Presentazione del caso

Una giovane di 31 anni affetta da morbo di Graves-Basedow (GD) diagnosticato da circa un anno e ben controllato dal trattamento con metimazolo (MMI) 5 mg al giorno, si presentava in ambulatorio avendo appena scoperto di essere gestante. La paziente era alla 5a settimana di gravidanza, in buone condizioni cliniche e con dati funzionali indicativi di lieve ipertiroidismo (Tabella 1). Su questa base e in considerazione anche della persistente positività degli anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb), si decideva di proseguire la terapia con antitiroidei di sintesi (ATD), sostituendo il MMI con il propiltiouracile (PTU) 50 mg, 1 compressa al giorno, in accordo con le linee guida internazionali. Durante il successivo periodo di osservazione si registrava un controllo non ottimale dell’iperfunzione tiroidea, con la necessità di modulare frequentemente la terapia con ATD. La Tabella 1 elenca i risultati degli esami di laboratorio registrati al momento di ogni successivo controllo e le variazioni delle prescrizioni terapeutiche.

Tabella 1 Esami di laboratorio e terapia durante l’osservazione periodica in gravidanza. MMI, Metimazolo 5 mg; PTU, Propiltiuracile 50 mg

Alla 10a settimana di gestazione gli esami di funzione tiroidea indicavano un ipertiroidismo di grado moderato, per cui fu necessario incrementare la posologia del PTU a 150 mg al giorno. Data la risposta soddisfacente è stato possibile, ai controlli successivi, ridurre la posologia dell’ATD e, intorno alla 16a settimana, il PTU veniva nuovamente sostituito con il MMI.

Tuttavia, alla 20a settimana si registrava un nuovo peggioramento del quadro funzionale con un ipertiroidismo di grado moderato-severo, associato a netto aumento dei TRAb circolanti. Inoltre, all’ecografia morfologica si rilevava tachicardia fetale (170 bpm) e gozzo fetale. Per tale motivo, visto lo scarso controllo dell’ipertiroidismo materno e gli elevati valori di TRAb, il quadro veniva considerato fortemente indicativo di ipertiroidismo fetale e veniva aumentata la terapia tireostatica con MMI alla posologia di 5 mg al mattino, 10 mg a mezzodì e 5 mg la sera, con ripristino di un discreto compenso ormonale al controllo alla 23a settimana e con stabilità ecografica del gozzo fetale e riduzione della tachicardia fetale (150 bpm). All’ecografia fetale, effettuata alla 28a settimana, si rilevava una riduzione delle dimensioni del gozzo e una normalizzazione della frequenza cardiaca fetale, consentendo un’ulteriore riduzione della posologia di MMI. Alla 36a settimana di gravidanza, in considerazione del gozzo fetale e del rischio di soffocamento del nascituro al passaggio nel canale vaginale, la gestante veniva sottoposta a parto cesareo con esito favorevole e senza complicanze materno-fetali.

Gestione del morbo di Graves-Basedow in gravidanza

Nelle gestanti affette da morbo di Graves-Basedow, un peggioramento del quadro funzionale è relativamente frequente nel primo trimestre di gravidanza [1]. Ciò richiede una gestione attenta e tempestiva per prevenire complicanze materne e fetali. Infatti, l’ipertiroidismo in gravidanza si può associare a decorso ed esito non favorevoli, con possibile aumento della mortalità sia materna che fetale. Tra le complicanze più frequenti si registrano abortività, ipertensione gestazionale, preeclampsia, parto pretermine, crisi tireotossica e scompenso cardiaco, oltre che basso peso alla nascita del neonato [2].

Gli studi sul rischio teratogeno determinato da farmaci tireostatici sono discordanti [3]. Il trattamento con ATD durante il primo trimestre avrebbe un maggior rischio di malformazioni congenite che sembra essere minore, soprattutto in termini di severità più che di incidenza, nel caso del PTU. Per tale motivo, alla prima visita il MMI è stato sostituito con PTU. Alla fine del primo trimestre viene invece suggerito un ritorno a MMI in considerazione del maggiore rischio di insufficienza epatica correlato al PTU [4].

Il caso sopra descritto configura una complicanza rara del morbo di Graves-Basedow in gravidanza, quale l’ipertiroidismo fetale con gozzo. Il gozzo fetale è, infatti, una complicanza relativamente infrequente dovuta o all’ipertiroidismo fetale o (nella maggior parte dei casi) a un trattamento eccessivo con ATD in gravidanza [5]. Infatti, tali farmaci attraversano la placenta e hanno un effetto addirittura maggiore sulla tiroide fetale rispetto a quella materna, per cui è necessario utilizzare la minor dose possibile di farmaco con l’obbiettivo di mantenere i valori materni di Tiroxinemia totale e libera (FT4) ai limiti superiori della norma o appena sopra di essi, per evitare l’ipotiroidismo fetale e neonatale.

Nel nostro caso, però, il gozzo fetale era determinato da un ipertiroidismo con TRAb ad alto titolo e, dato il quadro clinico materno-fetale, non è stata giudicata necessaria la conferma tramite funicolocentesi che non è scevra da rischi e complicanze. Il trattamento della tireotossicosi fetale si basa sulla somministrazione di ATD alla madre e sull’aumento della posologia con uno stretto monitoraggio dei parametri ecografici fetali (in particolare, della frequenza fetale) che guidano le successive modifiche posologiche [5].

In corso di terapia con tireostatici in gravidanza è quindi necessario uno stretto monitoraggio della funzione tiroidea materna ogni 2–6 settimane. Il dosaggio dei TRAb deve essere effettuato a inizio gravidanza e, se positivo, deve essere ripetuto alla 18a–22a settimana e, quindi, intorno alla 30a–34a settimana (per valutare la necessità di monitoraggio neonatale) [2]. Infatti, come in questo caso, il passaggio transplacentare dei TRAb può determinare ipertiroidismo fetale e neonatale. Valori di TRAb \(>3\) volte il limite superiore di normalità hanno un buon valore predittivo (sensibilità 100%, specificità 40%) di ipertiroidismo neonatale.

Queste conoscenze devono sempre essere condivise fra gli specialisti di riferimento (endocrinologo, ostetrico-ginecologo e neonatologo) [6].