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Introduzione
La malattia parodontale (MP) è una patologia infiammatoria cronica dei tessuti di supporto dei denti, causata da specifici batteri anaerobi, contenuti nella placca dentale, e mediata dall’ospite. Se non trattata, la sua progressione porta alla distruzione dei tessuti parodontali ed è la causa principale di edentulia negli individui adulti.
La MP mostra una prevalenza di oltre il 40% nei paesi industrializzati, mentre le forme più gravi colpiscono oltre il 10% della popolazione mondiale.
Vi è una crescente evidenza scientifica, nell’ambito della Periodontal Medicine, sul fatto che la MP interagisca con diverse patologie sistemiche, comprese le malattie cardiovascolari e il diabete mellito (DM). Nello specifico, è stata evidenziata un’associazione bidirezionale tra MP e DM di tipo 2 (DMT2).
Diabete mellito tipo 2
Da un lato, il DMT2 scarsamente controllato è considerato un fattore di rischio per la MP [1], in quanto provoca l’alterazione dei tessuti parodontali attraverso la deposizione dei prodotti finali della glicosilazione avanzata, causando la riduzione dell’attività fibroblastica, la selezione dei batteri parodontopatogeni e la riduzione della chemiotassi e della diapedesi delle cellule leucocitarie polimorfonucleate. Inoltre, a causa di tali processi, il DMT2 può ritardare e compromettere il processo di guarigione delle lesioni orali.
D’altro canto, un recente consenso [2] ha concluso che la MP, nei suoi stadi più avanzati, comporta un aumento dei valori di emoglobina glicata (HbA1C) nei pazienti con DMT2, con un rischio più elevato in quei pazienti che già presentano uno scarso controllo glicemico. In aggiunta, la MP è stata associata a una maggiore prevalenza di complicanze diabetiche. Ipotetici meccanismi di interazione possono essere correlati a livelli crescenti di mediatori pro-infiammatori (fattore di necrosi tumorale-alfa, proteina C-reattiva e mediatori dello stress ossidativo) associati alla MP, che possono complicare il controllo glicemico. In tal senso, un ampio studio multicentrico randomizzato ha dimostrato che, dopo 1 anno di follow-up, il trattamento parodontale riduce i livelli di HbA1C nei pazienti con DMT2 rispetto ai controlli, suggerendo che la terapia parodontale può contribuire a migliorarne il controllo glicemico [3].
Diabete mellito tipo 1
Per quanto riguarda, invece, l’associazione tra MP e diabete mellito di tipo 1 (DMT1) il grado di evidenza risulta attualmente inferiore. Una revisione sistematica e metanalitica del 2020 [4] ha mostrato che esiste una maggior incidenza di MP nei pazienti con DMT1 rispetto agli individui sani, anche se l’elevato grado di eterogeneità degli studi inclusi non ha permesso di stabilire, in maniera definitiva, un’associazione diretta tra variabili parodontali e parametri diabetologici. In aggiunta, un recente consenso ha concluso che non ci sono prove sufficienti riguardo una possibile associazione tra MP e scarso controllo glicemico tra le persone con DMT1 [2].
In quest’ottica, è stato recentemente condotto, presso l’Unità di Ricerca in Parodontologia e Medicina Parodontale dell’Università di Firenze, in collaborazione con l’Unità Diabetologica dell’ospedale Careggi, nell’ambito del progetto PAROdontopatia e DIAbete (PARODIA), uno studio di coorte cross-sectional con lo scopo di valutare la prevalenza e la gravità della MP tra i pazienti con DMT1 e di indagare la sua possibile associazione con i markers sistemici del diabete [5]. In breve, 133 soggetti affetti da DMT1 sono stati sottoposti a una visita parodontale full-mouth, secondo gli attuali standard indicati dal Workshop Mondiale sulla Classificazione delle Malattie e Condizioni Parodontali del 2017 [6]. Nel campione esaminato, un totale di 83 pazienti (65%) presentava MP. Per quanto riguarda gli stadi più avanzati della MP, lo Stadio III è stato rilevato nel 32% dei casi mentre lo Stadio IV nell’8%. Tra tutti i fattori investigati, la perdita di attacco clinico (CAL), segno patognomonico della MP, è risultata associata a scarso controllo glicemico. Infatti, il 93% dei pazienti con CAL media >6 mm ha mostrato valori di HbA1C ≥7%. Inoltre, negli stadi avanzati di MP (III e IV) rispetto a quelli iniziali (I e II) è stato riscontrato un più alto coefficiente di variabilità glicemico (\(p= 0{,}018\)). Questi risultati sembrano corroborare i possibili effetti sistemici della MP anche nei pazienti affetti da DMT1, provocando un’infiammazione sistemica di basso grado attraverso lo stress ossidativo e lo squilibro funzionale dei neutrofili, con un impatto sulla salute generale dei pazienti.
Conclusioni
Il rapporto bidirezionale evidenziato pone l’accento non solo sulla necessità di considerare il DM come fattore di rischio per la MP, ma anche sull’importanza della prevenzione e del trattamento parodontale per prevenire gli effetti sistemici che la MP può provocare. Dal momento che la MP è in buona parte prevenibile e trattabile con successo, si prospettano nuove opportunità di migliorare la prognosi dei pazienti diabetici.
Bibliografia
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Conflitto di interesse
Gli autori Lapo Serni, Luigi Barbato e Francesco Cairo dichiarano di non avere conflitti di interesse.
Consenso informato
Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana.
Studi sugli animali
Gli autori di questo articolo non hanno eseguito studi sugli animali.
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Proposto da M. Mannelli, L. Malandrino, F. Ferraù.
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Serni, L., Barbato, L. & Cairo, F. La parodontite nel diabete. L'Endocrinologo 24 (Suppl 1), 4–5 (2023). https://doi.org/10.1007/s40619-023-01287-6
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