Introduzione

La pandemia di SARS-Cov-2 ha causato un completo stravolgimento nella vita delle comunità provocando anche un radicale mutamento nell’approccio ai problemi di salute della popolazione generale. Dai primi mesi del 2020, infatti, il lockdown generalizzato ha comportato la marcata riduzione/sospensione delle attività cliniche di elezione e ha fatto emergere in prima linea procedure diagnostiche e di follow-up a distanza, fino a quel momento confinate a un ruolo complementare e di supporto alla convenzionale pratica clinica in presenza. Un’evidente e grave conseguenza della “sospensione” delle attività cliniche è stato il quasi dimezzamento delle procedure di prevenzione primaria in oncologia [25] che, grazie agli screening su persone apparentemente sane, avevano consentito nel recente passato la diagnosi precoce del 31% di carcinomi della mammella e del 15% di cancri dell’utero e del colon.

La difficoltà per molti pazienti di rappresentare al Medico di Medicina Generale e/o delle cure primarie, per l’enorme sovraccarico di lavoro cui questi ultimi sono stati e sono sottoposti, l’insorgenza di nuovi problemi di salute “non urgenti”, ha comportato la riduzione drastica delle consultazioni specialistiche per la definizione diagnostica delle malattie endocrino-metaboliche e ha certamente comportato ritardi e dilazioni nella prima diagnosi e nella successiva gestione diagnostico-terapeutica, le cui conseguenze potranno essere pienamente quantificate solo negli anni futuri.

La comunità endocrino-metabolica ha immediatamente adottato, con evidente beneficio, modelli alternativi e attivato procedure informatiche di follow-up del diabete mellito e delle sue complicanze [26] che non saranno, però, oggetto di questa rassegna.

Il supercomputer Watson

Il 4 dicembre 2012 è apparso su Fortune [27] un articolo scritto dal miliardario e mecenate Vinod Koshla intitolato Technology will replace 80% of what doctors do. In realtà, Koshla non intendeva sostenere che il computer possa sostituirsi al medico, ma prendeva atto dei grandi progressi tecnologici dell’informatica applicata alla salute. Da diversi anni, infatti, l’IBM aveva sviluppato un supercomputer, denominato Watson dal nome del fondatore della compagnia (Thomas J. Watson), istruito a formulare diagnosi e ad assumere decisioni terapeutiche basandosi sui dati clinici, biochimici e di imaging relativi al singolo individuo e caricati nel sistema [28]. L’intelligenza artificiale (IA) di Watson è, dunque, in grado di generare ipotesi, interpretare le conclusioni della medicina basata sull’evidenza e implementare la formazione continua in medicina, così contribuendo a ottimizzare le decisioni cliniche assunte dei medici e contribuire in modo sostanziale alla formazione medica di base e specialistica. Watson è stato definito “un consigliere per la diagnosi e la terapia” e la compagnia produttrice ne limita, almeno per il momento, il ruolo a supporto delle decisioni assunte dal medico in base all’elaborazione delle informazioni scientifiche caricate nella “sua” intelligenza.

L’ambulatorio virtuale

Negli anni più recenti l’implementazione dell’IA nella medicina clinica si è mossa lungo due direzioni diverse e parallele. Lungo la prima sono state sviluppate piattaforme sempre più sofisticate tecnologicamente, progettate a rimpiazzare il ragionamento clinico del medico, elaborando i dati raccolti dal medico e caricati, secondo il modello Watson, dentro sistemi sempre più perfezionati. Nessuno nega il progresso derivato dall’impiego di più o meno complessi sistemi di IA nella trasmissione a distanza ed elaborazione di dati clinici. Basti pensare alla trasmissione in tempo reale di un elettrocardiogramma o di una tomografia assiale computerizzata dell’encefalo da una sede disagiata (piccole isole, aree rurali distanti da centri urbanizzati) e non servita da strutture adeguate a un centro di riferimento specialistico.

Fino a pochi mesi fa tali sistemi erano limitati a poche, definite e specifiche situazioni di urgenza e necessità ma, all’inizio del 2020 e in pochi giorni, la “mano invisibile” del COVID-19 [1, 2] ha radicalmente mutato la prospettiva della relazione clinica fra una persona con un problema di salute, il suo medico e la struttura di diagnosi e cura. Da questo è derivata la necessità di rivoluzionare il progetto didattico destinato agli studenti di medicina e ai medici in formazione specialistica, con la progettazione e la strutturazione di modelli formativi finalizzati a promuovere l’abilità di esercitare la medicina clinica a distanza [3]. Utilizzando modelli già attivati in tempi precedenti all’irrompere della pandemia e grazie a strumenti tecnologici sempre più avanzati, è fiorita una letteratura specifica ed è stata fondata una rivista dedicata (Telemedicine and e-Health).

