Introduzione

Le neoplasie neuroendocrine (NEN) sono un gruppo eterogeneo di tumori che possono insorgere sporadicamente oppure manifestarsi nel contesto di sindromi ereditarie quali la sindrome neoplastica multiendocrina di tipo 1 (MEN1), la sindrome neoplastica multiendocrina di tipo 2 (MEN2), nelle varianti MEN2A e MEN2B, la sindrome neoplastica multiendocrina di tipo 4 (MEN4), la malattia di Von Hippel-Lindau (VHL) e la Neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) [1]. Circa il 20% delle NEN risulta associato a una sindrome genetica [1]. Alcune sindromi neoplastiche multiendocrine, come le MEN, sono caratterizzate da mutazioni germinali con ereditarietà autosomica dominante, un second hit somatico porta alla perdita dell’altro allele e alla formazione delle forme tumorali associate a queste sindromi. L’origine genetica di questi tumori ne influenza considerevolmente molteplici aspetti della storia naturale, della diagnosi e del follow-up [2, 3]. L’elevata espressione dei recettori della somatostatina (SSTR), tipica delle NEN ben differenziate, è ancora più marcata nelle forme genetiche. Analogamente alle forme sporadiche, gli analoghi della somatostatina (SSA) (octreotide o lanreotide) sono considerati il trattamento di prima linea in queste forme, quando non resecabili chirurgicamente o metastatiche.

Lo scopo di questa rassegna è valutare i dati di efficacia e tollerabilità della terapia con SSA nei pazienti affetti da NEN associate a sindromi neoplastiche multi-endocrine ereditarie.

Le sindromi neoplastiche multiendocrine ereditarie associate allo sviluppo di neoplasie neuroendocrine

MEN1

La MEN1 è una sindrome tumorale ereditaria a trasmissione autosomica dominante, che si associa allo sviluppo di iperparatiroidismo da neoplasie paratiroidee (adenomi benigni delle paratiroidi, iperplasia paratiroidea o, più raramente, carcinoma paratiroideo) in >90% dei casi, adenomi ipofisari, funzionanti o non funzionanti nel 50% dei casi, tumori neuroendocrini prevalentemente pancreatici (panNET) [4, 5]. A differenza dei panNET sporadici, i panNET correlati alla MEN1 insorgono a un’età più precoce, sono multifocali e sempre caratterizzati da una morfologia ben differenziata e un grado biologico basso-intermedio (G1-G2). Possono essere inoltre funzionanti (gastrinomi, insulinomi, glucagonomi e VIPomi) o non funzionanti [4, 6]. I pazienti affetti da MEN1 possono sviluppare altri tipi di neoplasie endocrine e neuroendocrine (ad esempio carcinoidi bronchiali e timici e NET gastrici).

L’incidenza di MEN1 è stimata in 1:30.000, la prevalenza di 2–3 casi su 100.000 abitanti [5]. La sindrome MEN1 è causata da mutazioni germinali del gene oncosoppressore MEN1, ereditate nel 90% dei casi e de novo nel 10%.

Lo screening è raccomandato per tutti i pazienti con storia familiare di sindrome MEN1. Secondo le linee guida del 2012 [4], l’analisi mutazionale del gene MEN1 deve essere eseguita nei casi indice, ovvero pazienti che presentino due o più tumori endocrini potenzialmente associati alla MEN1, parenti di primo grado di un portatore di una mutazione del gene MEN1 e, infine, in pazienti con MEN1 sospetta o atipica. Quando possibile, questo test dovrebbe essere effettuato nella prima decade di vita e già prima dei 5 anni.

MEN2

La MEN2 è una sindrome ereditaria che si trasmette con un pattern autosomico dominante. La MEN2 si associa all’insorgenza del carcinoma midollare della tiroide (MTC) nel 100% dei casi, in combinazione o meno con feocromocitoma (FEO) (in circa il 50% dei casi), adenoma/iperplasia paratiroidea con conseguente iperparatiroidismo (in meno del 25%) e patologie non endocrine (habitus marfanoide, neuromi della mucosa) [5, 7].

La MEN2 include due forme clinicamente distinte, la MEN2A, che è il sottotipo più comune (90% dei casi) e la MEN2B (10% dei casi di MEN2). Sia MEN2A che MEN2B hanno un rischio aumentato di FEO, mentre la MEN2A si associa a un rischio aumentato di adenoma o iperplasia paratiroidea. Inoltre, la MEN2A è ulteriormente sottoclassificata in quattro sottotipi: 1) MEN2A classica; 2) MEN2A associata a lichen amiloidosico cutaneo; 3) MEN2A associata alla malattia di Hirschsprung; e 4) carcinoma midollare della tiroide familiare (FMTC) [5].

