Introduzione

Il rachitismo ipofosfatemico legato al cromosoma X (XLH) (OMIM#307800) è una rara malattia congenita caratterizzata da perdita renale del fosfato e conseguente ipofosfatemia [1, 2]. È una malattia a trasmissione dominante, legata al cromosoma X, causata da mutazioni del gene Phosphate Regulating Endopeptidase Homolog X-Linked (PHEX), localizzato in Xp22.1 [1, 2].

I pazienti in età adulta possono avere manifestazioni molto variabili comprendenti forme lievi o più severe. Tali pazienti presentano generalmente bassa statura, osteomalacia e aumentato rischio di fratture e pseudofratture. Essi possono soffrire, inoltre, di malattie dentali (carie e ascessi dentali), di malattie articolari degenerative, entesopatie, debolezza muscolare, stanchezza e perdita dell’udito [3].

Tuttora, non c’è un consenso generale sulle indicazioni di trattamento farmacologico, nei pazienti adulti, con supplementazione orale di fosfato e i derivati attivi della vitamina D per la loro scarsa efficacia e le potenziali complicanze renali ed endocrine ad esse legate, soprattutto a lungo termine [4]. Negli adulti sintomatici, il trattamento convenzionale può ridurre in parte il dolore osseo e migliorare l’osteomalacia, non essendo tuttavia risolutivo [4]. Recentemente, sono state pubblicate linee guida comprendenti raccomandazioni e suggerimenti sulla gestione dei pazienti affetti da XLH anche in età adulta [5]. In questa Rassegna descriveremo, pertanto, le principali caratteristiche cliniche dell’XLH nell’adulto, la terapia convenzionale, le nuove terapie e le prospettive future.

Rachitismo ipofosfatemico legato al cromosoma X nei pazienti adulti

Epidemiologia

L’XLH rappresenta la causa più comune di disordine genetico di perdita di fosfato urinario, con un’incidenza di 3,9 per 100.000 nati vivi e una prevalenza che varia da 1,7 per 100.000 bambini a 4,8 per 100.000 persone (bambini e adulti) [3, 6]. Complessivamente, gli studi hanno fornito tassi di prevalenza contrastanti, in parte a causa delle differenze nei criteri diagnostici soprattutto per le forme in età adulta, che verosimilmente risultano sottodiagnosticate [3, 6]. Un recente studio inglese di coorte basato su un ampio database di cure primarie ha stimato che la prevalenza di XLH negli adulti sia di 15,7 per milione e ha rivelato una sopravvivenza ridotta tra i casi di XLH rispetto ai controlli, con un’età media alla morte di circa 8 anni più giovane nei casi comparati ai controlli (64 vs 72 anni) [7]. Tuttavia, la prevalenza e la prognosi dei pazienti adulti con XLH rimangono mal determinate, sia a livello nazionale che mondiale [8].

Patogenesi

La patogenesi dell’XLH non è ancora completamente compresa; tuttavia, ad oggi è noto che la perdita della funzione PHEX si traduce in una maggiore secrezione di fibroblast growth factor (FGF23), ormone fosfaturico principalmente secreto dagli osteociti [9, 10]. Esistono più di 170 diverse mutazioni a carico del gene PHEX [11]. Tale disordine ha un’alta penetranza, sebbene la sua severità sia ampiamente variabile anche tra i membri della stessa famiglia. Altri fattori genetici e ambientali potrebbero verosimilmente influenzarne l’espressione clinica. Non è stata ancora descritta una chiara correlazione genotipo-fenotipo [12]. L’aumento delle concentrazioni circolanti dell’FGF23 inibisce il riassorbimento renale del fosfato, sopprime l’1-alpha-idrossilazione della 25-idrossivitamina D (25(OH)D3) nel rene e stimola la 25-vitamina D-24 idrossilasi [13, 14]. XLH è quindi caratterizzato da una perdita renale di fosfato con ridotta TmP/GFR (riassorbimento tubolare massimo del fosfato aggiustato per la velocità di filtrazione glomerulare) e concentrazioni sieriche di 1,25(OH)2D3 inappropriatamente basse, responsabili di un ridotto assorbimento intestinale di fosfato, entrambi con conseguente cronica ipofosfatemia (Tabella 1). In particolare, a livello renale, elevate concentrazioni sieriche di FGF23, legandosi al suo recettore e il suo cofattore alpha Klotho, aumentano l’escrezione renale di fosfato, sottoregolando i trasportatori renali di sodio-fosfato (NaPi-2a e NaPi-2c) [15]. Oltre alla perdita renale del fosfato, la fisiopatologia dell’XLH può coinvolgere il metabolismo anomalo dei presunti substrati PHEX, comprese le proteine della matrice extracellulare di origine ossea. Le proteine Small Integrin Binding Ligand N-inked Glycoproteins (SIBLING), che includono l’osteopontina (OPN), sono substrati di PHEX. La down-regulation di PHEX nei pazienti XLH pare aumenti la deposizione scheletrica di OPN, contribuendo all’inibizione locale della mineralizzazione [16]. Inoltre, studi in vitro hanno dimostrato che il metabolismo anormale delle proteine SIBLING genera frammenti chiamati peptidi ASARM (motivi associati a MEPE acido serina aspartato, ricco di aspartato acido), che inibiscono direttamente la mineralizzazione ossea. Studi in vivo, però, mostrano che i peptidi ASARM causano anche una perdita di fosfato [11, 17].