Un modello di televisita, destinato anche agli studenti e ai medici in formazione specialistica e utilizzabile anche per discussioni cliniche multidisciplinari, è delineato compiutamente in un lavoro apparso nelle prime settimane di pandemia con prospettive di applicazione a pandemia attenuata e, sperabilmente, esaurita [4]. Gli autori hanno adattato la nota piattaforma Zoom alle esigenze cliniche e formative, coinvolgendo un medico, altre figure professionali (infermieri), una sala d’attesa virtuale ospitante studenti o specializzandi e/o il gruppo multidisciplinare di specialisti, secondo una procedura già prefigurata nel 2018 nel Regno Unito dal Royal College of Physicians nel documento Outpatient: the future [28]. L’esigenza di definire percorsi metodologici utili ad attuare questa innovativa e, per certi aspetti, anomala procedura atta a prendersi cura di un problema di salute, era da tempo avvertita e diversi studi sono stati dedicati a comprendere e definire le criticità nell’implementazione di modelli di e-health [5, 6], a favorire il superamento di barriere e facilitare l’implementazione della consultazione specialistica telematica dopo l’irrompere della pandemia [7].

La televisita in endocrinologia

È a tutti noto che i disordini endocrini sono estremamente diffusi in tutto il mondo e che la loro prevalenza e incidenza sono frequentemente sottostimate, specialmente nei frequenti casi di espressione preclinica/subclinica e in assenza di uno specifico fenotipo. Oltre alla pandemica diffusione di patologie strettamente dipendenti dallo stile di vita quali l’obesità, il diabete e la conseguente diabesity, i disordini tiroidei sono certamente i più diffusi disordini del sistema endocrino [8].

Da diversi anni l’esperienza empirica ha provato a fornire risposte alla domanda di salute utilizzando la consultazione elettronica (eConsult), grazie allo sviluppo di tecnologie avanzate, ma senza il supporto di studi scientificamente validati sulle barriere e sulle facilitazioni all’implementazione di tale modello. Ben prima dell’esplosione della pandemia, tale esigenza era stata coperta da uno studio metodologicamente appropriato (scoping review), che aveva identificato in alcuni superabili problemi (il sovraccarico di lavoro, la tutela della privacy e, soprattutto, l’assenza di previsione di rimborsi) le maggiori barriere all’implementazione del sistema i cui elementi facilitanti (facilitators) erano identificati principalmente nel superamento delle distanze da sedi disagiate, dei problemi medico-legali e, soprattutto, del coinvolgimento di figure professionali non-mediche nel processo [9], come anche prefigurato dal modello precedentemente proposto dal Royal College of Physicians [29].

La pandemia da COVID-19 ha accelerato, a causa delle oggettive necessità di contenimento della circolazione del virus e della frequente riluttanza dei pazienti a sottoporsi a controlli negli ospedali o in altre strutture di diagnosi e cura, l’adozione delle procedure ambulatoriali da remoto che, come vedremo, hanno in buona misura soddisfatto la domanda di salute. Le consultazioni da remoto (telefoniche, via WhatsApp o e-mail, in videoconferenza) hanno certamente contribuito a limitare la circolazione delle persone e del virus e, nel contempo, sono risultate economicamente meno onerose per il servizio pubblico rispetto alla visita specialistica in presenza (già identificata con il curioso acronimo F2F, face-to-face), col rischio non remoto che i servizi sanitari, pubblico e privato, decidano di privilegiarne l’utilizzo. Gli indubbi vantaggi finanziari per le aziende sanitarie, offerti dalla televisita, ne hanno incoraggiato l’uso anche dopo l’attenuazione della circolazione del virus, con il rischio oggettivo di adozione più ampia e per tempi indeterminati per molte condizioni patologiche endocrine. Presumibilmente molti pazienti nei quali è già stata posta la diagnosi e iniziato il trattamento, potranno adeguatamente giovarsi del contatto telematico con lo specialista.

