Introduzione

L’obesità è un problema sanitario in inarrestabile crescita nei Paesi occidentali. L’ultima indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2015) riporta che più del 50% della popolazione adulta è in sovrappeso. L’obesità aumenta il rischio di sviluppare numerose malattie croniche, tra cui patologie cardiovascolari, disturbi cognitivi e del sonno, ipovitaminosi D, diversi tipi di cancro, alterazioni endocrine e malattie infiammatorie della pelle.

Ad oggi, una delle principali sfide nel settore della nutrizione clinica nella gestione dell’obesità è rappresentata dal mantenimento del calo ponderale (CP) dopo il dimagrimento. Un mantenimento di successo del CP è definito come “un CP intenzionale di almeno il 10% del peso corporeo, mantenuto per almeno un anno” [1].

Negli ultimi anni è stata prestata grande attenzione ai meccanismi biologici alla base della fisiologia della ripresa del peso perso dopo il dimagrimento. L’asse intestino-cervello è tra principali fattori coinvolti nella gestione del peso [2]. Infatti, come conseguenza del CP, si verifica un aumento dei livelli sierici degli ormoni oressizzanti e una diminuzione degli ormoni anoressizzanti, favorendo la ripresa di peso perso [3]. Inoltre, il CP altera la risposta cerebrale agli stimoli alimentari per favorire la ripresa del peso, modulando le regioni frontali e le cortecce visive primarie e secondarie [3].

Ad oggi, il cambiamento dello stile di vita, in particolare abitudini alimentari e attività fisica, è stato considerato la strategia principale per promuovere il mantenimento del CP a lungo termine. Tuttavia, ci sono ancora questioni irrisolte riguardo al migliore approccio nutrizionale e all’attività fisica da seguire per raggiungere questo obiettivo.

La letteratura scientifica che esplora l’effetto della dieta si è concentrata principalmente sul confronto tra dieta a basso contenuto di grassi (low fat, LF) e dieta a basso contenuto di carboidrati (low carbohydrates, LC) come strategie di mantenimento del CP, riportando risultati contrastanti [4].

Per quanto riguarda l’effetto dell’attività fisica su mantenimento del CP, la maggior parte degli studi si è concentrata su programmi di allenamento di endurance (AE), che consistono in esercizi aerobici eseguiti per aumentare la resistenza e migliorare l’efficienza cardiovascolare [5], e su programmi di allenamento di resistenza (AR), che consistono in esercizi per aumentare la forza muscolare [6]. Una combinazione di entrambe le attività sembra la strategia più efficace per un mantenimento del CP di lunga durata.

Infine, va considerato che anche fattori cognitivi, come la soddisfazione per i risultati ottenuti e la fiducia nella propria capacità di perdere ulteriore peso senza l’aiuto di un professionista, potrebbero giocare un ruolo essenziale nel mantenimento del CP. D’altra parte, l’insoddisfazione per il peso raggiunto e la tendenza a valutare l’autostima in termini di peso e forma fisica sono fattori che potrebbero aumentare il rischio di riacquistare peso.

Questa rassegna si propone di fornire una panoramica dei meccanismi ormonali coinvolti nel recupero del peso perso nei soggetti con obesità e di rivedere le attuali evidenze sul migliore approccio allo stile di vita da adottare per mantenere il peso target raggiunto.

Meccanismi endocrini coinvolti nel recupero del peso dopo dimagrimento

Ormoni gastroenteropancreatici

I segnali ormonali periferici rilasciati dal tratto gastrointestinale (GI), dal pancreas e dal tessuto adiposo, integrati principalmente nell’ipotalamo, regolano l’assunzione di cibo, il dispendio energetico e, di conseguenza, il mantenimento del CP. La restrizione calorica innesca cambiamenti compensatori acuti, tra cui l’aumento dei livelli di grelina e la riduzione dei livelli di leptina e colecistochinina (CCK), che favoriscono il recupero del peso. Tuttavia, ci sono molte incertezze riguardo alle variazioni di questi ormoni nella fase di mantenimento del CP. Grelina, peptide YY (PYY), polipeptide inibitore gastrico (GIP), glucagon-like peptide 1 (GLP-1), CCK, polipeptide pancreatico (PP) e amilina sono coinvolti nella modulazione dell’appetito, dell’assunzione di cibo e del dispendio energetico. Tutti questi ormoni sono rilasciati dal tratto GI e dal pancreas in risposta all’assunzione di cibo, inibendola, ad eccezione della grelina, che stimola la fame, e del GIP, che promuove l’accumulo di energia. È stata riportata una diversa secrezione di questi ormoni durante il CP e nella fase successiva di mantenimento (Fig. 1).