Tabella 1 Principali caratteristiche biochimiche del rachitismo ipofosfatemico legato al cromosoma (XLH). TmP/GFR, riassorbimento tubolare massimo del fosfato aggiustato per la velocità di filtrazione glomerulare; FGF23, fibroblast growth factor

Manifestazioni cliniche XLH

A causa della rarità dell’XLH e della diversità delle manifestazioni cliniche, la diagnosi è spesso ritardata, esponendo i pazienti a un rischio maggiore di complicanze a lungo termine e di trattamento inadeguato [8].

In età pediatrica, l’XLH è la causa ereditaria più comune di rachitismo, con caratteristiche rachitiche classiche e frequente insorgenza di craniosinostosi con malformazione di Chiari associata [5]. Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche in età adulta, i reperti tipici dell’XLH possono includere bassa statura, osteomalacia con dolore osseo, fratture da fragilità, pseudofratture, deformità ossee, malattia degenerativa delle articolazioni, artrosi precoce, rigidità articolare, entesopatie (legamenti calcificati e giunzioni teno-ossee) e altre calcificazioni extra-ossee, inclusi entesofiti e stenosi spinali, con conseguente ridotta motilità, dolore e debolezza muscolare. Inoltre, i pazienti presentano frequentemente malattie dentali, come parodontite, infiammazione delle gengive, carie, ascessi dentali e perdita di denti [18, 19].

Per quanto riguarda la mineralizzazione ossea, è noto che l’ipofosfatemia è il meccanismo principale mediante il quale l’FGF23 sierico elevato altera lo sviluppo osseo, inibendo l’apoptosi dei condrociti ipertrofici e la mineralizzazione, causando rachitismo e osteomalacia [20]. Tuttavia, studi condotti sugli osteociti Hyp hanno anche descritto una mineralizzazione anomala in un ambiente in vitro con fosfato normale. Pertanto, è stato suggerito che potrebbero esserci effetti autocrini/paracrini indipendenti dall’ipofosfatemia dell’FGF23 che coinvolgono calcitriolo e fosfatasi alcalina non specifica tissutale (TNAP) [20].

Il movimento è spesso limitato negli adulti con XLH, che sono inclini allo sviluppo di entesopatie, in particolare a livello delle anche, nei gomiti e nelle spalle [21]. Possono essere presenti, inoltre, calcificazioni dei legamenti longitudinali spinali sia anteriori che posteriori limitando ulteriormente il range di movimento [22]. Sebbene non sia stata ancora descritta una chiara patogenesi dell’entesopatia, sembra che FGF23 possa avere un ruolo specifico, data la recente evidenza di espressione di FGFR e Klotho nei siti in cui si sviluppa l’entesopatia [6, 23].