Ma che cosa potrà accadere in uno scenario futuro, libero dal virus, ma condizionato da una convenienza economico-finanziaria e organizzativa, nelle circostanze in cui il problema di salute di pertinenza endocrina non sia già noto né al medico né al paziente, o nel caso non infrequente di un’emergenza endocrina? Queste ultime, che richiedono un contatto fisico in ambiente adeguatamente protetto e attrezzato, includono la crisi surrenalica, l’iponatriemia, l’ipocalcemia e l’ipercalcemia, l’apoplessia ipofisaria, condizioni generalmente rare, ma anche le più frequenti tireotossicosi gravi, le complicazioni acute durante i trattamenti per l’orbitopatia basedowiana (Graves’ orbitopathy, GO) severa, il cancro tiroideo avanzato in progressione, per tacere di condizioni morbose croniche ed evolutive quali il Cushing e l’acromegalia, anche stabile.

Esperienze di televisita dalla letteratura endocrinologica

Durante la pandemia da COVID-19, numerose sono state le esperienze di varie forme di televisita da parte di tutte le comunità endocrinologiche mondiali.

Un recente studio eseguito in un centro italiano di III livello ha confrontato le visite in presenza (F2F) e da remoto (eseguite per via telefonica o via e-mail) in pazienti ambulatoriali con patologia endocrina nota, seguiti in follow-up [10]. Tutti i pazienti erano stati contattati inizialmente per telefono per concordare la modalità di visita da eseguirsi. Lo studio ha dimostrato che: 1) la percentuale di annullamento di visita mediante questa procedura è andata progressivamente riducendosi, rispetto alle prime settimane di pandemia; 2) la maggior parte dei pazienti ha ottenuto una risposta clinica secondo quanto previsto dal follow-up; 3) le visite F2F sono state eseguite prevalentemente su pazienti giovani, mentre i pazienti anziani hanno preferenzialmente eseguito televisite, ma il risultato delle visite è stato simile nei due gruppi con le procedure diverse e la modalità da remoto è risultata efficace anche in pazienti con insufficienza surrenalica. Peraltro, l’utilità della televisita per la prevenzione della crisi surrenalica in pazienti con iposurrenalismo era già stata precedentemente affermata dalle raccomandazioni di pratica clinica della gestione dell’insufficienza surrenalica durante pandemia da COVID-19, pubblicate nel 2020 [11], e tale procedura è stata anche raccomandata per il follow-up dei tumori ipofisari non necessitanti di chirurgia durante la stessa pandemia [12, 13].

A tale proposito, è stato dimostrato che, in pazienti con acromegalia stabile in follow-up, la modalità di televisita presenta un elevato grado di soddisfazione da parte sia dei pazienti che dei sanitari, in termini di comodità, risparmio di tempo e di risorse economiche [13, 14]. Tuttavia, nello studio di Naves e collaboratori [14], la scelta da parte dei pazienti di proseguire con televisita si è contratta dopo i primi 6 mesi, perlopiù in relazione alle barriere tecnologiche e alle difficoltà riscontrate, peraltro, anche dai sanitari coinvolti nello studio.

L’esperienza della televisita è stata anche studiata in pazienti con ipogonadismo maschile in terapia sostitutiva, sia prima che durante la pandemia da COVID-19 [15]. Anche in tale contesto sono stati rilevati numerosi benefici di tale procedura (maggior possibilità di accesso alle cure per pazienti residenti in aree disagiate, miglior flessibilità delle visite, minori costi), sebbene siano stati evidenziati importanti limiti (mancanza dell’esame clinico fisico, barriere tecnologiche), responsabili della ridotta soddisfazione in una percentuale rilevante di pazienti.

