Introduzione

Storicamente, il testosterone (T) è stato considerato un ormone dannoso per la prostata in uomini di mezza età o anziani. Infatti, esso è stato a lungo considerato coinvolto nel processo patogenetico alla base dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB) e del carcinoma della prostata (CaP). Sebbene il tessuto prostatico sia indubbiamente responsivo agli androgeni, il ruolo della stimolazione androgenica nello sviluppo e nella progressione dell’IPB o del CaP è basato su evidenze scientifiche tutt’altro che solide. Il fisiologico graduale e lento calo dei livelli endogeni di T a partire dai 40 anni mette ulteriormente in dubbio questa relazione causale. Infatti, entrambe le patologie vedono incrementare sostanzialmente la loro incidenza dopo i 50 anni essendo invece rare prima dei 40 anni.

Nonostante il ruolo patogenetico del T nell’IPB e nel CaP sia sempre più spesso messo in discussione, l’utilizzo della terapia sostitutiva con T (TST) ha ancora restrizioni di utilizzo in pazienti con patologia prostatica, essendo sconsigliata dalle linee guida in uomini con IPB e gravi sintomi del basso tratto urinario (lower urinary tract symptoms, LUTS) e in coloro che hanno sospetta o nota diagnosi di CaP [1, 2]. Sebbene le raccomandazioni delle linee guida siano restrittive rispetto a questi due punti, è bene che il clinico abbia la percezione del rischio in base alle evidenze presenti. Scopo di questo articolo è quindi quello di dare una prospettiva sui principali risultati riguardo la TST in soggetti con IPB o CaP.

Terapia sostitutiva con testosterone e IPB

La maggior parte degli studi ha considerato l’esito clinico di maggiore interesse riguardo all’IPB, ovvero l’entità dei LUTS, ma in alcuni casi sono stati misurati anche i parametri uroflussimetrici e il volume della prostata. Gli studi osservazionali che hanno valutato le conseguenze della TST sui LUTS in soggetti ipogonadici rispetto a prima dell’inizio della terapia riportano risultati che vanno da nessuna variazione a un significativo miglioramento di questi (Fig. 1). La meta-analisi di tali studi (revisionati in maggiore dettaglio in [3]) mostra che l’effetto globale è quello di una riduzione significativa nei sintomi urinari valutati tramite il questionario International Prostatic Symptoms Score (IPSS) sul quale si osserva una riduzione media di circa 5 punti (Fig. 1) dopo un follow-up medio di 2 anni, che varia negli studi da un minimo 6 mesi a un massimo 8 anni. Sebbene valutati da un numero inferiore di studi, anche il volume urinario residuo risultava essere ridotto in seguito a TST, mentre il volume prostatico non risultava variato anche dopo 5 anni di TST.

Fig. 1
figure 1

Meta-analisi degli studi osservazionali che abbiano considerato la variazione nei sintomi del basso tratto urinario in soggetti ipogonadici dopo terapia sostitutiva con testosterone. La figura mostra la differenza media, con l’intervallo di confidenza (CI) al 95%, nel punteggio del questionario International Prostatic Symptoms Score (IPSS) che valuta i sintomi del basso tratto urinario prima e dopo terapia sostitutiva con testosterone. Valori negativi indicano miglioramento dei sintomi. Gli studi mostrati in figura sono revisionati in dettaglio in [3]

I trial clinici randomizzati TST vs placebo in soggetti ipogonadici forniscono risultati più cauti. Infatti, da una recente meta-analisi dei loro risultati [4] non è stato mostrato alcun effetto della TST sui LUTS. Nonostante l’incongruenza tra gli studi osservazionali e i trial clinici, in base alle conoscenze attuali, si può sicuramente concludere che la TST non aggrava i sintomi urinari.

L’effetto della TST sul rimaneggiamento tissutale tipico dell’IPB è un ambito ancora scarsamente indagato. I risultati preliminari di un trial clinico hanno però mostrato che la TST somministrata per 6 mesi a soggetti ipogonadici è in grado di ridurre numerosi parametri infiammatori sul tessuto prostatico [3]. Questo potrebbe quindi suggerire un ruolo potenzialmente positivo della TST sullo sviluppo e l’evoluzione dell’IPB nel tempo.

Da queste evidenze, è possibile rassicurare il clinico sull’utilizzo della TST, laddove indicata, anche in soggetti con IPB e sintomi urinari, in quanto questa non mostra effetti peggiorativi sui LUTS e, addirittura, potrebbe portare benefici sull’evoluzione della malattia.

Terapia sostitutiva con testosterone e CaP

La controindicazione all’uso della TST nel soggetto con CaP ha radici nell’osservazione, ormai quasi 80 anni fa, di sporadici casi di progressione di malattia in pazienti trattati con TST [3]. L’efficace uso della terapia da deprivazione androgenica in uomini con CaP avanzato ha, per traslato, corroborato tale controindicazione. È chiaro però che queste nozioni non sono sufficienti a sostenere una controindicazione assoluta all’utilizzo della TST in qualsiasi uomo che abbia una storia di CaP, indipendentemente dal grado di aggressività della malattia e dal periodo trascorso dalla conclusione delle terapie.

La meta-analisi degli studi che hanno valutato l’incidenza di recidiva biochimica, in soggetti trattati con TST dopo un trattamento locale definitivo per CaP, ha mostrato percentuali molto basse, mediamente dell’1–2% per l’incidenza di recidiva biochimica durante un follow-up medio di 28 mesi [5]. La valutazione dell’andamento del Gleason score o dell’estensione di malattia in biopsie prostatiche periodiche, svolte in soggetti in sorveglianza attiva per CaP – pertanto non candidati a trattamento per basso rischio di progressione – ha mostrato che i soggetti ipogonadici non trattati e quelli trattati con TST hanno un rischio sovrapponibile di progressione locale di malattia [6]. Sicuramente gli studi in proposito sono scarsi e con ridotta numerosità campionaria, per lo più osservazionali e retrospettivi, con le limitazioni del caso, ma lasciano sicuramente spazio a ulteriori indagini. Inoltre, essi suggeriscono che, adottando un attento e stretto monitoraggio, soggetti ipogonadici sintomatici con pregresso CaP a basso rischio di recidiva e liberi da malattia per un periodo di tempo ragionevolmente lungo, potrebbero essere considerati per la TST. Tali pazienti devono essere adeguatamente informati riguardo ai rischi e ai benefici di tale terapia, esponendo anche che questa è a tutt’oggi formalmente controindicata nella loro situazione e se ne deve ottenere il consenso dopo che abbiano compreso la complessità del problema.