Sommario
L’utilizzo di inibitori tirosino-chinasici (TKI) rappresenta un’importante opzione terapeutica nel trattamento del carcinoma tiroideo metastatico. Il trattamento con tali farmaci è frequentemente associato alla comparsa di eventi avversi che possono compromettere uno stato nutrizionale già precario, tipico di questi pazienti, peggiorandone quindi anche la prognosi. Diversi studi hanno valutato l’impatto dello stato nutrizionale e della presenza di sarcopenia sulla risposta al trattamento e sulla sopravvivenza dei pazienti oncologici. Tali parametri sembrano correlare con la prognosi e la sopravvivenza nei pazienti oncologici.
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Introduzione
Lo stato di malnutrizione è un reperto comune nei pazienti oncologici con malattia avanzata; risulta associato a una riduzione della performance fisica e può influenzare negativamente la prognosi, interferendo con la risposta al trattamento antitumorale. Il deficit energetico e la perdita di massa magra, che spesso si accompagnano al quadro di malnutrizione, possono essere legati a una ridotta assunzione di cibo o ad alterazioni metaboliche (aumento del metabolismo basale, insulino-resistenza, processi catabolici indotti da citochine e fattori infiammatori) legati alla patologia oncologica sottostante. Tuttavia, anche la stessa terapia con inibitori delle tirosino-chinasi (TKI) può favorire lo sviluppo di una condizione di malnutrizione.
Gli inibitori delle tirosino-chinasi sono una classe di farmaci utilizzati nel trattamento dei carcinomi avanzati e hanno attività multitarget essendo in grado di inibire le vie di trasduzione del segnale coinvolte nella proliferazione e neoangiogenesi delle cellule tumorali [1].
Nel carcinoma tiroideo metastatico è stato dimostrato, in studi clinici di fase III (DECISION, SELECT, ZETA, EXAM), come i TKI migliorano significativamente la Progression Free Survival (PFS); tuttavia, il loro utilizzo può essere associato a tossicità, caratterizzata dalla comparsa di eventi avversi farmaco-correlati, che può impattare sulla qualità di vita del paziente e richiedere, a seconda del grado, stabilito in accordo con i Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), una sospensione temporanea e una successiva ripresa a un dosaggio ridotto o, in alcuni casi, un’interruzione permanente del farmaco [2–6].
Tra gli eventi avversi più comuni riscontrati nel corso del trattamento con TKI, ci sono quelli che coinvolgono il tratto gastrointestinale (diarrea, mucosite, nausea, vomito, anoressia) e quelli costituzionali (perdita di peso, astenia, malessere).
La perdita di peso, inoltre, è un evento avverso frequentemente descritto nell’ambito degli studi registrativi dei diversi farmaci utilizzati per il carcinoma tiroideo avanzato. In particolare, nello studio SELECT il 46,4% dei pazienti trattati con lenvatinib mostrava calo ponderale, di cui il 9,6% dei pazienti di grado \(\geq3\) (perdita di \(\geq20\%\) dal basale; alimentazione tramite sondino o indicazione alla terapia parenterale totale) [3]. Nello studio DECISION, il trattamento con sorafenib determinava una perdita di peso di qualsiasi grado nel 46,9% e di grado \(\geq3\) nel 5,8% dei pazienti [2]. Analogamente, nello studio EXAM si osservava una perdita di peso nel 47,7% dei pazienti trattati con cabozantinib, che risultava di grado \(\geq3\) nel 4,7% dei pazienti [5]. La perdita di peso non è invece di frequente riscontro in caso di trattamento con vandetanib come riportato nello studio ZETA, dove solo il 10% dei pazienti presentava calo ponderale e solo di grado 1–2 [4].
In un recente studio che coinvolgeva 11 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato radioiodio-refrattario, si osservava una riduzione progressiva dell’indice di massa corporea (IMC) in tutti i pazienti in corso di trattamento con lenvatinib. Veniva inoltre riportato che nella maggior parte dei pazienti, dopo il primo anno di trattamento, l’IMC rimaneva stabile. In tutti i pazienti, la massa grassa si riduceva più della massa magra, con il decremento più alto rispettivamente di \(-60\%\) e \(-16\%\) [7].