Proprio durante il picco della pandemia un gruppo di autori italiani con definita esperienza nel campo ha analizzato i problemi della gestione da remoto dei pazienti con ipertiroidismo da morbo di Graves-Basedow e con orbitopatia basedowiana (GO) [16], ribadendo l’utilità della procedura ai fini del controllo della circolazione del virus e evidenziando, al tempo stesso, i rischi connessi alla terapia della GO grave anche per la mancanza di linee guida codificate per quel modello organizzativo. Anzi, le più recenti linee-guida si basano fortemente sulla valutazione clinica diretta del coinvolgimento oculare per definire severità e tipologia di trattamento da attuare, sempre nel rispetto della preferenza del paziente adeguatamente e completamente informato dei pro e contro dei diversi trattamenti [17, 18] Un recente studio europeo ha sottolineato l’utilità di servizi da remoto per l’ipertiroidismo in trattamento prolungato con antitiroidei di sintesi, l’ipotiroidismo in trattamento cronico con L-tiroxina, nei pazienti in fase di monitoraggio della evoluzione dello stato tiroideo dopo trattamento con radioiodio per l’ipertiroidismo [19]. Uno studio americano ha suggerito che la “visita” del paziente ipertiroideo (o supposto tale) attraverso la telemedicina possa fornire gran parte delle informazioni ricavabili dall’esame fisico in presenza [20]. Se, da un lato, concordiamo con il fatto che il monitoraggio della prolungata terapia dell’ipertiroidismo basedowiano e il suo aggiustamento possano essere fatti nelle diverse modalità delle telemedicina, dall’altro riteniamo che il paziente basedowiano, soprattutto nel momento della diagnosi, nelle situazioni di instabilità dello stato tiroideo, quando cioè si debba consigliare una terapia definitiva dell’ipertiroidismo, in caso di modificazioni della GO, debba essere, in corso di pandemia, ma anche dopo la sua auspicata fine, essere visto face-to-face. Non è possibile valutare (in assenza di un gozzo visibile) le dimensioni della tiroide, la presenza o assenza di soffio vascolare sulla ghiandola, la presenza di piccoli noduli, di lievi alterazioni oculari, inclusi i disturbi della motilità oculare, misurare l’esoftalmometria! Il discorso è ancora più complesso, in termini di telemedicina, per i pazienti con GO moderata-grave e attiva che devono eseguire il trattamento con glucocorticoidi per via endovenosa o altri immunosoppressori, se non rimandabile anche in vista della esecuzione o del completamento del ciclo vaccinale, solo in strutture ospedaliere.

Il monitoraggio della terapia sostitutiva con L-tiroxina è certamente più semplice, ma solo in apparenza. Ogni periodo di 6 mesi di iper- o ipodosaggio del farmaco si accompagna a un aumento del 10% del rischio cardiovascolare [21]. Il ritardo nell’effettuazione dei controlli in periodi di pandemia è stato associato a un aumento del rischio del 132% di trovare, poi, un valore del TSH circolante >10 mU/l nel momento in cui è stato possibile effettuare il controllo [21]. È evidente che la televisita possa essere considerata, in tempo di pandemia, uno strumento efficace per consentire il controllo puntuale della adeguatezza della terapia sostitutiva. Questo modello potrà essere utilizzato ampiamente anche successivamente, riducendo l’afflusso alle strutture ospedaliere in presenza di molti pazienti che possono essere seguiti sul territorio, pur rimanendo necessario il coordinamento con le strutture ospedaliere di riferimento all’interno di una rete integrata. Per quel che riguarda il cancro della tiroide, in una recente rassegna focalizzata sulla oncologia al tempo del COVID-19, si è sottolineato come l’American College of Surgeons abbia raccomandato di minimizzare, posporre, cancellare chirurgie elettive e altre procedure invasive finché le strutture sanitarie non siano in grado di sopportare l’aumentata richiesta di pazienti critici posta da COVID-19 [22]. Solo il tempo potrà stabilire l’impatto di questi ritardi sull’andamento della malattia neoplastica tiroidea. Molti pazienti che sono in prolungato follow-up dopo chirurgia (con o senza ablazione radiometabolica) e in trattamento sostitutivo con L-tiroxina possono essere seguiti, dal centro di riferimento per il cancro della tiroide, mediante telemedicina all’interno del team multidisciplinare, pur rimanendo necessaria, a nostro avviso, una periodica rivalutazione collegiale in presenza. I pazienti con malattia persistente o in progressione, invece, non possono prescindere da una frequente valutazione interdisciplinare face-to-face.