Si stima che circa 1 persona su 30.000 sia affetta da MEN2. La quasi totalità dei casi di MEN2 sono causati da mutazioni germinali del protoncogene chiamato REarranged during Transfection (RET), localizzato sul cromosoma 10 (10q11.2).

Ad oggi, è disponibile il test genetico per la determinazione delle mutazioni del gene RET. Tale test genetico è raccomandato per le persone con una storia familiare di FMTC, MEN2A e MEN2B e chiunque abbia una diagnosi di carcinoma midollare della tiroide [8].

MEN4

Negli ultimi anni, è stata identificata una nuova sindrome caratterizzata da neoplasie endocrine multiple, denominata MEN4 [9]. I pazienti affetti da MEN4 presentano uno spettro di manifestazioni cliniche simile alla MEN1, essendo le alterazioni più comuni gli adenomi paratiroidei e ipofisari.

La sindrome MEN4 è causata da mutazioni della linea germinale nel gene CDKN1B, un gene oncosoppressore che codifica per p27Kip1, una proteina che inibisce i complessi ciclina/ciclina chinasi dipendenti, prevenendo così la progressione del ciclo cellulare.

La manifestazione clinica più comune nei pazienti affetti da MEN4 è costituita dall’iperparatiroidismo primario, mentre l’adenoma ipofisario è osservato in circa il 40% dei casi. Infine, i pazienti affetti da MEN4 possono sviluppare altri tipi di neoplasie endocrine e neuroendocrine (ad esempio carcinoidi bronchiali e NET gastrici).

Il follow-up clinico e l’analisi genetica estesa delle famiglie di soggetti positivi alla mutazione di CDKN1B potrebbe essere utile per la valutazione personalizzata del rischio e nella gestione dei pazienti affetti da MEN4.

VHL

La VHL è una condizione ereditaria con un’incidenza di 1 su 36.000 nati vivi e una prevalenza che va da 1:38.000 ad 1:91.000 persone [10]. La VHL si associa con lo sviluppo di tumori benigni e maligni inclusi emangioblastomi della retina e del sistema nervoso centrale, carcinomi renali a cellule chiare (RCC), FEO, panNET e tumori del sacco endolinfatico (ELST).

La sindrome VHL è causata dalla perdita della funzione germinale del gene VHL localizzato sul cromosoma 3p25-26. Esiste una sottoclassificazione della VHL nei tipi 1 e 2. In entrambi i tipi è stata riscontrata un’elevata frequenza di emangioblastomi retinici (51%), emangioblastomi del SNC (46%) e RCC (33%). Invece, le VHL di tipo 2 possono presentare FEO (20%). La prevalenza dei panNET nei pazienti affetti da VHL varia dal 9 al 17%.

L’esame clinico, l’imaging e il test genetico per ricercare mutazioni del gene VHL confermano la presenza della sindrome VHL. Il test genetico viene eseguito quando si sospetta la VHL a causa della presentazione clinica in un paziente o in un parente stretto.

Neurofibromatosi tipo 1

La neurofibromatosi tipo 1 (NF1) o malattia di Von Reklinghausen è una malattia autosomica dominante, con un’incidenza compresa tra 1:2.500 e 1:3.500 individui, che si associa allo sviluppo di neurofibromi, lesioni pigmentarie (macule café-au-lait, lentiggini della pelle e noduli di Lisch), tumori cerebrali, tumori dei nervi periferici e anomalie scheletriche [11]. Inoltre, i pazienti con NF1 sono a maggior rischio di presentare disturbi dell’apprendimento e disabilità intellettive, ma anche di sviluppare neoplasie neuroendocrine come FEO e NET, o non neuroendocrine, come neurofibromi plessiformi intra-addominali (PN), patognomonici della sindrome, rabdomiosarcomi e GIST.

La NF1 è causata da mutazioni patogenetiche del gene NF1, un gene oncosoppressore situato sul cromosoma 17q11.2. La neurofibromina, il prodotto proteico citoplasmatico di questo gene, controlla la proliferazione cellulare attraverso le vie p21, RAS e MAP chinasi ed è espressa in più tessuti [11]. Tuttavia, la diagnosi della NF1 è principalmente clinica e utilizza criteri basati sulla presenza di almeno 2 caratteristiche cliniche patognomoniche.