La perdita di peso può contribuire al quadro di malnutrizione e può, inoltre, peggiorare uno stato nutrizionale già compromesso al momento dell’inizio del trattamento anti-tumorale.
Stato nutrizionale nei pazienti con carcinoma tiroideo avanzato
Studi recenti hanno dimostrato l’importanza di diversi parametri biochimici nel valutare lo stato immuno-nutrizionale dei pazienti affetti da patologie croniche o da malattie oncologiche. Gli esami di laboratorio più comunemente impiegati sono: conta linfocitaria, proteine totali, albumina, rapporto albumina/globuline, prealbumina, proteina legante il retinolo (RBP), transferrina, rapporto creatinina/altezza, transtiretina (TTR). Molti indicatori hanno inoltre dimostrato la loro efficacia nel predire la prognosi nell’ambito di varie neoplasie, come la conta dei neutrofili, dei linfociti, dei monociti e delle piastrine nel sangue, il rapporto neutrofili-linfociti (neutrophil-lymphocyte ratio, NLR), il rapporto linfociti-monociti (lymphocyte-to-monocyte ratio, LMR), il rapporto piastrine/linfociti (platelet-to-lymphocyte ratio, PLR) [8–11].
Tra gli indici/score biochimici messi a punto per definire lo stato nutrizionale del paziente, sono stati recentemente introdotti anche i Prognostic Nutritional Index (PNI) e il Controlling Nutritional Status (CONUT) score, i quali si sono dimostrati utili nel predire l’outcome dei pazienti oncologici [12–15].
Il calcolo del CONUT si basa sui livelli ematici di tre parametri: albumina sierica, colesterolo totale e conta dei linfociti totali. Lo score complessivo deriva dalla somma dei singoli punteggi attribuiti ai 3 parametri in base ai livelli riscontrati, come riportato in Tabella 1. Un punteggio complessivo compreso tra 0 e 1 è considerato normale, tra 2 e 4 indica una malnutrizione lieve, tra 5 e 8 una malnutrizione moderata, punteggi \(>9\) sono indicativi di malnutrizione severa [12].
Diversi studi in letteratura, condotti in gruppi di pazienti con carcinoma gastrico e del colon-retto, evidenziano l’efficacia del CONUT quale indicatore di prognosi di malattia. Infatti, a parità di istotipo alla diagnosi e di trattamento utilizzato (chemioterapia o chirurgia) i pazienti con un CONUT score basso risultano avere una prognosi migliore rispetto a quelli con un CONUT score alto. Il CONUT score si è dimostrato, inoltre, più accurato ed efficace di altri indicatori di stato nutrizionale e di prognosi, come il PNI [16, 17]. Risultati analoghi sono stati registrati anche per il carcinoma ovarico, l’adenocarcinoma duttale pancreatico, il microcitoma polmonare e il carcinoma della mammella [13–15, 18]. Un recente studio ha valutato la capacità prognostica del CONUT score basale in pazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile in trattamento con lenvatinib, confrontandolo con altri indicatori di prognosi, quali il grado del rapporto albumina-bilirubina (ALBI) e lo stadio Barcellona Clinic Liver Cancer (BCLC). Tali risultati indicano che il CONUT score è candidato a diventare uno dei principali fattori prognostici in questi pazienti, in quanto si è dimostrato fattore prognostico indipendente per l’Overall Survival (OS). In questa casistica il tasso di sopravvivenza globale è risultato del 29% nei pazienti con un CONUT score \(>5\) e del 70% in quelli con un CONUT score \(<5\) [19].
Nonostante l’ampio utilizzo del CONUT score in ambito oncologico, la sua applicazione nell’ambito dell’oncologia tiroidea è attualmente limitata.
