Descrizione del caso

Una donna di 63 anni giungeva alla nostra attenzione per sospetto ipertiroidismo essendo stato rilevato l’ormone tireotropo (TSH) soppresso e la tiroxina libera (FT4) aumentata (Tabella 1). Il curante aveva avviato terapia tireostatica che, tuttavia, non portava a nessun beneficio. Dall’anamnesi, la paziente riferiva infatti la comparsa negli ultimi mesi di dolore a livello della regione anteriore del collo, non migrante, irradiato alle spalle, accentuato alla palpazione, trattato con beneficio con paracetamolo al bisogno. Inoltre, la paziente riferiva di aver contratto l’infezione da Severe Acute Respiratory Syndrome-CoronaVirus 2 (SARS-CoV-2) due settimane prima dell’esordio della sintomatologia dolorosa cervicale. La diagnosi era stata confermata dalla positività del tampone molecolare; il decorso è stato paucisintomatico, con febbricola, rinite e algie muscolari.

Tabella 1 Esami ematochimici all’esordio, dopo 3 mesi (all’arrivo al nostro Reparto) e dopo 15 mesi. TSH, ormone tireotropo; FT3, triiodotironina libera; FT4, tiroxina libera; TRAb, anticorpi anti-recettore del TSH; Ab antiTg, anticorpi anti tireoglobulina; Ab antiTPO, anticorpi anti Tireoperossidasi; Tg, tireoglobulina; VES, velocità di eritrosedimentazione; PCR, proteina C reattiva; GB, globuli bianchi

All’arrivo presso il nostro reparto, tre mesi dopo l’esordio dei sintomi, la paziente presentava una tiroide lievemente aumentata di volume, leggermente dolente e dolorabile alla palpazione. Gli esami ripetuti al momento della visita documentavano TSH ancora soppresso, frazioni libere tiroidee rientrate nella norma, indici di flogosi, anticorpi anti-tireoglobulina (Ab anti-Tg) e anticorpi anti-tireoperossidasi (Ab anti-TPO) negativi e anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb) debolmente positivi (Tabella1). Inoltre, gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 risultavano positivi (Ab anti nucleocapside 3,2 BAU/ml, Ab anti Spike 114,3 BAU/ml), a confermare il precedente contatto con il virus.

All’ecografia, la ghiandola risultava di dimensioni ai limiti inferiori di norma e a ecostruttura disomogenea, ipoecogena, con tralci fibrosi, come da screzio tiroiditico (Fig. 1). Pertanto, si poneva diagnosi di tiroidite subacuta (SAT). Di conseguenza, si sospendeva la terapia tireostatica e si prescriveva anti-infiammatorio al bisogno in caso di dolore.

Fig. 1
figure 1

Ecografia tiroidea a tre mesi dall’esordio dei sintomi: sezione longitudinale del lobo tiroideo destro. Tiroide a ecostruttura disomogeneamente ipoecogena, con tralci fibrosi, come da screzio tiroiditico

A 15 mesi dall’esordio dei sintomi la paziente riferiva benessere clinico, l’ecografia tiroidea era nella norma e gli esami ematochimici in assenza di terapia mostravano eutirodismo e indici di flogosi negativi. Anche i TRAb risultavano rientrati nell’intervallo di normalità (Tabella 1).

Discussione

Già nei primi mesi della pandemia sono stati descritti casi di SAT in pazienti infetti da SARS-CoV-2 [1]; più recentemente, alcuni casi di SAT sono stati associati alla somministrazione di differenti tipi di vaccino anti-SARS-CoV-2 [2].

Come per la SAT classica, i meccanismi patogenetici che portano all’infiammazione e alla distruzione della ghiandola non sono ancora del tutto chiari: le evidenze ad oggi disponibili permettono di ipotizzare sia un meccanismo di danno indiretto, immuno-mediato, in risposta all’infezione/vaccinazione, sia un meccanismo di danno diretto da parte del virus [2]. Così come la forma classica, anche questa forma di SAT si manifesta generalmente ad alcune settimane dall’infezione/vaccinazione e presenta decorso autolimitantesi con ottima risposta alla terapia anti-infiammatoria. Si caratterizza per la presenza di dolore cervicale anteriore, spesso associato a sintomi di infiammazione sistemica (febbre, astenia e mialgie) e, talvolta, a sintomi da tireotossicosi, rialzo dei marker infiammatori agli esami di laboratorio e al riscontro ecografico di aree sfumatamente ipoecogene con vascolarizzazione scarsa nella parte di parenchima interessata dal processo tiroiditico. Nel complesso, dai pochi dati ad oggi raccolti non si riscontrano significative differenze tra le forme di SAT SARS-CoV-2 relate e quelle classiche né in termini di presentazione alla diagnosi né in termini di evoluzione. Per quanto riguarda le forme post-vaccino, diversi studi suggeriscono una presentazione più blanda rispetto alla SAT classica [3].

È interessante sottolineare come, in questo caso clinico, l’iniziale interpretazione dei dati bioumorali (TSH soppresso e Ft4 aumentata), senza una correlazione con la clinica (dolore cervicale anteriore tipico), abbia portato il medico di medicina generale a trattare la paziente con un tireostatico con l’errata convinzione di essere di fronte a un’iperfunzione tiroidea. Tuttavia, è noto che la SAT si caratterizza per una dismissione di ormone tiroideo da citodistruzione, piuttosto che per una iperproduzione ormonale [4]. Quindi la terapia con metimazolo è inutile e potenzialmente dannosa in quanto può indurre o aggravare una possibile evoluzione verso l’ipotiroidismo.

È verosimile che l’infezione da SARS-CoV-2 pochi giorni prima dell’esordio dei sintomi abbia portato il curante ad ascriverli alla patologia infettiva, non correlandoli agli alterati esami bioumorali tiroidei. Oltre alla sequenzialità temporale, non è possibile definire con certezza se in questo caso il SARS-CoV-2 abbia avuto un ruolo eziopatogenetico sulla SAT. Se anche fosse, l’esordio e il decorso non hanno presentato peculiarità rispetto alle forme da altri virus già noti.

Conclusione

I dati su SAT e SARS-CoV-2 non devono allarmare. Tuttavia, è importante esserne al corrente per riconoscere la presenza di sintomi caratteristici, per poter trattare i pazienti che lo necessitino e seguire gli stessi con un adeguato approccio. In ogni caso, in base alle attuali evidenze scientifiche, non vi è indicazione a trattamenti o a monitoraggi differenti rispetto a quelli già in uso nella pratica clinica.