Fig. 1
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Meccanismi ormonali coinvolti nella ripresa del peso dopo calo ponderale. La ripresa del peso dopo il calo ponderale sembra essere favorita da una serie di meccanismi: alterazioni degli ormoni gastroenteropancreatici che regolano il senso di fame con una diminuzione del glucagon-like peptide 1 (GLP-1), della colecistochina (CCK) e del peptide YY (PYY) e un aumento della grelina; una diminuzione della leptina che riflette l’entità dei depositi di grasso; uno squilibrio tra il dispendio energetico a riposo che si riduce rispetto all’aumento dell’apporto energetico causato da un maggiore senso di fame e desiderio di mangiare.

Interventi dietetici e ormoni gastroenteropancreatici

Tra gli ormoni enterici, il GLP-1 è un ormone intestinale postprandiale che stimola la secrezione di insulina, inibisce la secrezione pancreatica di glucagone, rallenta lo svuotamento gastrico, aumenta il senso di sazietà in risposta all’assunzione di cibo e riduce l’appetito, agendo direttamente sui centri di regolazione della fame nel sistema nervoso centrale [7]. Nonostante le sue azioni, pochi studi hanno mostrato cambiamenti nella sua concentrazione durante la fase di mantenimento dopo una dieta ipocalorica. Verdich e colleghi hanno misurato le concentrazioni plasmatiche di GLP-1 prima e ogni 30 minuti per 180 minuti dopo l’ingestione di un pasto in 12 maschi magri e 19 maschi non diabetici con obesità (questi ultimi esaminati dopo un CP medio di 18,8 kg) [8]. Gli autori hanno dimostrato che la risposta al GLP-1 era più bassa nei soggetti con obesità prima e dopo il CP rispetto ai soggetti magri, anche se il CP aveva migliorato la risposta dall’80 all’88% di quella dei soggetti magri; tuttavia, lo studio non forniva risultati relativi alla fase di mantenimento del CP [8].

Iepsen e collaboratori hanno condotto un interessante studio di intervento somministrando un agonista del recettore del GLP-1 (GLP-1RA) durante il mantenimento del CP [9]. Dopo un programma VLCD di 8 settimane che ha indotto un CP del 12%, gli autori hanno randomizzato 52 soggetti con obesità al trattamento con o senza somministrazione di GLP-1RA nella fase di mantenimento. Il CP è stato mantenuto con successo in entrambi i gruppi, ma il gruppo GLP-1RA ha avuto un’ulteriore perdita di peso durante il periodo di mantenimento. Inoltre, la diminuzione dell’indice di leptina libera è stata significativamente minore nel gruppo di trattamento rispetto a quello di controllo, suggerendo che questo meccanismo può spiegare in parte l’efficacia del GLP-1RA nel mantenimento del CP [9].

Chirurgia bariatrica e ormoni gastroenteropancreatici

Oltre ai programmi dietetici, la chirurgia bariatrica è una strategia terapeutica sempre più utilizzata, soprattutto nell’obesità grave o complicata. Le principali procedure di chirurgia bariatrica sono il bypass gastrico Roux-en-Y (Roux-en-Y Gastric Bypass, RYGB), la gastrectomia a manica verticale (Vertical Sleeve Gastrectomy, VSG) e il bendaggio gastrico regolabile laparoscopico (Laparoscopic Adjustable Gastric Banding, LAGB). Tutte queste procedure portano a un CP significativo, ma con un’efficacia a lungo termine diversa, probabilmente legata all’intervento restrittivo e/o malassorbitivo che induce un diverso profilo di ormoni entero-pancreatici.