Televisita e formazione telematica: la prospettiva dei millennials

Uno specializzando di Medicina Interna all’Università di San Diego-La Jolla, California, definisce la pandemia come il catalizzatore dell’innovazione nella formazione medica [23] e pone l’accento sulla reale prospettiva che la formazione telematica, finalizzata anche e specialmente all’acquisizione di abilità cliniche nella e-Health, possa diventare prevalente se non esclusiva, pur riconoscendo l’esistenza dei ben noti limiti di tali procedure (assenza o limitazione dell’interazione personale coi docenti e soprattutto col paziente, calo dell’attenzione). Al di là di queste ovvie limitanti, l’autore prefigura, nel futuro prossimo, un modello ibrido che includa l’adozione di procedure telematiche di formazione e di erogazioni di prestazioni cliniche, assieme a quelle storicamente esistenti. Non è, tuttavia, a nostro avviso, ipotizzabile che la formazione possa prescindere da una profonda conoscenza della semeiotica fisica e strumentale e dal contatto quotidiano che lo studente o il medico in formazione deve avere pazienti e tutor.

Le insidie del mercato

Intelligenza artificiale, e-Health, formazione e formazione continua basate sulle tecnologie informatiche avanzate sono, da qualche tempo, oggetto di letteratura tecnico-scientifica; un recente articolo [24] rivela lo scopo precipuo dello sviluppo crescente di startup basate sull’IA e e-Health. L’articolo identifica gli emergenti modelli archetipici di business, lanciati dalle imprese sul virtuale marketplace, e ne suggerisce modelli di progettazione finalizzata, in prima istanza, al profitto, principale obiettivo dell’impresa.

La più importante industria mondiale produttrice di steto-fonendoscopi ha lanciato, già dall’inizio del 2021, in piena pandemia, uno stetoscopio digitale connesso, tramite Bluetooth, a un’App-software sviluppata da altra azienda leader nell’innovazione digitale [30]. L’App consente di attivare un’auscultazione digitale amplificata e ripulita dai rumori di fondo, archiviabile e riascoltabile anche a fini di valutazione e rivalutazione. I produttori ne sottolineano la possibilità di utilizzo in assenza del medico da parte di un qualunque operatore sanitario, anche privo di una specifica qualifica, che si faccia intermediario fra il paziente a domicilio, in una qualunque struttura e il medico a distanza. Tuttavia, questo indubbio sviluppo tecnologico confligge con un approccio olistico al paziente, che deve essere visitato completamente e approfonditamente.

Conclusioni

Nel novembre 2021, Kaspersky, azienda leader nella protezione dalla criminalità informatica, ha pubblicato online l’esito di un articolato studio commissionato a una qualificata organizzazione di ricerca specifica [31] in 34 paesi del Nord America, Europa, Medio Oriente, Area Pacifico-Asiatica, America Latina, Russia ed ex URSS (CIS), e condotto portando a termine 170 interviste, metodologicamente rappresentative dell’opinione dei responsabili politico-organizzatici e professionali sanitari della salute (inclusa la telehealth), riguardo all’implementazione e allo sviluppo strategico di nuove tecnologie e della transizione digitale. Il messaggio finale può essere così sintetizzato: oltre il 90% degli intervistati ha dichiarato di avere implementato la teleheath e la maggioranza di essi l’ha utilizzata dopo lo scoppio della pandemia. Più della metà dei gestori delle piattaforme hanno rilevato una scarsa adesione dei pazienti, specialmente per la reticenza alla diffusione dei propri dati personali. Un terzo dei provider ha rilevato l’inadeguatezza dei propri clinici nell’interpretazione dei dati dei pazienti in televisita ma, soprattutto, oltre un terzo dei medici intervistati (37%) concorda sulla possibilità che, nei prossimi vent’anni, le tecnologie rimpiazzeranno il medico nella diagnosi e nella cura.

Non si vuole qui negare l’ormai evidente e fondamentale apporto della tecnologia al miglioramento della tutela della salute, ma ci si domanda quale potrà essere il futuro della medicina clinica nello scenario che si va prefigurando.

Complessivamente, infatti, le diverse procedure di visita clinica da remoto sono risultate di grande utilità ed efficacia durante la pandemia, mettendo in luce indubbi vantaggi, ma hanno anche evidenziato limiti in alcuni casi difficili da superare, quali la mancanza di esame fisico del paziente, l’impossibilità di un efficace training per la somministrazione di terapie domiciliari o di somministrare terapie che necessitano l’interazione con il personale sanitario. Altri limiti attuali, probabilmente superabili in futuro, sono inoltre le barriere tecnologiche, la gestione della sicurezza dei dati, le problematiche medico-legali e le modalità di rimborso o pagamento di questa nuova prestazione sanitaria. Il modello organizzativo della televisita dovrà pertanto affrontare importanti sfide per arrivare ad ottimizzare l’utilizzo di questa procedura.