Introduzione

I tumori neuroendocrini del pancreas (paNET) rappresentano un sottogruppo di neoplasie neuroendocrine rare ed eterogenee, sia per presentazione che per decorso clinico. I progressi nella comprensione della biologia di queste neoplasie hanno prodotto importanti modifiche delle attuali classificazioni istologiche, come il riconoscimento di una nuova sottopopolazione: i tumori neuroendocrini ben differenziati di grado (G) 3 [1]. Infatti, mentre in passato le lesioni G3 venivano invariabilmente associate ai carcinomi – neoplasie scarsamente differenziate e a rapida evoluzione clinica – è stato ormai ampiamente dimostrato come una quota di questi tumori ad alto grado presenti caratteristiche morfologiche conservate e mostri delle peculiarità che li distinguono nettamente dalla controparte a comportamento aggressivo [1, 2].

Lo scopo di questa rassegna è sintetizzare le attuali conoscenze sui paNET di grado 3 (G3-paNET), riepilogando i principali dati a disposizione sulle caratteristiche istologiche, morfologiche e terapeutiche di questa nuova categoria, mettendo in risalto quanto emerso sino ad ora, ma anche i molti interrogativi ancora aperti nella pratica clinica.

Definizione e peculiarità istologiche

Dal punto di vista anatomopatologico, i tumori neuroendocrini vengono definiti attraverso tre caratteristiche: l’aspetto morfologico (tumori bene o scarsamente differenziati), il grado di differenziazione e gli indici proliferativi (Ki67 e indice mitotico). Come mostrato in Tabella 1, fino al 2010, nell’ambito dei tumori neuroendocrini ben differenziati (NET) potevano essere riconosciuti due soli gradi (G) di malattia, G1 e G2, con un valore massimo di Ki67 fino al 20% [3]. I carcinomi neuroendocrini (NEC), tumori storicamente aggressivi, a morfologia scarsamente differenziata e per definizione di grado 3, rappresentavano la restante quota, con valori di Ki67 >20%. Tuttavia, la crescente consapevolezza dell’eterogeneità di queste neoplasie [2, 46] ha progressivamente condotto all’individuazione di un sottogruppo di tumori con caratteristiche ibride, in cui a una morfologia ben differenziata si associano valori di Ki67 al di sopra della soglia del 20% [1]. L’affermarsi di queste evidenze ha determinato il riconoscimento da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di un nuovo tipo istologico: i NET di grado 3 [1]. Questa categoria è stata ufficialmente introdotta nella pratica clinica con la classificazione del 2017 [1] nell’ambito dei paNET, scorporando questo sottogruppo da quello più eterogeneo dei carcinomi neuroendocrini pancreatici (paNEC) (Tabella 1) [2]. Con l’aggiornamento del 2019, i G3-paNET sono stati ulteriormente definiti come: tumori neuroendocrini ben differenziati, con valori di Ki67 >20%, ma generalmente <55%; quest’ultima soglia sembra discriminare efficacemente le due categorie di G3-paNET e paNEC, enfatizzandone le differenze, soprattutto in termini di sopravvivenza e stadio di malattia, entrambi a favore del primo gruppo [7]. Inoltre, sotto il profilo molecolare è stata osservata la sostanziale assenza di mutazioni di TP53 e RB1 (frequentemente mutati nell’ambito dei paNEC), e l’esistenza di G3-paNET eterogenei, contenenti porzioni tumorali a miglior grado di differenziazione, come osservato nei casi di metastasi G3 nell’ambito di paNET, classificati inizialmente come G1 o G2 [1, 2, 8]. Ad oggi, la frequenza dei NET G3 non è ancora chiara ed è probabilmente sottostimata, tenuto conto della recente definizione e delle stime ottenute prevalentemente da studi retrospettivi [2]. Tuttavia, sembra che i G3-paNET rappresentino la variante più frequente di questa categoria, costituendone fino al 65% di tutti i casi [2, 4, 9].

Tabella 1 Confronto tra le Classificazioni OMS del 2010 e del 2017. Adattato da [24]. OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità; \(IM\), indice mitotico; HPF, high power field; NET, neuroendocrine tumor; NEC, neuroendocrine carcinoma

Tra le altre caratteristiche istologiche, i G3-paNET presentano un minor pleomorfismo cellulare e minori tassi di necrosi, rispetto ai corrispettivi paNEC [2, 10]. Inoltre, i tradizionali marker tissutali utilizzati in fase di diagnostica, come la sinaptofisina e la cromogranina (CgA), appaiono lievemente più rappresentati sul tessuto. Infatti, su riserva della scarsità dei dati disponibili, il tasso di positività per la CgA si attesta al 91–100% nel caso di NET G3 \(vs\) 75–89% per i NEC [2, 9, 11].