Per comprendere i meccanismi ormonali che giustificherebbero questa differenza di efficacia a lungo termine, Korner e colleghi hanno condotto uno studio longitudinale su 15 pazienti con obesità sottoposti a LAGB e 28 a RYGB [10]. Alla 52a settimana si è registrato un CP maggiore nei pazienti RYGB rispetto a quelli LAGB (30 vs 15%). La risposta al PYY nei soggetti sottoposti a RYGB era maggiore rispetto a quelli sottoposti a LAGB. Al contrario, la risposta alla grelina è aumentata dopo la LAGB ma tendeva a diminuire dopo la RYGB e i livelli di GLP-1 a 30 minuti dal pasto erano tre volte superiori dopo la RYGB rispetto alla LAGB, suggerendo che le differenze nei livelli di ormoni intestinali possono svolgere un ruolo nel promuovere un maggiore CP dopo la RYGB rispetto alla LAGB [10].

Sebbene siano procedure anatomicamente diverse, la VSG e la RYGB hanno dimostrato di determinare un aumento del GLP-1 nel periodo postprandiale. Tuttavia, Yousseif e collaboratori hanno dimostrato che la RYGB ha indotto incrementi di GLP-1 maggiori e più duraturi rispetto alla VSG valutando 10 donne con obesità sottoposte a RYGB e 8 sottoposte a VSG [11].

Nella RYGB, l’aumento del GLP-1 potrebbe essere spiegato dall’ipotesi dell’intestino posteriore, in cui la stimolazione dell’intestino distale causata dal bypass porta a un aumento amplificato del GLP-1; mentre, dopo la VSG, potrebbe essere dovuto al miglior transito derivante dalla procedura che produce anche una stimolazione dell’intestino distale [12]. In particolare, Le Roux e colleghi hanno osservato un aumento dei livelli plasmatici postprandiali sia di PYY che di GLP-1 nei pazienti sottoposti a RYGB, dopo circa un anno dalla procedura chirurgica, rispetto ai magri e ai controlli con obesità [13]. Inoltre, è stato valutato il RYGB rispetto a una dieta ipocalorica; 9 donne con obesità e diabete sono state studiate prima e un mese dopo la RYGB, e 10 dopo un CP equivalente indotto dalla dieta. I livelli totali di GLP-1 dopo glucosio orale sono aumentati di 6 volte e l’effetto incretinico è aumentato di 5 volte dopo la RYGB, ma non dopo la dieta, suggerendo che dopo la RYGB, il maggior rilascio di GLP-1 e il miglioramento dell’effetto incretinico non sono correlati al CP, ma piuttosto alla procedura chirurgica [14].

Considerando che i cambiamenti nell’anatomia del tratto GI dopo la RYGB sono accompagnati da cambiamenti nella secrezione ormonale, che influenzano il controllo del peso e l’omeostasi del glucosio, il recupero del peso potrebbe essere evitato se questi aggiustamenti ormonali persistessero. In particolare, Santos e colleghi hanno misurato i livelli sierici di grelina, GIP e GLP-1 in condizioni di digiuno e 30, 60, 90 e 120 minuti dopo un pasto standard in 24 pazienti sottoposti a RYGB, che avevano ottenuto un CP con successo, suddividendoli in due gruppi: uno che aveva recuperato meno del 50% e un altro che aveva recuperato più del 50% della perdita di peso [15]. Non è stata osservata alcuna differenza nella secrezione di grelina, mentre è stata riscontrata una differenza nella secrezione di GIP e GLP-1, con un aumento percentuale maggiore nel gruppo con CP rispetto al gruppo che aveva recuperato più del 50% del peso perso. Pertanto, dopo la stimolazione del pasto, i livelli ridotti di GIP e GLP-1 possono predire la ripresa del peso [15].

