Commento a:

Mortality trends over five decades in adult transgender people receiving hormone treatment: a report from the Amsterdam cohort of gender dysphoria.

C.J. de Blok, C.M. Wiepjes, D.M. van Velzen, A.S. Staphorsius, N.M. Nota, L.J. Gooren, B.P. Kreukels, M. den Heijer.

Lancet Diabetes Endocrinol (2021) 9(10):663–670

Il percorso delle persone transgender prevede da ormai molti decenni l’utilizzo di terapie ormonali, nello specifico antiandrogeni ed estrogeni per indurre femminilizzazione e testosterone per indurre mascolinizzazione, eventualmente associati, dopo almeno un anno di trattamento, a interventi chirurgici. La terapia ormonale è considerata in generale sicura; tuttavia, sono scarsi ed eterogeni i dati a lungo termine su questa popolazione, in particolare in relazione alla possibile insorgenza di neoplasie ormono-sensibili, oltre che al rischio cardiovascolare e tromboembolico. Diversi studi in passato hanno descritto un’aumentata mortalità nella popolazione transgender, ma una correlazione con la terapia ormonale ricevuta non è mai stata stabilita [1, 2]; non è inoltre noto se tali dati siano ancora attuali in epoca più recente, dove le persone che giungono all’attenzione medica al fine di ricevere un trattamento sono in forte aumento e l’expertise dei centri di riferimento è auspicabilmente migliore. Il lavoro oggetto del presente Commento [3] si è pertanto concentrato ad analizzare l’andamento e le cause specifiche di mortalità negli ultimi cinque decenni in una grande coorte di persone transgender.

Il disegno di studio ha previsto l’analisi retrospettiva dei dati di adulti transgender afferenti alla Gender Identity Clinic di Amsterdam che hanno ricevuto terapia ormonale, nelle varie e differenti formulazioni disponibili, anche a seconda del periodo di introduzione, tra il 1972 e il 2018. Non è stato possibile effettuare un’analisi stratificata sul tipo di trattamento ricevuto, in considerazione delle frequenti modifiche alla terapia osservate nel corso del follow-up. Sono stati esclusi i dati di persone che avevano utilizzato terapie a base di testosterone o estradiolo alternative, che avevano iniziato il trattamento prima dei 17 anni di età, o che avevano ricevuto blocchi della pubertà prima della terapia ormonale gender-affirming. Il rapporto di mortalità standardizzato è stato calcolato in rapporto ai dati sulla popolazione generale stratificati per età, periodo di calendario e sesso, tenendo in conto le cause specifiche di mortalità. Sono stati inclusi 2.972 donne transgender e 1.641 uomini transgender nello studio, con un follow-up medio di 40.232 person-years per le donne transgender e 17.285 person-years per gli uomini transgender.

Il tasso totale di mortalità si è confermato maggiore nella popolazione transgender a confronto con i dati di popolazione generale. Durante il periodo di follow-up, infatti, sono morte 317 (10,8%) donne transgender, dato più elevato rispetto a quelli attesi di popolazione generali, sia maschile (SMR 1,8; 95% CI 1,6–2,0), sia femminile (SMR 2,8, 2,5–3,1). La raccolta delle cause di morte ha rilevato principalmente malattie cardiovascolari, carcinoma polmonare, malattie HIV-correlate e cause non naturali, in particolare suicidio. Tra gli uomini transgender, 44 persone (2,7%) sono morte, dato equiparabile alla mortalità nella popolazione maschile (SMR 1,2; 95% CI 0,9–1,6) e più elevato rispetto alla popolazione generale femminile (SMR 1,8; 95% CI 1,3–2,4), principalmente per maggiore prevalenza di cause non-naturali.

Come ulteriore dato, nel corso dei cinque decenni studiati non si è osservato un trend di diminuzione nella mortalità totale, sebbene il lavoro sottolinei che alcune cause di morte, in particolare quelle legate a infezione da HIV, caratterizzano principalmente i primi tra i decenni analizzati, con un calo anche nel tasso di suicidi.

È aumentato nella popolazione il rischio cardiovascolare, riguardo al quale gli autori ipotizzano un insieme di modifiche nel profilo metabolico con fattori sociali di isolamento, stile di vita e stress psicologico. Tra le ipotesi, viene citata inoltre una possibile maggiore prescrizione negli ultimi decenni di terapie ormonali anche a persone con maggiori fattori di rischio in anamnesi, che in passato i medici del centro oggetto di studio erano più riluttanti a fornire.

Questo studio ha pertanto confermato un aumentato tasso di mortalità nella popolazione transgender in corso di terapia ormonale, che non sembrerebbe essere associato al trattamento ricevuto. Difatti, si sono registrati i dati più significativi nelle cause non riconducibili a terapia ormonale, in particolare malattie infettive, tumori polmonari e suicidio, per le quali gli SMR confrontati con i gruppi di riferimento sono risultati i più alti.

Gli autori concludono dunque sottolineando l’importanza di continuare a raccogliere dati a lungo termine e più completi su questa popolazione e, soprattutto, di lavorare sull’accettazione sociale e sul monitoraggio e trattamento dei fattori di rischio cardiovascolari, al fine promuovere la salute della popolazione transgender.