottodomini e test utilizzati per la valutazione

In particolare, alcuni esempi dei test validati più utilizzati sono:

– il Digit Span, che valuta la memoria a breve tempo richiedendo al paziente la memorizzazione di una serie di numeri da ripetere;

– il Corsi test, che valuta la memoria visuo-spaziale tramite un test dinamico. Vengono utilizzati 9 cubetti numerati dal lato rivolto verso l’esaminatore, non da quello rivolto verso il soggetto. Il somministratore tocca i cubetti in una sequenza e chiede al soggetto di riprodurla toccando i cubetti nello stesso ordine;

– il Verbal Fluency Test, che valuta il linguaggio e le sue sottocategorie mediante la richiesta di elencare il maggior numero di parole che appartengono a una certa categoria (la medesima iniziale, con il medesimo significato, ecc.);

– il trail-making test A e B, che valuta l’attenzione visiva e il cambiamento di compito. Il test consiste nel collegare 25 target consecutivi. Nel test A i target sono numeri, mentre nel test B i target sono sia numeri che lettere e il soggetto deve alternarli in ordine crescente (1, A, 2, B, ecc.) [10, 17, 18].

Disfunzione cognitiva nel paziente acromegalico

In merito alla valutazione cognitiva, come è lecito aspettarsi dalle premesse già descritte sono stati eseguiti diversi studi, molto eterogenei per quanto riguarda le metodologie di valutazione della componente neuropsichiatrica.

Uno studio sicuramente importante, sia per le conclusioni che per la numerosità del campione analizzato (102 pazienti affetti da acromegalia), ha comparato pazienti naïve e pazienti con acromegalia curata da chirurgia con un gruppo di pazienti sani come controllo, per valutare se una possibile compromissione cognitiva possa essere considerata reversibile dopo cura. Sono stati valutati tramite una batteria di test l’attenzione, la memoria e il funzionamento esecutivo. Inoltre, è stata eseguita un’elettroencefalografia quantitativa con soluzione di tomografia elettromagnetica (LORETA) per ottenere informazioni sullo stato neurofisiologico dei pazienti, risultata alterata in entrambi i gruppi di soggetti acromegalici. Entrambi i gruppi di pazienti hanno ottenuto punteggi significativamente inferiori rispetto ai controlli sani nei test di memoria, mentre non risultano differenze significative tra i pazienti con malattia attiva e malattia curata.

Questo studio ha suggerito, inoltre, che una durata maggiore di malattia non controllata sia legata a complicanze neurocognitive più gravi, sottolineando come gli effetti di un’ipersecrezione di GH e IGF1 possano avere effetti negativi sul funzionamento cerebrale e sul conseguente decadimento delle performance cognitive, in maniera non reversibile [19].

Anche in questo ambito, lo studio multicentrico italiano già citato più volte ha ottenuto risultati interessanti. Nei 200 pazienti del campione analizzato è stata riscontrata una riduzione della performance cognitiva in tutti i domini analizzati, in percentuali variabili tra il 9 e il 13%, sempre superiori rispetto a quanto atteso nella popolazione generale, indicativi di un’importante compromissione generale del quadro globale della funzione cognitiva in tutti i pazienti con acromegalia. Inoltre, non sono state ritrovate differenze nel peggioramento del quadro cognitivo in base a età, sesso e allo stato di malattia. Unico dato degno di nota, riscontrato in questo studio, è come solo la presenza di apnee notturne (OSAS) sia un fattore di rischio per sviluppare un quadro patologico nel campo dell’attenzione [10].

Su questo argomento, anche un altro studio aveva suggerito che le alterazioni del sonno e la presenza di apnee notturne fossero correlate a una peggiore performance nei test cognitivi, con circa il 10% dei pazienti dimostranti una compromissione dei test cognitivi, e una peggiore QoL [20].

Conclusioni

L’acromegalia è una patologia cronica condizionante diversi segni e sintomi, con un impatto negativo sulla qualità della vita. Tra gli altri, anche i sintomi psicologici possono essere altrettanto debilitanti. La malattia può causare cambiamenti nell’umore e nella personalità, compresi depressione, ansia, irritabilità, stanchezza e difficoltà di concentrazione. Inoltre, l’aspetto fisico alterato può portare a problemi di autostima e depressione. Non da ultimo, l’acromegalia sembra avere effetti sul funzionamento cerebrale tali da portare ad alterazioni funzionali nell’ambito cognitivo e non reversibili con la cura o il controllo della malattia. Ulteriori studi più approfonditi sui meccanismi patogenetici e neurofisiologici saranno certamente necessari in futuro.

Nello specifico, i pazienti con diagnosi più recente, di età <45 anni, portatori di altre comorbidità come la presenza di OSAS, risultano più a rischio di compromissione neuropsicologica e meritevoli di valutazioni più approfondite in questo ambito.

È importante che le persone con acromegalia ricevano un supporto adeguato sia dal punto di vista fisico che psicologico. Un approccio multidisciplinare che coinvolga endocrinologi, neurologi, psichiatri e psicologi è necessario per gestire la malattia in modo olistico.