Leptina

Il cambiamento della secrezione di leptina è considerato uno dei principali meccanismi coinvolti nella ripresa del peso. La leptina è un ormone prodotto dagli adipociti e i cui livelli periferici sono legati alla massa grassa, segnalando l’accumulo di energia a lungo termine e riducendosi bruscamente in caso di diminuzione dell’apporto calorico; regola inoltre l’omeostasi energetica, limitando l’assunzione di energia e aumentando il dispendio energetico.

Per quanto riguarda il ruolo di questo ormone nella fase di mantenimento, Geldstus e collaboratori hanno condotto uno studio su 53 donne con obesità, seguendo una dieta ipocalorica per 12 settimane, misurando i livelli sierici di leptina in modo longitudinale e confrontandoli con controlli non a dieta [16]. Il CP ha indotto una rapida diminuzione dei livelli di leptina sierica entro le prime 3 settimane, fino a livelli significativamente inferiori rispetto ai controlli, risultato confermato anche dopo 6 e 12 settimane. I livelli di leptina sierica sono aumentati di nuovo dopo la fine della dieta, ma sono rimasti significativamente più bassi rispetto ai controlli nonostante l’apporto calorico illimitato [16].

Poiché la leptina ha effetti anoressizzanti, la sua riduzione potrebbe contribuire al fallimento del mantenimento del CP. A questo proposito, Soni e colleghi hanno cercato di indagare se i livelli di leptina prima o durante il CP potessero essere un fattore predittivo di mantenimento dello stesso dopo la dieta [17]. Hanno studiato 200 donne in sovrappeso sottoposte a un programma di intervento sullo stile di vita (attività fisica moderata più dieta a basso contenuto di grassi totali e saturi) per ottenere un CP del 10%. La diminuzione della leptina era significativamente correlata a un maggiore CP da 0 a 18 mesi. Tuttavia, le donne che hanno perso peso tra i 18 e i 30 mesi hanno avuto la diminuzione minore dei livelli di leptina da 0 a 18 mesi, il che suggerisce che il mantenimento di livelli più elevati del peptide anoressizzante è associato a un CP prolungato, poiché una diminuzione della leptina può favorire la ripresa del peso [17].

La leptina svolge anche un ruolo di regolazione dell’attività neurale di alcune aree responsabili delle risposte emotive e sensoriali al cibo. La percezione della fame, il controllo degli impulsi e qualsiasi risposta emotiva al cibo svolgono un ruolo importante nel complesso circuito di adattamento compensatorio al CP, integrando aree cerebrali specifiche. Alcune evidenze suggeriscono che, dopo il CP, si verifica un aumento dell’attività neurale di alcune aree responsabili delle risposte emotive e sensoriali al cibo e una riduzione dell’attività di altre aree responsabili del controllo dell’assunzione di cibo. Hinkle e colleghi hanno condotto uno studio crossover su 10 soggetti con obesità (CP 10% del peso corporeo) durante la fase di mantenimento [18]. I soggetti hanno ricevuto per 5 settimane iniezioni sottocutanee di leptina ed è stata valutata l’attività neurale specifica della regione cerebrale suscitata da stimoli visivi di cibo. La somministrazione di leptina nella fase di mantenimento è stata associata a un aumento della connettività funzionale dell’ipotalamo destro con l’insula media e l’opercolo centrale e parietale e a una diminuzione di quella con la corteccia frontale orbitale, il polo frontale e il cingolo anteriore dorsale [18]. Considerando l’importanza dell’attivazione di queste aree in risposta agli stimoli alimentari, ciò potrebbe supportare l’importanza di adeguati livelli di leptina nel mantenimento del CP e l’utilità della sua integrazione per migliorare gli squilibri emotivo-comportamentali tipicamente responsabili della ripresa del peso.

