Introduzione

I pazienti con insufficienza surrenalica primitiva (PAI) presentano una maggiore incidenza di comorbidità rispetto ai soggetti sani, indipendentemente dall’eziologia. La terapia della PAI prevede l’impiego a vita di glucocorticoidi, preferibilmente idrocortisone (HC), alla dose di 15–25 mg/die, disponibile in differenti formulazioni.

Il follow-up della terapia non prevede la determinazione periodica di ACTH e cortisolo per eventuali adeguamenti della dose ma si basa su parametri clinici-laboratoristici quali il benessere generale, il peso, la pressione arteriosa, i livelli sierici di sodio e potassio.

È ben nota l’associazione tra osteoporosi e uso di glucocorticoidi a dosaggi anti-infiammatori o immunosoppressivi, tant’è che la Nota AIFA 79 regolamenta la rimborsabilità della terapia anti-riassorbitiva in prevenzione primaria per i pazienti in trattamento avviato o previsto con glucocorticoidi a dosaggi ≥5 mg/die (prednisone-equivalenti) per una durata di almeno 3 mesi.

Per i soggetti con PAI il dato si presta a differenti e più ampie valutazioni.

La fragilità ossea nella PAI

La forma autoimmune della Malattia di Addison (AAD) è la causa più frequente di PAI negli studi che hanno valutato gli outcome scheletrici in questi soggetti. La maggior parte degli studi ha evidenziato una Bone Mineral Density (BMD) significativamente inferiore nei pazienti addisoniani se confrontati con soggetti sani di pari età e sesso [1].

Un’importante variabile è la dose sostitutiva di HC, in quanto è stato osservato che la dose raccomandata di 15–25 mg/die non comporta una riduzione della BMD che, al contrario, è presente in caso di overtreatment [2]. Tale dato è fortemente supportato da osservazioni che dimostrano una risalita dei valori di BMD dopo riduzione della terapia sostitutiva. Anche l’impiego di dosi equivalenti di altri glucocorticoidi (es. prednisone) è associato a un calo della BMD.

La fragilità ossea nella Malattia di Addison è poi legata ad altri fattori, propri del contesto patologico, come il deficit di cortisolo e di DHEA, l’astenia, la ridotta attività fisica, il calo ponderale, l’iponatriemia e l’eventuale compresenza di altre malattie (insufficienza ovarica prematura, gastrite atrofica, morbo celiaco, diabete mellito di tipo 1) che hanno un impatto negativo sull’osso. Inoltre, nei pazienti addisoniani è stata documentata una severa carenza di 25-OH vitamina D, indipendentemente dal sesso e verosimilmente legata alla caratteristica melanodermia [3].

Una recente metanalisi ha confermato la presenza di un’aumentata incidenza di fratture nell’ambito dell’insufficienza surrenalica specificando che, tra le differenti entità eziologiche, i soggetti con PAI presentano un rischio secondo solo a quello esistente nelle forme di insufficienza surrenalica secondaria (SAI). Anche tale metanalisi ha ribadito il ruolo causale dell’overtreatment con glucocorticoidi [4].

Più nel dettaglio, nella Malattia di Addison il rischio di frattura è massimo al momento della diagnosi e nel primo anno dopo la diagnosi, per poi declinare negli anni successivi con l’ottimizzazione della terapia sostitutiva [5].

Gestione terapeutica e follow-up

Come già riportato, la terapia di riferimento della PAI consiste nell’utilizzo di idrocortisone al dosaggio di 15–25 mg/die, suddiviso in tre somministrazioni giornaliere o in un’unica somministrazione, al mattino al risveglio, nel caso della formulazione a doppio rilascio. Un’adeguata alternativa è rappresentata dal cortisone acetato al dosaggio di 20–35 mg/die, anch’esso assunto due o tre volte al giorno.

Una terapia sostitutiva mirata permette, quindi, di evitare le possibili complicanze derivanti da una sovraesposizione ai glucocorticoidi, tra cui appunto l’osteoporosi e le fratture da fragilità. Non bisogna dimenticare anche il ruolo della terapia con fludrocortisone (dose ottimale 50–250 μg/die), considerando l’impatto negativo dell’astenia, delle alterazioni elettrolitiche e delle cadute sul rischio di frattura.

Per quanto detto in precedenza, è fondamentale garantire un adeguato apporto di vitamina D, mediante assunzione periodica di colecalciferolo (almeno 25.000 UI ogni 15 giorni) o di calcifediolo a dosaggi equivalenti. Il trattamento farmacologico deve essere accompagnato da importanti modifiche dello stile di vita, tra cui l’assunzione di almeno 1–1,2 g/die di calcio con l’alimentazione, una regolare attività fisica da carico gravitazionale, l’abolizione dell’attività tabagica e la limitazione del consumo di alcolici.

Il monitoraggio della BMD dovrebbe essere effettuato ogni 3–5 anni mediante l’utilizzo della MOC-DXA a livello vertebrale e/o femorale [6]. Ovviamente il follow-up può essere personalizzato tenendo in considerazione l’anamnesi familiare, patologica e farmacologica del singolo paziente. Come per tutti i soggetti, è consigliata l’esecuzione di altri esami strumentali (RX, TC e/o RMN) al fine di escludere fratture da fragilità, soprattutto in presenza di quadri clinici caratteristici (dolore a insorgenza acuta e limitazione funzionale).

L’eventuale terapia anti-riassorbitiva non diverge da quella consigliata per tutti gli altri pazienti con osteoporosi.

Conclusioni

La terapia dell’insufficienza surrenalica deve prevedere l’impiego di glucocorticoidi (idrocortisone o, in alternativa, cortisone acetato) a dosaggi adeguati al fine di garantire un’efficace sostituzione dell’attività ormonale surrenalica e, allo stesso tempo, evitare le complicanze secondarie all’esposizione cronica. Tra esse, vi sono indubbiamente l’osteoporosi e le fratture da fragilità. Per i pazienti con PAI è necessario monitorare periodicamente lo stato di salute ossea mediante la determinazione della BMD, anche a causa della frequente presenza di fattori clinici che aumentano il rischio di osteoporosi.

Infine, nell’ambito della terapia farmacologica, è importante ricordare il ruolo della supplementazione con vitamina D, spesso carente in maniera severa in questi soggetti.