Tuttavia, nella pratica clinica, le differenze tra paNEC e G3-paNET possono talora risultare sfumate. Questo può determinare notevoli problemi diagnostici, ad esempio laddove la definizione del Ki67 e dell’indice mitotico risultino significativamente discordanti [12]. Tale aspetto pone l’accento sull’importanza di team multidisciplinari e di centri esperti nella gestione di queste neoplasie. Ad esempio, paesi come la Francia hanno stabilito degli iter definiti per porre diagnosi di NET G3 nell’ambito delle neoplasie del tratto gastrointestinale. In questo caso è, infatti, necessaria una revisione istologica da parte di un patologo esperto in tumori neuroendocrini, con l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di errori interpretativi [2].

Diagnostica strumentale e funzionale

Dal punto di vista strumentale, in base alle limitate evidenze disponibili, un recente studio francese [13] avrebbe evidenziato una diversa presentazione morfologica alla tomografia computerizzata e alla risonanza magnetica per i G3-paNET. Infatti, essi presentano aspetti di minore aggressività rispetto ai paNEC, mostrando ad esempio: dimensioni mediamente inferiori (42 ± 24 mm \(vs\) 70 ± 51 mm, \(p\) = 0,039), ma anche minori tassi di necrosi intratumorale (33 \(vs\) 75%, \(p\) = 0,03) ed emorragia [13].

Nell’ambito della diagnostica funzionale, invece, nonostante siano stati identificati profili scintigrafici almeno in parte differenti, i dati disponibili sono meno dirimenti.

Com’è noto, i paNEC vengono tradizionalmente sottoposti a tomografia a emissione di positroni con 18-fluoro-deossiglucosio (18FDG-TEP), in virtù dell’estrema aggressività biologica e del conseguente elevato metabolismo glucidico cellulare [14]. Nel caso dei G3-paNET, questa categoria sembra conservare un ottimo livello di fissazione alla scintigrafia con recettori della somatostatina (SRS), significativamente migliore rispetto ai corrispettivi paNEC e più simile al profilo dei tradizionali NET [4, 9]. Infatti, due studi retrospettivi francesi riportano come, in una casistica di G3 NET a maggioranza di origine pancreatica, i pazienti presentino, rispetto ai corrispettivi NEC, un tasso di positività al SRS del 92 \(vs\) 40% [9] e dell’88 \(vs\) 50% [4], indice di una maggior differenziazione. D’altro canto, però, i G3-paNET mostrano anche elevati tassi di positività alla 18FDG-TEP [9] e le due metodiche scintigrafiche non sono capaci di discriminare le due tipologie tumorali. A riprova di ciò, fino al 75% dei G3 NET mostravano positività al 18FDG-TEP \(vs\) l’88% dei NEC [9].

Approccio terapeutico

Radicalizzazione chirurgica versus approccio conservativo

Sebbene l’approccio chirurgico resti uno dei primi strumenti terapeutici per le lesioni localizzate, esso è tuttora oggetto di discussione nell’ambito dei NET G3 [2, 12, 13]. Infatti, uno studio multicentrico canadese ha mostrato tassi di mortalità globale sovrapponibili per le forme G3-paNET e paNEC, rispettivamente del 41,6 e del 46,6% [15]. Inoltre, non sussistevano differenze nei tassi di sopravvivenza postoperatoria delle due categorie, suggerendo come l’approccio chirurgico, già estremamente dibattuto nell’ambito dei NEC, vada valutato con assoluta cautela anche nella categoria dei NET G3 [15]. Altri studi, tuttavia, mantengono un atteggiamento più possibilistico. È il caso dello studio di Merola e collaboratori [16] che, analizzando un ampio campione di NET G3, di cui circa il 42% G3-paNET, hanno osservato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza per i pazienti sottoposti a intervento demolitivo, con intento curativo, in particolare se con Ki67 <55% [16]. Non siamo, quindi, attualmente in grado di fornire delle indicazioni precise sui benefici della radicalizzazione chirurgica o della citoriduzione per cui, in attesa di ulteriori evidenze scientifiche, un approccio demolitivo dovrebbe essere valutato caso per caso e personalizzato al singolo paziente, possibilmente con il supporto di un team di esperti.

Analoghi della somatostatina: controllo delle secrezioni versus controllo tumorale

Dal punto di vista terapeutico, poiché anche la maggioranza dei G3-paNET mostra uno status recettoriale permissivo all’utilizzo degli analoghi della somatostatina (ASS), essi sembrano avere spazio anche in questa categoria. Tuttavia, molte perplessità circa il loro impiego derivano dalla maggiore aggressività di queste neoplasie, sufficiente a eludere il controllo tumorale degli ASS, specie se scelti come terapia esclusiva. Infatti, ad oggi, non esistono analisi affidabili e di buona qualità che abbiano validato gli ASS nell’ambito delle neoplasie G3, se non con l’obiettivo di inibire potenziali co-secrezioni tumorali [2]. Quindi, attualmente, qualsiasi impiego degli analoghi al di fuori di questa indicazione va strettamente monitorato e valutato in relazione al quadro clinico del paziente.

