Introduzione

Scopo dei programmi di screening per il cancro non è quello di diagnosticare tutte le neoplasie maligne, ma di identificare quelle clinicamente rilevanti e potenzialmente fatali. L’obiettivo generale deve essere la riduzione della mortalità dovuta al cancro. Altri indicatori surrogati possono essere ingannevoli. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito dei criteri: il carcinoma oggetto di screening deve essere frequente; gli strumenti diagnostici devono essere cost-effective; diagnosi, trattamento e follow-up devono essere efficaci; i benefici devono superare i rischi; infine, un’alta percentuale dei pazienti deve presentarsi in stadio avanzato.

Le ultime due condizioni non trovano riscontro nel carcinoma differenziato della tiroide (CDT): l’esperienza degli screening di popolazione ha dimostrato che programmi di screening ecografico portano a svelare un elevato numero di microcarcinomi probabilmente indolenti, senza nessun impatto sull’outcome finale dei pazienti. In Sud Corea, teatro di programmi di screening su vasta scala fra il 1999 e 2008, l’incidenza di CDT è aumentata di 6,4 volte [1], mentre la mortalità correlata è rimasta stabile.

Per tali motivi, la US Preventive Services Task Force si è espressa contro lo screening per CDT negli adulti asintomatici, poiché i danni (Tabella 1) sarebbero maggiori di ogni possibile beneficio [2].

Tabella 1 Potenziali danni derivanti dalla diagnosi e dal trattamento dei carcinomi tiroidei

Popolazioni speciali

La raccomandazione esclude specifiche popolazioni “a rischio”: pazienti esposti a radiazioni ionizzanti per uso medico diagnostico o terapeutico; popolazioni esposte a fallout radioattivo (es. Chernobyl, Fukushima); individui esposti a radiazioni per motivi professionali; familiarità per CDT; sindromi genetiche che comprendano anche il CDT (PTEN hamartoma tumor syndrome, complesso di Carney, sindrome DICER1, di Werner, di Birt-Hogg-Dubé). Tuttavia, anche in queste popolazioni le evidenze disponibili non sono in grado di documentare un vantaggio certo dei programmi di screening ecografico [3]. Ad oggi, pertanto, programmi di questo tipo dovrebbero essere proposti soltanto in un contesto di ricerca clinica.

Al contrario, lo screening basato sull’esame clinico (palpazione) può essere effettuato con beneficio, poiché è in grado di identificare soltanto lesioni clinicamente significative.

Nei due sessi

È comunemente riportato che il rischio di noduli sia maggiore nelle donne che negli uomini. Ciò sembra essere confermato anche nelle bambine dai 10 anni in su, quindi verosimilmente dall’età della pubertà [4], suggerendo un ruolo degli estrogeni nello sviluppo dei noduli tiroidei. Tuttavia, nei pazienti con nodulo tiroideo il rischio relativo di malignità non è maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Al contrario, in uno studio di registro danese, varie patologie tiroidee (tiroidite autoimmune, ipertiroidismo, gozzo semplice o multinodulare, adenoma), eccetto l’ipotiroidismo, hanno dimostrato uno standardized incidence ratio (SIRs) per CDT significativamente elevato e maggiore negli uomini rispetto alle donne [5].

È anche noto che gli uomini presentino carcinomi di stadio più avanzato alla diagnosi: questo può essere spiegato dall’assenza di quella quota di carcinomi a basso rischio non svelati dall’uso sistematico dell’ecografia tiroidea. Esistono evidenze indirette a supporto di tale ipotesi: negli Stati Uniti, l’incidenza di CDT, di carcinoma papillare o di microcarcinoma papillare è associata all’uso dell’ecografia come metodica diagnostica; a sua volta, il sesso femminile è associato all’uso dell’ecografia tiroidea [6].

È ormai acclarato che lo screening ecografico della tiroide non debba essere proposto ai pazienti adulti asintomatici. Anche nelle popolazioni potenzialmente a rischio, la possibilità di un eccesso di diagnosi di noduli tiroidei benigni o carcinomi a bassissimo rischio è una potenziale fonte di danni. La scoperta di questi reperti ha conseguenze rilevanti per il paziente: quelle legate alle complicanze dell’intervento chirurgico (Tabella 1), la necessità di una terapia sostitutiva con ormone tiroideo.

Molti autori hanno in questi anni suggerito a tal fine di “spegnere gli ecografi”. Noi al contrario suggeriamo di mantenerli accesi, ma di farne un uso diverso: non per pescare nel grande mare dei noduli tiroidei clinicamente silenti, ma per stratificare accuratamente il rischio di malignità di quei noduli riscontrati clinicamente o a seguito di esami effettuati per altri motivi. Selezionare accuratamente i noduli che hanno necessità di ulteriori approfondimenti permette di evitare un grande numero di agoaspirati e di proporre programmi di sorveglianza attiva per piccoli noduli, ecograficamente o citologicamente sospetti per CDT.