Introduzione

L’acromegalia è una patologia rara caratterizzata da un’ipersecrezione di ormone della crescita (GH), generalmente dovuta a un adenoma ipofisario GH-secernente, e dalla conseguente iperproduzione del fattore di crescita insulino-simile di tipo 1 (IGF-1). Le manifestazioni cliniche sono spesso aspecifiche e legate sia all’adenoma (cefalea, disturbi visivi, ipopituitarismo), sia alla produzione eccessiva di GH/IGF-1 (artralgie, cambiamenti fenotipici, Obstructive Sleep Apnea Syndrome, OSAS, malattie cardiovascolari, DMT2) [1]. In condizioni fisiologiche, l’asse GH/IGF-1 è modulato in maniera differente da parte degli steroidi sessuali: gli androgeni potenziano la secrezione del GH e la sua attività, mentre gli estrogeni aumentano la resistenza del GH a livello epatico con conseguente minore produzione di IGF-1. Tale differenza biologica potrebbe giustificare una diversa presentazione clinica della malattia acromegalica nei due sessi [2]. Inoltre, la gestione dell’acromegalia e l’impatto della malattia sulla qualità di vita del paziente potrebbero risentire delle differenze sociali e culturali legate al genere [2].

In questa rassegna riportiamo le conoscenze ad oggi disponibili sull’impatto del sesso e del genere su epidemiologia, presentazione clinica e trattamento della patologia acromegalica.

Epidemiologia

La revisione di numerosi studi di popolazione europei, americani e asiatici ha evidenziato la predominanza del sesso femminile sia in termini di prevalenza che incidenza dell’acromegalia [2]. Un numero più limitato di studi, tuttavia, non ha riscontrato differenze significative tra i due sessi [3, 4]. In particolare, uno studio di popolazione danese relativo agli anni 1977–2010 ha suggerito come il pattern di distribuzione della malattia acromegalica nei due sessi si sia modificato nel tempo, con un’iniziale prevalenza del sesso femminile e una successiva tendenza all’equilibrio tra maschi e femmine. Tale fenomeno potrebbe essere spiegato dal miglioramento delle tecniche diagnostiche che ha consentito negli ultimi anni di identificare anche i quadri più lievi di acromegalia, incrementando il numero delle diagnosi [3]. I dati di letteratura supportano una reale differenza di genere relativamente all’età alla diagnosi poiché gli uomini presentano un’età inferiore, in media di 4,5 anni, rispetto alle donne [2]. Questa differenza è verosimilmente legata a un maggiore ritardo diagnostico nelle donne [3, 5, 6], benché la latenza di diagnosi sia ancora consistente in entrambi i generi (in media 6–8 anni). Ciò comporta conseguenze cliniche quali la crescita dell’adenoma, lo sviluppo di complicanze irreversibili e l’aumento della mortalità [7]. Le ragioni alla base di tale ritardo sono dovute sia alla patologia stessa, poiché i cambiamenti facciali e acrali si sviluppano lentamente e sono difficili da riconoscere nella fase iniziale, sia a una scarsa conoscenza della malattia [7].

Kreitschmann-Andermahr ha mostrato come, dopo l’insorgenza dei sintomi/segni, pazienti tedeschi abbiano atteso circa 1,5 anni prima di ricercare un consulto medico. Le donne hanno atteso più a lungo degli uomini per ricevere la diagnosi (4 anni \(vs\) 1,6 anni) e hanno consultato più specialisti (4 \(vs\) 2,7 medici) [5]. I medici più frequentemente incontrati prima della diagnosi sono stati medici di famiglia (67,5%), ortopedici per i dolori articolari (35,6%), neurologi per la cefalea (27%) ed endocrinologi (27,2%). In particolare, le donne hanno consultato soprattutto medici di famiglia e ginecologi [5]. Un recente studio di popolazione cinese ha registrato un ritardo diagnostico nel 63% dei pazienti, nonostante un primo consulto medico. Nel 41,9% è stata effettuata una diagnosi diversa, mentre nel 22,5% dei casi non sono state riscontrate problematiche cliniche. La diagnosi di acromegalia era stata effettuata principalmente da neurochirurghi ed endocrinologi [6].