Analoghi della somatostatina

La somatostatina è un ormone polipeptidico che modula la neurotrasmissione a livello cerebrale e regola la secrezione ormonale a livello dell’ipofisi anteriore, del pancreas e delle cellule del sistema Amine Precursor Uptake and Decarboxylation (APUD). I suoi effetti periferici sono mediati da cinque diversi sottotipi recettoriali (SSTR1, SSTR2, SSTR3, SSTR4, e SSTR5); il tipo 2 comprende due isoforme: SSTR2A e SSTRB. Tali recettori sono altamente espressi da parte dei NET, in particolare SSTR2 e SSTR5 [12]. Il risvolto clinico di questo peculiare aspetto biologico è che il trattamento con SSA rappresenta la prima linea terapeutica nei pazienti affetti da NET metastatici o non operabili di grado G1 e G2 e nei NET funzionanti [13].

Come illustrato nella Figura 1, il razionale per l’utilizzo degli SSA nei pazienti con NET nel contesto delle sindromi geneticamente determinate e, in particolare, della MEN-1, è forte. L’elevata espressione dei SSTRs da parte dei NET consente, inoltre, l’impiego di tecniche di imaging funzionale che utilizzano SSA marcati con isotopi radioattivi, in particolare il gallio, che sono utilizzati nella diagnosi e nella stadiazione dei NET [14]. Inizialmente gli SSA sono stati impiegati nei NET per il controllo delle sindromi da ipersecrezione ormonale, in particolare la sindrome da carcinoide. Infatti, sono in grado di inibire la secrezione di neuropeptidi e amine bioattive da parte dei tumori. Nell’ultimo decennio è diventata evidente la loro efficacia anche come agenti antiproliferativi. I trial PROMID (placebo-controlled, prospective, randomized study in patients with metastatic neuroendocrine midgut tumors) e CLARINET (controlled study of lanreotide antiproliferative response in neuroendocrine tumors) sono due importanti studi clinici che hanno dimostrato l’efficacia degli SSA nel prolungare la sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con GEP-NET [15, 16]. Successivamente, l’efficacia antitumorale degli SSA è stata dimostrata anche nei NET polmonari. L’impiego di SSA ad alte dosi potrebbe rappresentare una strategia terapeutica efficace nei pazienti che mostrano progressione di malattia in corso di terapia con SSA ai dosaggi convenzionali [17, 18].

Fig. 1
figure 1

Meccanismo d’azione degli SSA nei pazienti affetti da MEN-1. AKT, protein-chinasi B; cAMP, adenosina monofosfato ciclico; Erk, Extracellular signal-regulated kinase; Ca2+, calcio; \(K+\), potassio; MEK, mitogen-activated extracellular signal-regulated kinase; PI3K, fosfoinositide 3-chinasi; Src, proto-oncogene tyrosine-protein kinase Src; SSA, analoghi della somatostatina; SSTR, recettori della somatostatina

Analoghi della somatostatina nei NET genetici

Gli SSA come trattamento di scelta in pazienti con NET associati a sindromi genetiche sono poco studiati, per lo più in piccole serie o casi clinici. In gran parte si tratta di pazienti con MEN1 e in minor misura di pazienti con MEN2 e NF1, mentre non sono riportati dati sull’efficacia degli SSA nella MEN4 e nella VHL. In questa analisi sono stati identificati 31 studi, dei quali 19 erano casi clinici, 8 studi prospettici e 4 studi retrospettivi, per un totale di 223 pazienti. I dati relativi a tali studi sono riassunti nella Tabella 1. La maggioranza degli studi identificati riguardano pazienti affetti da MEN1 (83,9%), mentre una piccola percentuale riguarda pazienti affetti da MEN2 (12,9%). Un unico studio riguarda una paziente affetta da NF1 (3,2%). I tumori più frequentemente riscontrati sono i NET del tratto gastrointestinale (pancreas, duodeno e stomaco) (87,1%). In 15 studi (48,4%) è stato incluso almeno un paziente con un NET funzionante. Una piccola percentuale degli studi analizzati, in pazienti affetti da MEN2, riporta gli effetti degli SSA sul MTC (1 studio), FEO (1 studio), o entrambi (2 studi). Nella maggioranza dei casi i tumori sono classificati come tumori ben differenziati di basso grado G1 e G2, secondo la classificazione WHO del 2019 che prevede tre gradi in base alla percentuale di espressione dell’indice Ki-67, un marker di proliferazione cellulare (G1 <2%, G2 ≥3% e ≤20%, G3>20%). Negli studi analizzati nessun paziente presentava un NET di grado G3; tuttavia, in 17 studi l’indice Ki-67 non era riportato. Nella maggior parte dei lavori il farmaco utilizzato era l’octreotide (77,4%), a breve o a lunga durata d’azione. In percentuale minore è stato utilizzato il lanreotide. Da un totale di 223 pazienti studiati, nello specifico 165 affetti da MEN1, 57 da MEN2 e 1 da NF1, i dati sulla risposta tumorale obiettiva sono disponibili per 85 pazienti, tutti affetti da MEN1. In 12/85 (14,1%) pazienti si è osservata una risposta obiettiva, di cui in 8 una risposta parziale e in 4 una risposta completa (CR); in 64 (75,3%) pazienti stabilità di malattia (SD); in 9 (10,6%) si è osservata una progressione di malattia (PD).