L’ipotesi che l’ipoleptinemia sia un fattore cruciale nella ripresa del peso è affascinante; tuttavia, in letteratura esistono ancora dati contrastanti. Wing e collaboratori hanno studiato 52 donne con sovrappeso prima e dopo un programma di CP di 4 mesi e al follow-up di 6 mesi, dimostrando un CP medio di 8,1 kg e una significativa diminuzione dei livelli di leptina durante il programma [19]. In particolare, i soggetti che hanno mantenuto il CP nel corso del follow-up hanno anche mantenuto la riduzione dei livelli di leptina [19]. Uno studio condotto su 103 soggetti con obesità, dopo 6 settimane di VLCD e follow-up a 2 anni, non ha mostrato differenze sostanziali tra chi manteneva il CP e chi non, in termini di valori basali di leptina [20]. Dopo 2 anni, solo il gruppo che aveva mantenuto il CP manteneva i livelli ridotti di leptina [20]. Sumithran e colleghi hanno arruolato 50 pazienti con obesità sottoposti a VLCD per 10 settimane e hanno esaminato i livelli di leptina circolante al basale, alla fine dell’intervento e a 62 settimane [3]. Gli autori dimostravano che il CP portava a riduzioni significative dei livelli di leptina e che, nonostante l’aumento dopo il periodo di VLCD, un anno dopo la perdita di peso iniziale rimanevano più bassi rispetto al basale. Per questo motivo, non è ancora chiaro se l’effetto esercitato dai livelli circolanti di leptina sui meccanismi di recupero del peso sia legato più alla sua concentrazione basale, alla sua riduzione durante il CP o alla sua concentrazione nella fase di mantenimento.

Mantenimento della perdita di peso a lungo termine: ruolo dell’attività fisica

L’attività fisica rappresenta una parte importante del cambiamento dello stile di vita, di fondamentale importanza sia per il CP sia per la fase di mantenimento. Infatti, è considerata un predittore di quest’ultima. In uno studio che ha coinvolto 536 soggetti con sovrappeso/obesità e che hanno perso più del 5% del peso corporeo, coloro che hanno svolto attività fisica nei 5 anni successivi al CP hanno sperimentato un migliore mantenimento dello stesso [21]. La perdita di massa muscolare dopo CP è associata alla ripresa del peso e il suo ripristino è fondamentale per il mantenimento. Il muscolo scheletrico è la componente principale della massa magra e contribuisce fortemente al tasso metabolico a riposo. Inoltre, l’interleuchina-6, pro-infiammatoria secreta dal muscolo scheletrico, aumenta la secrezione di GLP-1, sopprimendo l’appetito. Pertanto, l’attività fisica può ripristinare la massa muscolare scheletrica, migliorando il tasso metabolico a riposo [21].

L’ultima indagine dell’American College of Sports Medicine ha riportato che 250–300 minuti/settimana di attività fisica di intensità moderata sono raccomandati per il mantenimento del CP. L’AE è il tipo di attività fisica più consigliato. Questo allenamento consiste in un esercizio aerobico finalizzato ad aumentare la resistenza e a migliorare la performance cardiovascolare. Un RCT su 201 donne con sovrappeso/obesità, sottoposte a una dieta ipocalorica e all’AE, ha dimostrato che un dispendio calorico di 1500 kcal a settimana, attraverso l’AE, era necessario per mantenere un CP del 10% per 12 mesi [22]. Inoltre, in uno studio condotto su 15 maschi affetti da obesità, randomizzati in 2 gruppi (AE e gruppo di controllo), si verificava una significativa riduzione del recupero del peso (in particolare della massa grassa), dopo 12 mesi di allenamento rispetto al gruppo di controllo [5]. Uno studio condotto su 123 soggetti con obesità coinvolti in diversi programmi di mantenimento del CP a lungo termine non ha riscontrato differenze in termini di riacquisto di peso tra i pazienti arruolati nel gruppo di AE (programma di camminata e ciclismo da 20 minuti al giorno, 4 giorni alla settimana, a 30 minuti al giorno, 6 giorni alla settimana) e nel programma di mantenimento del peso (motivazione, programmi di terapia comportamentale e monetaria) per 18 mesi [23]. Il gruppo di AE ha svolto circa 180 minuti di attività fisica alla settimana, 30 minuti al giorno, 6 giorni alla settimana, che era l’obiettivo più ambizioso di esercizio da raggiungere nello studio; tuttavia, ciò ha comportato una bassa compliance, poiché circa il 20% dei soggetti ha abbandonato lo studio dopo il 6° mese [23].