Presentazione clinica

Il maggiore ritardo nella diagnosi di acromegalia nelle donne potrebbe supportare il riscontro di adenomi più grandi e più invasivi rispetto agli uomini. I dati di letteratura non sono tuttavia univoci in questo senso. Petrossians e collaboratori hanno osservato adenomi ipofisari più grandi tra i maschi, benché la grandezza tumorale fosse inversamente correlata all’età e i tumori più grandi fossero presenti solo in pazienti con età <30 anni [8]. Ulteriori studi sono pertanto necessari per esplorare l’interazione tra età, sesso e dimensioni dell’adenoma ipofisario GH-secernente.

A livello biochimico-ormonale, anche nell’acromegalia sembra essere presente lo stesso dimorfismo nel rapporto tra GH e IGF-1 osservato in condizioni fisiologiche. Le pazienti acromegaliche presentano, infatti, valori medi di GH più alti, valori di IGF-1 e rapporto IGF-1/GH più bassi rispetto ai maschi a parità di valori di GH, per effetto degli estrogeni specialmente nella popolazione sotto i 50 anni [3, 9]. Tuttavia, Dal e colleghi hanno osservato la medesima relazione tra GH e IGF-1 anche in una popolazione di pazienti acromegaliche in menopausa [3]. Il meccanismo responsabile potrebbe coinvolgere l’azione paracrina degli estrogeni sulla stimolazione centrale di GH. Questa ipotesi è supportata dall’osservazione che il blocco dei recettori estrogenici mediante il tamoxifene riduce i livelli di GH nelle femmine in post-menopausa ma non nei maschi [3].

Sono state inoltre riportate differenze nella presentazione clinica tra i due sessi. Le femmine presentano più frequentemente complicanze metaboliche, cefalea e dolore muscolo-scheletrico. Sintomi come sudorazione e amenorrea possono essere erroneamente attribuiti alla sindrome climaterica nelle donne con età più avanzata, contribuendo ad aumentare il ritardo diagnostico. I maschi, invece, tendono a sviluppare le tipiche alterazioni somatiche (prognatismo, ingrandimento acrale) [3].

Occorre, tuttavia, considerare che le informazioni relative alle differenze nella presentazione clinica dell’acromegalia nei due generi derivano da studi multicentrici. È verosimile che vi siano differenze tra i diversi centri, dipendenti da fattori socioeconomici (accesso alle cure mediche, alle metodiche di imaging utilizzate, alla possibilità di richiedere esami strumentali), culturali o a differenze nella pratica clinica (es: possibilità economiche di richiedere determinati esami o expertise del personale). In effetti, sono state riscontrate differenze nella frequenza di segni, sintomi e comorbidità alla diagnosi di acromegalia in due centri in USA e Romania. Nello specifico, sintomi compatibili con l’acromegalia sono stati riscontrati più frequentemente nel centro americano, a parità di età e sesso delle popolazioni studiate. Inoltre, l’età delle donne era maggiore nel Centro rumeno, suggerendo una diagnosi più precoce in America [10].

I dati sulla presentazione clinica alla diagnosi sono riassunti nella Tabella 1.

Tabella 1 Differenze di sesso/genere nella presentazione clinica dell’acromegalia alla diagnosi

Comorbidità

Il rischio cardiovascolare è aumentato nei pazienti con acromegalia, contribuendo a un’aumentata mortalità. Nella popolazione generale le malattie cardiovascolari colpiscono principalmente il sesso maschile, mentre ci sono dati limitati sulle differenze tra maschi e femmine nella popolazione acromegalica. In uno studio è emerso come l’ipertensione sia maggiormente presente nei pazienti acromegalici rispetto ai controlli sani [11]. Nello specifico, le femmine avevano Framingham scores maggiori rispetto ai controlli. Tale dato veniva confermato in uno studio messicano (ipertensione arteriosa nel 32% delle donne acromegaliche e nel 24% degli uomini) e in uno studio italiano [12, 13]. Inoltre, i dati derivati dagli studi retrospettivi orientano verso una maggiore prevalenza di ipertensione arteriosa tra le pazienti acromegaliche, al contrario di quanto si verifica nella popolazione generale [2].