La perdita dell’udito si verifica in età adulta a causa di anomalie nelle piccole ossa dell’orecchio interno e della coclea, probabilmente correlate all’osteomalacia, sebbene i meccanismi esatti rimangano poco chiari e siano state identificate numerose cause, tra cui perdita dell’udito conduttiva, perdita dell’udito neurosensoriale e disfunzione cocleare [24]. I pazienti adulti con XLH possono anche presentare anomalie cardiovascolari, come ipertensione arteriosa a esordio precoce e ipertrofia ventricolare sinistra. La debolezza muscolare e la ridotta resistenza muscolare sono frequenti nel paziente adulto e sono probabilmente dovute all’ipofosfatemia cronica, sebbene la fisiopatologia non sia del tutto compresa [25]. I sintomi sopra descritti complessivamente possono causare una diminuzione della qualità della vita [20].

Alterazioni biochimiche e diagnosi di XLH

Le alterazioni biochimiche tipiche associate all’XLH includono ipofosfatemia, perdita renale di fosfato con ridotto rapporto TmP/GFR, elevata attività della fosfatasi alcalina sierica (ALP) e livelli alti o inappropriati di FGF23 [3]. I livelli sierici di 1,25(OH)2D3 tendono ad essere inappropriatamente bassi o normali nel contesto dell’ipofosfatemia, mentre la 25(OH)D3 sierica è solitamente normale [26]. Le concentrazioni sieriche di calcio sono generalmente nell’intervallo normale inferiore e l’escrezione urinaria di calcio è tendenzialmente bassa, a causa della ridotta sintesi di 1,25(OH)2D3 (Tabella 1) [27]. L’iperparatiroidismo secondario è comune, sia senza trattamento con fosfato che come potenziale conseguenza del trattamento con fosfato, e alla lunga può trasformarsi in iperparatiroidismo terziario, con conseguenti alterazioni della calcemia e della calciuria [10]. Nell’XLH, elevate concentrazioni di PTH in assenza di trattamento con fosfato potrebbero essere dovute a una carenza relativa di 1,25(OH)2D3, attribuibile all’eccesso di FGF23 [3].

Nei pazienti adulti, la diagnosi di XLH deve essere presa in considerazione in presenza di segni clinici e/o radiologici di osteomalacia, pseudofratture e/o deformità degli arti inferiori, artrosi precoce ed entesopatie associate a concentrazioni sieriche di fosfato inferiori all’intervallo di riferimento correlato all’età e all’eccessiva perdita renale di fosfato [5]. L’anamnesi di questi pazienti può rivelare rachitismo, problemi dentali e ritardo della crescita durante l’infanzia, e l’esame obiettivo può mostrare deformità in varo o valgo degli arti inferiori, bassa statura, andatura insolita e gradi variabili di disabilità motoria. L’analisi mutazionale del gene PHEX è raccomandata, sebbene i casi sporadici siano comuni e in alcuni casi non sia possibile rilevare una mutazione [28]. Nei casi in cui l’analisi genetica non sia disponibile, concentrazioni plasmatiche elevate di FGF23 intatto o inappropriatamente normale e/o una storia familiare positiva per XLH possono supportare la diagnosi [5].

Trattamento convenzionale in pazienti adulti con XLH

Il trattamento convenzionale nei pazienti adulti XLH si basa sull’uso di supplementi orali con fosfato e calcitriolo o alfacalcidolo, da valutare, come consigliato dalle linee guida, solo nei pazienti sintomatici, cioè quelli con dolore muscoloscheletrico, pseudofratture e problemi dentali, o in condizioni particolari, come in gravidanza e allattamento, in attesa di interventi di chirurgia ortopedica o odontoiatrica o evidenza biochimica di osteomalacia con aumento dei livelli sierici di fosfatasi alcalina ossea [5]. Tuttavia, ad oggi c’è ancora un dibattito in corso sulle indicazioni terapeutiche nei pazienti adulti affetti da XLH, poiché il trattamento convenzionale migliora solo in parte il dolore, l’osteomalacia e la salute orale (rispetto alla parodontite e alla frequenza degli ascessi dentali), e non previene né migliora l’ipoacusia o le entesopatie [5, 29]. Inoltre, tale trattamento può essere associato a scarsa aderenza alla prescrizione e potenziali eventi avversi a breve termine come intolleranza gastro-intestinale e a lungo termine quali iperparatiroidismo secondario-terziario, ipercalciuria, calcoli renali e nefrocalcinosi [5].