Recentemente è stato pubblicato uno studio condotto su 42 pazienti con carcinoma tiroideo avanzato trattati con TKI, in cui è stata effettuata una valutazione dello stato immuno-nutrizionale mediante calcolo del CONUT score prima dell’inizio del trattamento con TKI. Nel gruppo di studio era riportato uno stato nutrizionale buono alla valutazione pre-trattamento, con un punteggio CONUT indicativo di malnutrizione moderata solo in 5/42 (11,9%) pazienti, mentre nessuno mostrava un grado di malnutrizione severa (CONUT score più alto registrato pari a 7) con riscontro di una correlazione tra stato immuno-nutrizionale e outcome clinico. Un punteggio di CONUT score pari a 3 veniva identificato come cut-off in grado di predire la risposta al trattamento con il 100% di specificità e il 70% di sensibilità per la PFS (AUC 0,980, \(p<0{,}0001\)) e il 93,7% di specificità e il 68,8% di sensibilità per l’OS (AUC 0,846, \(p=0{,}001\)). È importante sottolineare che i due gruppi di pazienti (punteggio CONUT \(<3\) e \(\geq3\)) non differivano per le caratteristiche cliniche e patologiche considerati fattori prognostici di outcome in questi pazienti [20]. Nel gruppo con stato nutrizionale migliore si osservavano una PFS e un OS significativamente più lunghe rispetto al gruppo con CONUT più elevato. Tale score si dimostrava, inoltre, un fattore prognostico indipendente sia per la PFS (\(p=0{,}021\)) che per la OS (\(p=0{,}007\)) all’analisi multivariata [20]. Lo studio presenta, tuttavia, alcune limitazioni quali l’inclusione di pazienti con istotipi diversi di carcinoma tiroideo, l’uso di differenti TKI, la piccola dimensione del campione considerato e la natura retrospettiva dello studio stesso. Tuttavia, tali risultati appaiono promettenti e innovativi, evidenziando come il CONUT score possa rappresentare uno strumento di screening facilmente applicabile nella pratica clinica con possibile ruolo prognostico nella gestione dei pazienti con carcinoma tiroideo avanzato trattati con TKI.
Considerando la totalità degli eventi avversi in corso di trattamento con TKI che possono impattare sullo stato nutrizionale e sul peso, è probabile che si possano osservare variazioni del CONUT score in corso di trattamento. Tuttavia, tale dato, ad oggi, non è ancora stato descritto in letteratura.
Sarcopenia e prognosi nei pazienti oncologici
È noto che nei pazienti neoplastici si può verificare nel corso del follow-up una condizione di sarcopenia, sindrome caratterizzata da una perdita progressiva e generalizzata di massa muscolare e di forza, la quale comporta diverse sequele, tra cui disabilità fisica, riduzione della qualità di vita e incremento del rischio di mortalità [21]. I criteri di definizione della sarcopenia sono riportati in Tabella 2.
Fattori di rischio che determinano l’aumento della prevalenza per l’instaurarsi di una condizione di sarcopenia sono rappresentati dalla mancanza di esercizio fisico, malnutrizione, obesità e insulino-resistenza, malattie croniche, disequilibrio tra citochine e ormoni, sintesi proteica e rigenerazione, perdita neuronale, aumento della fusione mitocondriale nel processo di invecchiamento, influenze ambientali sulla crescita e lo sviluppo [22].
Il gold standard per la misurazione della massa muscolare è rappresentato dalla tomografia computerizzata (TC) in quanto consente un’analisi precisa dei tessuti anatomici. In particolare, l’area dei muscoli appendicolari (muscolo scheletrico, SM) a livello della terza vertebra lombare (L3), rilevabile alla TC, correla significativamente con la muscolatura di tutto il corpo nei soggetti adulti sani [23]. Il muscolo scheletrico, normalizzato per altezza al quadrato, permette di calcolare lo Skeletal Muscle Index (SMI), ovvero uno dei metodi riconosciuti per stimare la sarcopenia. Attualmente, tuttavia, non c’è ancora consenso riguardo il cut-off di SMI per definire una condizione di sarcopenia. La presenza di sarcopenia è stata proposta come criterio diagnostico di malnutrizione. Secondo i criteri della Global Leadership Initiative on Malnutrition (GLIM), tra gli elementi da valutare per la diagnosi di malnutrizione vi sono la perdita di peso non volontaria, un basso indice di massa corporea, una ridotta massa muscolare, una ridotta assunzione o assorbimento di cibo e una condizione di malattia/infiammazione [24].