L’AR consiste in esercizi eseguiti per aumentare la forza muscolare basati sulla resistenza esterna per indurre la contrazione muscolare. L’AR non è considerato valido per il CP e suo mantenimento; l’effetto principale dell’AR è l’aumento della massa muscolare, che incrementa il dispendio energetico nelle 24 ore. Negli ultimi anni, due RCT hanno esaminato l’impatto dell’AR sul mantenimento del CP a lungo termine [6, 24]. Lo studio di Kukkonen-Harjula e collaboratori ha arruolato 90 uomini affetti da obesità, suddivisi in 3 gruppi (AR, allenamento alla camminata e gruppo di controllo) dopo 2 mesi di dieta ipocalorica e 6 mesi di allenamento o controllo (tutti i gruppi seguivano un protocollo dietetico simile) [24]. Dopo questo periodo, è stato effettuato un follow-up di 23 mesi. Gli autori non hanno riscontrato differenze tra i gruppi per quanto riguarda il mantenimento del CP a lungo termine dopo i 6 e i 23 mesi di follow-up; ciò è probabilmente dovuto alla bassa intensità e frequenza dell’esercizio [24].

Lo studio di Schmitz e colleghi ha arruolato 164 donne in premenopausa con sovrappeso/obesità, randomizzate nei seguenti gruppi: gruppo AR 2 volte alla settimana e gruppo di controllo, per 2 anni [6]. Ai soggetti è stato chiesto di non seguire alcun protocollo dietetico, ma di mantenere le loro abituali abitudini alimentari. Al termine dello studio, gli autori non hanno evidenziato una differenza nel CP tra i due gruppi. Tuttavia, il gruppo di trattamento ha evidenziato una riduzione significativa della massa grassa e un aumento della massa magra rispetto al gruppo di controllo [6]. Inoltre, è stato dimostrato che l’AR ha un impatto positivo sull’autopercezione fisica e può motivare i pazienti al CP e a mantenerlo. Per valutare l’efficacia nel mantenimento del CP dell’AR, un RCT ha arruolato 90 uomini con obesità in 3 gruppi (controllo, camminata, AR) per 6 mesi seguiti da 23 mesi di follow-up [25]. Il CP valutato era quello ottenuto dopo 2 mesi o con una dieta ipocalorica o una VLCD. Questo studio non ha evidenziato differenze tra i gruppi. Tuttavia, il gruppo che praticava l’AR aveva una minore ripresa della massa grassa rispetto agli altri due gruppi. Gli autori hanno sottolineato che l’incapacità di ridurre il recupero di peso a lungo termine nei gruppi di attività fisica era dovuta alla scarsa aderenza dei soggetti all’esercizio fisico prescritto [25].

Un recente RCT ha valutato un protocollo di allenamento che prevedeva sia l’AR che quello di forza [26]. Ventiquattro pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica sono stati randomizzati, dopo l’intervento, a un gruppo di attività fisica (tre sessioni settimanali di 60 minuti di allenamento aerobico e di resistenza a intensità moderata per 12 settimane) o a un gruppo di controllo. Dopo 12 settimane, gli autori hanno osservato che il gruppo di attività fisica ha registrato un aumento significativo della massa magra, una diminuzione della massa grassa e un minor recupero di peso rispetto al gruppo di controllo. Questi risultati sono stati confermati a 6 mesi di follow-up (5,6 kg di differenza per la massa magra e 4,0 kg di differenza per la massa grassa) [26]. Alla luce di ciò, sia l’AR che l’AE dovrebbero essere presi in considerazione per il mantenimento del CP. L’AE dovrebbe essere suggerito come attività fisica per il mantenimento del CP, mentre l’AR dovrebbe essere preso in considerazione per la sua influenza psicologica positiva sui pazienti, grazie al suo effetto benefico composizione corporea. Tuttavia, l’aderenza duratura a un programma di allenamento rimane una grande sfida per i medici.