Le dosi di calcitriolo o alfacalcidolo generalmente prescritte negli adulti variano da 0,50 a 0,75 μg al giorno per il calcitriolo e da 0,75 a 1,5 μg al giorno per l’alfacalcidolo [5]. Il dosaggio medio di fosfato come integratore usualmente necessario varia da 750 a 1.600 mg al giorno (fosforo elementare), suddiviso in 2–4 dosi giornaliere, con aumento della dose graduale per ridurre il rischio di effetti avversi gastrointestinali [5]. La carenza di 25(OH)D3 dovrebbe essere corretta come indicato nella popolazione generale [5]. Durante la gravidanza, l’integrazione di fosfato e vitamina D è consigliata ed è suggerita nelle donne che allattano per prevenire la perdita ossea, sempre sotto attento monitoraggio biochimico [5]. Nei pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica, potrebbe essere necessario interrompere la terapia se si prevede un riposo a letto a lungo termine e/o una mobilizzazione senza carico, per evitare l’ipercalciuria e/o l’ipercalcemia dovute all’aumento del riassorbimento osseo [5].

Durante la terapia convenzionale è necessario un attento monitoraggio biochimico per evitare ipercalcemia, ipercalciuria e iperparatiroidismo secondario. Infatti, una non adeguata gestione della supplementazione di fosfato nell’XLH può causare iperparatiroidismo secondario, che può progredire in iperparatiroidismo terziario se non corretto [17].

Nuove terapie in pazienti adulti con XLH

Nel 2018, un nuovo trattamento per l’XLH, denominato Burosumab (KRN23), ha ricevuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA), in Brasile e Canada per il trattamento dell’XLH nei bambini (da un anno in poi) e negli adulti, nonché l’approvazione all’immissione in commercio dell’Agenzia europea in età pediatrica [30, 31]. In Italia, nel 2019, è stata approvata la rimborsabilità di Burosumab per i pazienti affetti da XLH con evidenza radiografica di malattia ossea, di età compresa tra 1 e 12 anni all’avvio del trattamento e fino al raggiungimento della maturità scheletrica nei bambini (determina dell’AIFA n. 1283/2019) [32].

Burosumab è un anticorpo IgG umano monoclonale ricombinante contro l’FGF23 [33]. Esso agisce legando l’FGF23 in eccesso e normalizzando gli effetti dell’FGF23 nei tessuti bersaglio [17]. Con la neutralizzazione dell’eccesso di FGF23, il riassorbimento renale del fosfato migliora grazie alla corretta espressione e localizzazione dei trasportatori del fosfato nei tubuli renali (Fig. 1). Lo studio randomizzato-controllato di fase 3, in doppio cieco, con gruppo placebo, ha studiato l’effetto del Burosumab per 24 settimane negli adulti affetti da XLH (134 pazienti) con dolore scheletrico e/o osteomalacia [34]. Tale studio ha mostrato che la terapia con Burosumab (1 mg/kg s.c. ogni 4 settimane) aumentava in modo significativo i livelli di TmP/GFR migliorando significativamente i livelli sierici di fosfato e di calcitriolo [34]. In media, il 94% dei soggetti trattati con Burosumab raggiungeva livelli sierici di fosfato al di sopra del limite inferiore della norma, mentre solo il 7,6% dei soggetti trattati con placebo raggiungeva questo risultato. Inoltre, il trattamento con Burosumab mostrò miglioramento in termini di osteomalacia, guarigione accelerata di fratture attive e pseudofratture, e riduzione della rigidità articolare, misurata con questionario Western Ontario and McMaster University (WOMAC) [34]. Gli eventi avversi riportati sono stati simili a quelli osservati negli studi pediatrici (cioè reazioni al sito di iniezione, cefalea e dolore alle estremità).