Per quanto concerne i pazienti con carcinoma tiroideo, esistono pochi studi in letteratura che valutano il ruolo della sarcopenia. I primi dati sono emersi da studi post-hoc dei trial clinici di fase III.
Huillard e colleghi hanno mostrato come la terapia con sorafenib, in pazienti con carcinoma tiroideo radioiodio-refrattario, abbia un impatto negativo significativo sulla massa magra (calcolata sulla base della muscolatura lombare a livello di L3), ma non hanno riscontrato un aumento della dose-limiting toxicity (DLT) nei pazienti con basso SMI rispetto a quelli con alto SMI, diversamente da quanto riscontrato nei pazienti con carcinoma epatocellulare e renale in trattamento con lo stesso farmaco [25]. In questo studio la sarcopenia è stata definita per valori di SMI inferiori alla mediana di SMI dell’intera popolazione in accordo con il genere. Secondo quest’ultima definizione, sulla quale si è basata l’analisi statistica del lavoro, la prevalenza di sarcopenia era del 49,9%, con una prevalenza maggiore nei soggetti asiatici (73,3%), rispetto a quelli europei (32,2%).
Due recenti studi giapponesi hanno invece dimostrato come la presenza di sarcopenia pre-trattamento impattasse negativamente sull’outcome di pazienti con carcinoma tiroideo avanzato in corso di terapia con inibitori delle tirosino-chinasi. In particolare, nello studio di Yamazaki, condotto su 54 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato e midollare trattati con lenvatinib e vandetanib, rispettivamente, i pazienti con SMI suggestivo di sarcopenia avevano una PFS significativamente inferiore rispetto a quelli non sarcopenici (\(p=0{,}017\)). In questo gruppo di pazienti la prevalenza della sarcopenia pre-trattamento era del 65%. Inoltre, in tale studio veniva riportata l’importanza di evitare l’insorgenza di sarcopenia o di trattarla precocemente nella fase pre-trattamento con TKI tramite programmi mirati di esercizi muscolari e supporto nutrizionale [26].
In un altro studio effettuato su una coorte di 23 pazienti con diversi istotipi di carcinoma tiroideo, la prevalenza di sarcopenia pre-trattamento con TKI era del 39,1% (9/23 pazienti). In questi pazienti sarcopenici veniva riscontrata una prognosi peggiore in termini di OS e PFS, una più significativa alterazione dei markers indicativi di stato nutrizionale (es. albumina), oltre che una maggior incidenza di eventi avversi durante il trattamento con TKI (infezioni, anemia e nausea) rispetto ai pazienti non sarcopenici [27]. In entrambi gli studi non veniva valutata, tuttavia, l’evoluzione del quadro di sarcopenia in corso di trattamento con TKI.
Conclusioni
Alla luce delle evidenze della letteratura, emerge come il paziente con carcinoma tiroideo avanzato, di per sé o durante il trattamento con inibitore delle tirosino-chinasi, possa sviluppare una condizione di malnutrizione e sarcopenia che può interferire con la risposta al trattamento stesso e favorire la comparsa di ulteriori eventi avversi farmaco-correlati. Infatti, la presenza di uno stato di malnutrizione in corso di trattamento può favorire la comparsa di altre possibili complicanze, quali immunodepressione, possibile aumento della tossicità dei trattamenti, peggioramento della qualità di vita, maggiori probabilità di infezioni, ritardo nella guarigione delle ferite, fino alla riduzione dell’aspettativa di vita e al relativo aumento dei costi assistenziali che ciascuno di questi fattori comporta.
Tali rischi potrebbero essere prevenuti con la definizione di un programma nutrizionale e di attività fisica personalizzato impostato al momento della presa in carico del paziente e stabilito sulla base di più fattori come le necessità individuali dei pazienti, l’età, le comorbidità, l’estensione della malattia neoplastica tiroidea e protratta/modificata nel corso del follow-up, adattandola anche al trattamento con TKI in atto.
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Consenso informato
Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana.
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Dalmiglio, C., Valerio, L. & Brilli, L. Stato nutrizionale e risposta al trattamento con inibitori tirosino-chinasici nel carcinoma tiroideo avanzato. L'Endocrinologo 23, 568–572 (2022). https://doi.org/10.1007/s40619-022-01176-4
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