L’insulino-resistenza è una conseguenza diretta dell’azione del GH. Poiché i valori iniziali di GH sono maggiori nelle femmine, è verosimile che sia presente un maggiore rischio di diabete mellito (DM) nella popolazione femminile. Dal ha osservato una popolazione di 84 pazienti con acromegalia controllata a livello ormonale dopo intervento chirurgico o in corso di terapia con analoghi della somatostatina. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a OGTT e le femmine hanno dimostrato livelli di insulinaAUC e insulina120 significativamente più elevati rispetto ai maschi [14]. Il sesso femminile è stato associato anche a una maggiore prevalenza di DM. In uno studio messicano condotto su una popolazione di 2000 pazienti, la prevalenza di DM era maggiore nelle femmine (30,4 \(vs\) 21,6%) [12]. Tale dato è stato confermato in uno studio danese, mentre uno studio italiano ha notato una maggiore frequenza di DM nei maschi, anche se più giovani e con valori di IGF-1 maggiori [13, 15].

I disturbi del sonno sono una tipica complicanza dell’acromegalia e derivano dalla macroglossia, dall’ipertrofia dei tessuti molli faringei e da anomalie del lume faringeo. Nella popolazione generale l’OSAS colpisce principalmente il sesso maschile con una frequenza del 39% [9]. Nei pazienti con acromegalia attiva, la prevalenza di OSAS varia dal 44 all’87%, con una maggiore frequenza nel sesso maschile, sebbene gli studi sull’argomento siano pochi e spesso eterogenei [2].

L’acromegalia si associa, inoltre, a un aumentato rischio di sviluppare neoplasie ma i dati sulle differenze di sesso/genere sono limitati e non univoci. Alcuni studi riportano una prevalenza femminile, altri una prevalenza maschile, altri ancora nessuna differenza [2]. Allo stesso modo, sono ancora insufficienti le evidenze relative alla differente prevalenza dell’osteoporosi nei due sessi, sebbene la diversa modulazione esercitata dagli steroidi sessuali sulla densità minerale ossea suggerisca la presenza di un dimorfismo.

L’acromegalia si associa anche a una cospicua prevalenza di comorbidità psichiatriche, stimata tra il 40 e il 50%. I disturbi della sfera affettiva, in particolare la depressione, sono più frequenti rispetto alla popolazione sana e quella affetta da altre patologie croniche [16, 17]. Una recente analisi retrospettiva su una popolazione acromegalica italiana di 171 pazienti ha identificato l’artropatia e il sesso femminile come determinanti nello sviluppo della depressione. In particolare, il sesso femminile si associava a una peggiore sindrome ansiosa e depressiva, confermata all’analisi uni e multivariata. Tale associazione non sembrava essere influenzata dallo stato di menopausa [18].

Infine, le pazienti affette da acromegalia sembrano presentare una peggiore qualità di vita salute-correlato e, di conseguenza, un peggiore status socioeconomico che comincia a degradarsi già cinque anni prima della diagnosi. È stato registrato come le donne acromegaliche chiedano più frequentemente benefit socioeconomici, vadano in pensione prima, intraprendano con più difficoltà relazioni amorose e diventino meno frequentemente genitori. Molti fattori possono contribuire a questa differenza: ipogonadismo, percezione negativa della propria immagine corporea, difficoltà a intraprendere relazioni interpersonali [14, 19].

La differente distribuzione delle comorbidità tra maschi e femmine è rappresentata nella Figura 1.

Fig. 1
figure 1

Differenze di sesso/genere nella distribuzione delle comorbidità tra maschi e femmine.

Terapia

Considerata l’influenza degli ormoni sessuali sulla modulazione dell’asse GH/IGF-1 sia in condizioni fisiologiche sia patologiche, è ipotizzabile la presenza di un dimorfismo tra i due sessi anche nella risposta al trattamento dell’acromegalia.

Le principali conclusioni derivate dalla letteratura relative alle diverse tipologie di trattamento sono riassunte nella Tabella 2, benché i dati ad oggi disponibili non permettano di confermare la presenza di un dimorfismo di outcome.

Tabella 2 Risposta al trattamento dell’acromegalia: differenze tra i due sessi [2]

Conclusioni

I dati di letteratura ad oggi disponibili sono ancora sporadici e non conclusivi nel definire le differenze di presentazione della patologia acromegalica nei due sessi e l’impatto delle differenze di genere nella gestione della malattia. Tuttavia, risulta fondamentale comprendere come la patologia acromegalica si declina tra sesso e genere, al fine di ottimizzare e personalizzare la gestione di ogni singolo paziente. Ulteriori studi sono, pertanto, necessari in questa direzione al fine di sensibilizzare la comunità medica a una medicina di genere applicabile anche nel campo dell’acromegalia.