Fig. 1
figure 1

Rappresentazione grafica degli effetti di Burosumab

Il successivo studio di estensione fino a 48 settimane mostrò che il 63% delle fratture e delle pseudofratture guarirono con il trattamento con Burosumab rispetto al 35% dei pazienti che passarono dal placebo al Burosumab. I risultati relativi alla valutazione della rigidità, dolore e funzione fisica migliorarono in modo significativo a 48 settimane rispetto al basale, mantenendo livelli di fosfatemia nella norma [35]. Un ulteriore studio in aperto di fase 3 condotto su pazienti adulti XLH mostrò che il Burosumab migliorava i parametri istomorfometrici relativi all’osteomalacia dopo 48 settimane di trattamento insieme alla normalizzazione della fosfatemia [36]. Infine, nel 2021 sono stati pubblicati gli ultimi risultati del trattamento con Burosumab fino a 96 settimane in pazienti adulti XLH. Lo studio era randomizzato 1:1 in doppio cieco (gruppo trattato con Burosumab 1 mg/kg per via sottocutanea ogni 4 settimane e un gruppo placebo per 24 settimane; successivamente, tutti i soggetti ricevettero Burosumab ogni 4 settimane fino alla 96a settimana). Al termine dello studio, tutti gli indici derivanti dai questionari WOMAC, Brief Pain Inventory, breve questionario sul dolore, (BPI-SF) e Brief Fatigue Inventory, breve questionario sulla fatica, (BFI) e dal test del cammino (Test del cammino di 6 minuti, 6MWT) ottennero un miglioramento statisticamente significativo [37]. Burosumab è generalmente ben tollerato sia dai bambini che dagli adulti. Gli eventi avversi segnalati sono stati per lo più di gravità da lieve a moderata. I più comuni eventi avversi nei pazienti adulti erano mal di schiena, infezione o ascesso ai denti, mal di testa, sindrome delle gambe senza riposo e vertigini [5].

Per gli adulti con XLH, le ultime linee guida raccomandano di considerare il trattamento in coloro che hanno dolore osseo o articolare persistente dovuto alla XLH che limita le attività quotidiane, in caso di pseudofratture o fratture correlate all’osteomalacia e quelli con risposta insufficiente o che sono refrattari alla terapia convenzionale [5]. Tuttavia, attualmente in Italia, come nella maggior parte degli altri paesi, il trattamento con Burosumab non è ancora approvato in età adulta, per cui solo alcuni pazienti sono attualmente trattati con programmi di uso compassionevole. Il costo e l’accessibilità limitano, al momento, l’uso diffuso di Burosumab. Inoltre, alcuni aspetti dovranno essere ulteriormente indagati sull’uso di tale farmaco. Infatti, nonostante la normalizzazione dell’omeostasi del fosfato e i miglioramenti dello stato scheletrico con Burosumab, non è chiaro se Burosumab correggerà tutte le complicanze della XLH. Negli adulti, Burosumab non ha dimostrato di migliorare l’entesopatia e al momento non è noto se preverrà la progressione dell’entesopatia o della perdita dell’udito o il miglioramento delle complicanze odontoiatriche [38]. Da un punto di vista clinico, sarà inoltre necessario determinare la durata della terapia e prendere in considerazione l’eventuale terapia permanente con Burosumab ma, attualmente, mancano studi sugli effetti a lungo termine oltre le 96 settimane [17].

Conclusioni e prospettive future

I pazienti adulti affetti da XLH presentano una notevole variabilità di manifestazioni cliniche che comprendono forme lievi fino a molto severe. Scarsi sono ancora i dati epidemiologici sulle forme dell’adulto, aspetto che dovrà essere migliorato nel prossimo futuro al fine di ridurre il rischio di sotto-diagnosi e di migliorare la loro gestione clinica. Tali pazienti possono presentare complicanze muscoloscheletriche e non solo, anche gravi, che si sviluppano nonostante la terapia convenzionale, con riduzione della qualità di vita. Miglioramenti clinici e di laboratorio statisticamente significativi sono stati recentemente mostrati con il nuovo trattamento con Burosumab anche in età adulta. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per indagare gli effetti a lungo termine di questo nuovo trattamento, seppure i risultati ottenuti sino ad ora siano promettenti. Oltre agli anticorpi diretti contro FGF23, sono attualmente in fase di sviluppo altri farmaci volti a inibire gli effetti degli elevati livelli di FGF23 come, ad esempio, l’antagonista del recettore FGF23 NVP-BGJ398, che è in una fase avanzata di sviluppo [39]. Sono stati inoltre identificati numerosi altri potenziali bersagli farmacologici, inclusi peptidi antagonisti noti per inibire la mineralizzazione ossea e la regolazione dell’espressione della proteina FGF23 [40].