Terapie sistemiche: ruolo di chemioterapie, target-therapye terapia radiometabolica

Analogamente a quanto detto per gli ASS, nessun regime chemioterapico sembra avere un ruolo preferenziale nella gestione dei G3-paNET metastatici [2]. Infatti, se nell’ambito dei paNEC è prassi l’utilizzo di protocolli basati su platino e derivati [17], sono diversi gli studi in cui si osserva un notevole tasso di insuccesso dell’utilizzo di queste chemioterapie (CT) per i G3-paNET [4, 6, 11]. A riprova di ciò, il Nordic NEC study [18], un ampio studio retrospettivo che ha analizzato i fattori prognostici in pazienti affetti da NEC avanzati dell’apparato gastrointestinale, ha anticipato alcune future criticità nell’ambito della nuova categoria G3. Ad esempio, il cut-off di Ki67 fissato a 55% si è rivelato un importante fattore predittivo. Infatti, il sottogruppo di tumori con Ki67 superiore a questa soglia veniva individuato come quello con migliori tassi di risposta a regimi di CT a base di platino (42 \(vs\) 15%, \(p\) < 0,001), ma contemporaneamente peggiore tasso di sopravvivenza globale (10 \(vs\) 14 mesi, \(p\) < 0,001) [18]. Questi dati avvalorano, quindi, l’utilizzo di CT a base di platino, essenzialmente nei casi di veri NEC, con Ki67 marcatamente elevato e non nei G3-paNET [20]. Altre combinazioni di CT tradizionalmente utilizzate nei paNET metastatici (ad esempio: temozolomide e capecitabina) [2, 19, 20] o le attuali target-therapy (come sunitinib ed everolimus) [21, 22] hanno mostrato una discreta efficacia nel controllo di malattia delle forme più avanzate, sebbene in piccole coorti. In particolare, nell’ambito delle terapie a bersaglio molecolare uno studio di fase 2 [21] che ha valutato l’utilizzo di sunitinib nei casi di tumore neuroendocrino G3 con primitivo gastrointestinale, ma con maggioranza dei casi di origine pancreatica (42%). In questa popolazione, quattro su sei pazienti con NET G3 hanno ottenuto un beneficio in termini di risposta morfologica da questa terapia. Al contrario, nel caso dell’everolimus, uno studio retrospettivo focalizzato sui paNEC [22] ha mostrato come in tre casi di G3-paNET su quattro una prima linea con questo farmaco determini una stabilizzazione prolungata di malattia. Ovviamente, l’eterogeneità degli studi e l’esigua numerosità della popolazione ne limitano l’attendibilità, sebbene l’utilizzo delle target-therapy nell’ambito dei G3-paNET sembri promettente, rispetto ad altri approcci [9].

Nel complesso, per nessuna linea di trattamento è stata dimostrata una superiorità terapeutica e non esistono attualmente sufficienti evidenze in termini di efficacia assoluta in questa nuova categoria di tumori.

Riguardo la terapia radiometabolica, in considerazione anche del significativo tasso di positività ai SRS, iniziano a emergere dati confortanti sull’utilizzo del 177Lu-dotatate nell’ambito dei NET G3. Anche in questo caso, la maggior parte delle evidenze disponibili riguarda i G3-paNET. Una recente rassegna ha mostrato come i tassi di risposta oggettiva alla terapia radiometabolica arrivino fino al 41%, mentre il controllo di malattia viene ottenuto fino al 78% dei casi [23]. La sopravvivenza globale e libera da malattia si sono attestate a un massimo di 46 e 16 mesi, rispettivamente, per i pazienti con Ki67 < o >55% [23]. Quest’ultimo dato è di particolare interesse, poiché lascia spazio terapeutico non solo ai casi di G3-paNET ma, eventualmente, anche per quelle forme di paNEC con basso Ki67 e status recettoriale permissivo [2, 23].

In conclusione, eccetto che per la plausibile inadeguatezza degli schemi al platino, vi sono ben poche certezze dal punto di vista dei trattamenti sistemici nei tumori avanzati G3, per cui la scelta di quale terapia preferire e la tempistica di prescrizione continuano ad essere delegate al singolo specialista.

Conclusioni

La definizione di una nuova entità clinica come i G3-paNET ha messo ulteriormente in risalto i variegati aspetti biologici e clinici di questa patologia, molti dei quali in precedenza misconosciuti. Numerosi interrogativi potranno essere chiariti solo da studi futuri, con l’obiettivo di ottimizzare gli approcci diagnostici e terapeutici per tale patologia. Da quanto emerso sino ad oggi, i G3-paNET non rappresentano un’entità clinica di passaggio, tra forme ben differenziate e scarsamente differenziate, ma possiedono una distinta identità istologica, clinica e, probabilmente terapeutica, a cui destinare un preciso percorso di cura.