Mantenimento del peso a lungo termine: ruolo della dieta

Si ritiene che la dieta, da sola o in combinazione con l’attività fisica, svolga un ruolo critico sia nello sviluppo dell’obesità sia nel CP. La sfida principale è scongiurare il recupero del peso negli anni successivi. Per classificare le diete in base alla restrizione calorica e al tasso di CP, queste vengono suddivise in diete a rapida o lenta perdita di peso. È opinione diffusa che un CP rapido sia associato a risultati a lungo termine peggiori rispetto a un CP graduale. Tuttavia, alcune evidenze scientifiche non supportano la superiorità di un approccio graduale nel raggiungimento o nel mantenimento del CP. In particolare, Purcell e collaboratori hanno arruolato 204 soggetti con obesità [27]. Lo studio consisteva in 2 fasi: nella prima i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a una dieta per il CP rapido o a una per un CP graduale al fine di ottenere un CP di circa il 15%. Nel programma di CP rapido i partecipanti hanno consumato un preparato dietetico ipocalorico per 12 settimane (dieta giornaliera tra 450–800 kcal/giorno). Nel programma di CP graduale, i partecipanti hanno consumato una dieta ipocalorica per 36 settimane (deficit di 400–500 kcal al giorno). I partecipanti che hanno raggiunto un CP ≥12,5% nel periodo di tempo assegnato sono stati ammessi alla fase 2, dove i partecipanti sono stati istruiti a seguire per 144 settimane una dieta personalizzata per il mantenimento del CP. I risultati di questo studio hanno mostrato che sia i partecipanti con CP graduale che quelli con CP rapido che hanno completato lo studio hanno recuperato la maggior parte del peso perso. Ciò evidenzia che il recupero del peso è simile dopo un CP graduale o rapido [27].

Un altro RCT in due fasi è stato condotto su 298 donne con obesità [28]. La fase 1 prevedeva sessioni di trattamento comportamentale di gruppo per 24 settimane con l’obiettivo di diminuire l’apporto calorico e aumentare l’attività fisica a intensità moderata. Dopo questa fase, le donne hanno iniziato un programma di follow-up che prevedeva contatti 2 volte al mese per 12 mesi con cui erano esortate a continuare con la dieta e l’attività fisica svolte nella fase 1. In base al CP nel primo mese di trattamento, 69 donne sono state classificate come appartenenti al gruppo veloce (0,68 kg/settimana), 104 a quello moderato (0,23–0,68 kg/settimana) e 89 a quello lento (<0,23 kg/settimana). Nonostante il significativo CP registrato nel gruppo CP veloce dal basale a 6 mesi, le donne appartenenti a questo gruppo non hanno ripreso più peso rispetto agli altri gruppi da 6 a 18 mesi [28]. Un significativo CP iniziale e i relativi cambiamenti positivi nella qualità della vita possono rafforzare i comportamenti sani e l’apprendimento di abitudini salutari. Probabilmente, quando lo sviluppo di un comportamento salutare avviene molto lentamente, le piccole variazioni di peso successive potrebbero non fornire un rinforzo sufficiente a promuovere l’apprendimento e il cambiamento delle abitudini a lungo termine. Inoltre, sono fortemente necessari approfondimenti sull’eziologia della ripresa del peso e sulla gestione del peso a lungo termine.

Anche la composizione della dieta può avere un ruolo nella gestione del peso a lungo termine. Questo effetto è dovuto al fatto che il contenuto di macronutrienti può influenzare la spesa energetica e l’aderenza alla dieta. Infatti, in uno studio crossover, gli autori hanno esaminato gli effetti di 3 approcci nutrizionali che differivano ampiamente nella composizione dei macronutrienti e nel carico glicemico sul dispendio energetico dopo il CP [29]. I partecipanti hanno consumato una dieta di rodaggio coerente con l’intervallo di distribuzione accettabile dei macronutrienti specificato dall’Institute of Medicine ottenendo un CP compreso tra il 10 e il 15%. I soggetti sono stati randomizzati in dieta isocalorica LF (60% carboidrati, 20% grassi, 20% proteine; alto carico glicemico), dieta a basso indice glicemico (40% carboidrati, 40% grassi e 20% proteine; carico glicemico moderato) e in una dieta fortemente LC (10% carboidrati, 60% grassi e 30% proteine; basso carico glicemico) per 4 settimane. Questo studio ha dimostrato che la diminuzione del dispendio energetico e del dispendio energetico totale a riposo era maggiore nel gruppo a dieta LF rispetto agli altri due gruppi [29].