Tabella 1 Analoghi della somatostatina e sindromi genetiche: caratteristiche degli studi, caratteristiche dei pazienti, trattamento effettuato e risposta tumorale. MEN, Multiple Endocrine Neoplasia; gg, giorno; NS, non specificato; ND, non disponibile; CR, complete response; PR, partial response; SD, stable disease; PD, progressive disease

Da questa rassegna emerge che la terapia con SSA nei pazienti con NET associati a MEN1 porta a un controllo di malattia (SD+PR+CR) nell’89,4% dei casi. Infine, riguardo gli eventi avversi, in 5 studi i pazienti inclusi non hanno presentato nessun effetto collaterale in relazione al trattamento con SSA, mentre in 9 studi sono stati descritti effetti collaterali in linea con i dati disponibili in letteratura per il trattamento con questi farmaci nei NET sporadici. Le principali tossicità sono state lo sviluppo di calcolosi della colecisti (in 14 pazienti), il dolore nel sito di iniezione (in 8 dei pazienti trattati), la diarrea (in 5 casi), la nausea (in 4 pazienti), il meteorismo e il dolore addominale (3 pazienti per entrambi i sintomi) e, infine, alterazione della glicemia in 4 casi, che in 3 casi ha determinato l’insorgenza di diabete mellito. Solo in 3 casi (1,3%) l’insorgenza dell’evento avverso ha determinato l’interruzione del trattamento. Purtroppo, il dato relativo agli effetti collaterali al trattamento con SSA è mancante in 17 studi. di cui in 8 una risposta parziale e in 4 una risposta completa Il trattamento di prima linea dei NET nella MEN1 è la chirurgia. Nei pazienti con MEN1 e NET non funzionanti <20 mm, non è attualmente raccomandato l’intervento chirurgico né un trattamento medico, tranne nei casi di crescita tumorale >0,5 cm per anno o presenza di sindromi endocrine [4]. Il primo studio retrospettivo che ha analizzato gli effetti antiproliferativi degli SSA nei pazienti con MEN1 ha preso in esame 20 pazienti con uno o più NET duodeno-pancreatici di dimensioni <20 mm che sono stati trattati con octreotide 30 mg ogni 28 giorni. Una risposta obiettiva è stata osservata nel 10% dei casi, stabilità di malattia nell’80% e progressione di malattia nel 10% [19]. In un successivo studio osservazionale prospettico, tali dati sono stati confermati: 23 pazienti con MEN1 e panNET trattati con lanreotide 120 mg ogni 28 giorni sono stati comparati a 19 pazienti in sorveglianza attiva. La mediana della sopravvivenza libera da progressione è stata significativamente più lunga nel gruppo trattato con lanreotide rispetto al gruppo in sorveglianza attiva, mediana non raggiunta vs mediana di 40 mesi, (\(p\) <0,001). Nel gruppo trattato con lanreotide, 4 pazienti hanno mostrato una risposta tumorale obiettiva, 15 pazienti hanno mostrato una stabilità di malattia, mentre 4 hanno mostrato una progressione tumorale. Nel gruppo in sorveglianza attiva, 13 pazienti hanno mostrato una progressione di malattia, mentre 6 hanno mostrato stabilità di malattia [20].

Pertanto, gli SSA sembrano assicurare una lunga stabilità di malattia nei panNET di piccole dimensioni associati a MEN1, prevenendo il progressivo accrescimento numerico e dimensionale dei tumori e controllando e prevenendo le sindromi endocrine associate. In due studi è stato rilevato come l’utilizzo di octreotide acetato e di lanreotide abbia determinato una risposta completa del tumore in pazienti affetti da MEN1 con la totale regressione della neoplasia in quattro pazienti [21, 22]. Invece, nelle NEN associate a MEN2, NF1 e VHL i dati sull’efficacia degli SSA derivano interamente da case reports o nel caso della MEN2 possono essere estratti da studi condotti su popolazioni comprendenti FEO e MTC sporadici. In questa rassegna della letteratura emerge che il trattamento con SSA è un’opzione valida per la terapia dei pazienti affetti da NEN associati a sindromi neoplastiche multi-endocrine ereditarie che non sono candidabili a intervento chirurgico, mentre un utilizzo precoce è suggerito nei pazienti con panNET associati a MEN1. Tuttavia, studi prospettici disegnati per questa particolare popolazione di NEN sono necessari al fine di poter trarre conclusioni definitive sull’impatto di questi farmaci sulla storia naturale delle NEN genetiche.