Commento a:

STEP 1 Study Group. Once-weekly semaglutide in adults with overweight or obesity.

J.P. Wilding, R.L. Batterham, S. Calanna, M. Davies, L.F. Van Gaal, I. Lingvay, B.M. McGowan, J. Rosenstock, M.T. Tran, T.A. Wadden, S. Wharton, K. Yokote, N. Zeuthen, R.F. Kushner.

N Eng J Med (2021) 384(11):989

L’aumento di prevalenza di obesità nel mondo rende sempre più urgente la necessità di terapie sicure ed efficaci indirizzate alla perdita di peso e alla riduzione del rischio cardiovascolare.

Recenti metanalisi sui farmaci approvati per il trattamento dell’obesità hanno mostrato un’efficacia in termini di riduzione percentuale del peso corporeo dopo 12 mesi di trattamento corretto per il placebo del 2,9% per orlistat, del 4,0% per naltrexone/bupropione e del 5,4% per liraglutide, risultati piuttosto modesti se paragonati a quelli ottenuti dalla chirurgia bariatrica (per la sleeve gastrectomy, l’intervento più diffuso, i risultati variano tra il 20 e il 30%) che, peraltro, garantisce effetti più duraturi nel tempo e una più alta percentuale di remissione di diabete mellito tipo 2 [1].

I risultati dello studio STEP 1, pubblicati di recente sul New England Journal of Medicine, rappresentano un nuovo incoraggiante “passo” verso il futuro del controllo del peso corporeo. Lo studio, un trial clinico multicentrico, randomizzato, in doppio-cieco, ha coinvolto 1961 partecipanti che sono stati assegnati, in un rapporto 2:1, a ricevere una somministrazione sottocutanea settimanale di 2.4 mg dell’agonista del recettore di GLP1 (GLP1-RA) semaglutide o placebo per 68 settimane. Entrambi i gruppi hanno ricevuto un intervento sullo stile di vita.

La perdita di peso percentuale media dal baseline è stata di \(-14{,}9\%\) per il gruppo semaglutide e del \(-2{,}4\%\) per il gruppo placebo; dunque, una differenza di \(-12{,}4\) punti percentuali a favore di semaglutide.

Inoltre, circa un terzo dei pazienti trattati con semaglutide ha raggiunto addirittura una perdita di peso del 20%, avvicinandosi dunque ai risultati ottenuti dalla chirurgia bariatrica. Contestualmente, i pazienti che hanno ricevuto semaglutide hanno mostrato un miglioramento dei fattori di rischio cardiometabolico (in particolare, un miglior controllo della pressione arteriosa) e anche un incremento nella funzionalità fisica ai questionari di auto-valutazione.

I più comuni eventi avversi sono stati nausea e diarrea, tipicamente transitori e di entità lieve-moderata; tuttavia, una quota maggiore di partecipanti assegnati al gruppo semaglutide rispetto al gruppo placebo ha interrotto precocemente il trattamento (4,5 vs 0,5%).

Volendo imitare i complessi effetti fisiologici indotti dalla chirurgia bariatrica, in particolare sull’asse entero-insulare, una parte consistente della ricerca farmacologica sta volgendo con interesse lo sguardo verso le terapie d’associazione [2]. In questo senso sono promettenti i risultati del trial di fase 1b di co-somministrazione di cagrilintide (un analogo a lunga emivita dell’amilina, un ormone pancreatico co-secreto con l’insulina con effetto glucoregolatorio) a diversi dosaggi con semaglutide 2,4 mg, senza intervento sullo stile di vita. Lo studio, che si proponeva di valutare come outcome primari gli effetti avversi e la tollerabilità dell’associazione farmacologica, ha mostrato una considerevole perdita di peso di \(-15{,}4\%\) rispetto al baseline dopo sole 20 settimane nei pazienti sottoposti a trattamento con cagrilintide 4,5 mg associato a semaglutide 2,4 mg, rispetto al \(-8{,}0\%\) ottenuto dai pazienti trattati con la sola semaglutide, a fronte di una comparabile frequenza di effetti avversi (prevalentemente nausea e vomito, di entità lieve-moderata, con una frequenza comparabile con quella dei precedenti studi sui GLP1-RA) [3].

Questi dati supportano lo sviluppo di nuovi farmaci di combinazione nella terapia dell’obesità e lo studio STEP1 ha confermato che la semaglutide sarà la gamba portante in questo passo verso il futuro.