In un RCT, gli autori hanno studiato l’efficacia di una dieta iperproteica (e basso contenuto di grassi saturi; 34% proteine, 20% grassi e 46% carboidrati) o di una dieta iperglucidica (e basso contenuto di grassi saturi, 17% proteine, 20% grassi e 64% carboidrati) sul mantenimento del CP [30]. Il CP nei due gruppi non era significativamente diverso dopo le prime 12 settimane ma la ripresa di peso è stata maggiore nel gruppo iperglucidica rispetto al gruppo iperproteica dopo 64 settimane [30]. Più recentemente, Aller e collaboratori hanno analizzato l’effetto delle diete ipo- o iperproteiche sul mantenimento del CP in adulti con sovrappeso/obesità [31]. I soggetti sottoposti a dieta iperproteica (23–28% proteine) hanno riacquistato meno peso dopo 12 mesi dalla fine della dieta rispetto ai soggetti sottoposti a diete ipoproteica (10–15% proteine) [31]. Inoltre, Sacks e colleghi hanno valutato il possibile vantaggio per il CP confrontando diete con diverse composizioni di grassi, proteine e carboidrati in 811 soggetti con sovrappeso/obesità [32]. I soggetti sono stati assegnati in modo casuale a una delle quattro diete: LF mediamente proteica (20% grassi, 15% proteine e 65% carboidrati), LF iperproteica (20% grassi, 25% proteine e 55% carboidrati), high fat (HF) mediamente proteica (40% grassi, 15% proteine e 45% carboidrati) e HF iperproteica (40% grassi, 25% proteine e 35% carboidrati). Il risultato principale è che le diete hanno avuto lo stesso successo nel promuovere un CP clinicamente significativo e il mantenimento dello stesso per 2 anni [32]. Inoltre, in un altro RCT, gli autori hanno esaminato gli effetti della dieta LC o LF in 307 soggetti con obesità non rilevando differenze nel recupero del peso a 2 anni [4]. In un altro studio della durata di 2 anni, gli autori hanno confrontato l’effetto di 3 diete: LF, Dieta Mediterranea (DM) e LC [33]. Tutti i gruppi hanno perso peso, ma il CP è stato più significativo nei gruppi LC e DM rispetto al gruppo LF. Per quanto riguarda il mantenimento del CP, le perdite medie di peso a 24 mesi erano maggiori per DM e LC [33].

I risultati sul mantenimento del CP a lungo termine, ad oggi, sono contrastanti, anche se la dieta iperproteica e la LC sembrano avere un leggero vantaggio rispetto alle altre (Tabella 1). Inoltre, la ripresa del peso non sembra essere influenzata da un programma di dimagrimento rapido. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere l’eziologia della ripresa del peso e del mantenimento del CP a lungo termine.

Tabella 1 Interventi dietetici per il CP e il suo mantenimento. RCT, randomised control trial; IMC, indice di massa corporea; CP, calo ponderale; MCP, mantenimento del CP; IC, intervallo di confidenza

Conclusioni

Il CP può essere ottenuto con vari approcci, ma il suo mantenimento a lungo termine è ancora impegnativo, dati i diversi meccanismi ormonali di compensazione che favoriscono la ripresa del peso. L’AE è stato indicato come il tipo di attività fisica più efficace per perdere e mantenere il peso. Tuttavia, potrebbe essere utile associare l’AE con l’AR, perché quest’ultimo è più efficace nel rimodellare la composizione corporea, aumentando così l’autostima. Per quanto riguarda le strategie nutrizionali, una dieta ad alto contenuto proteico e a basso contenuto di carboidrati sembra avere un leggero vantaggio rispetto alle altre. Infine, attività fisica e dieta, unitamente, sono più efficaci di uno dei due interventi da solo.