Introduzione

La gestione pre- e postoperatoria del paziente con lesione surrenalica richiede una diretta e costante collaborazione tra vari professionisti (endocrinologi, chirurghi, anestesisti); pertanto, un centro moderno che si dedica alla patologia surrenalica deve dotarsi di un team multidisciplinare, composto anche da radiologi, oncologi, patologi e genetisti.

In questa rassegna discuteremo la gestione perioperatoria del paziente candidato alla chirurgia surrenalica e, pertanto, la diagnosi delle principali neoplasie surrenaliche verrà solamente accennata nella misura in cui sia utile nella pratica clinica pre- e post-intervento.

Indicazioni alla chirurgia surrenalica

In sintesi, la chirurgia di lesioni primitive surrenaliche può riguardare:

  • iperaldosteronismo primario (primary aldosteronism, PA): è la più comune causa di ipertensione secondaria, responsabile di circa il 10% dei nuovi casi di ipertensione arteriosa. In più del 90% dei casi è sporadico, dovuto a un adenoma surrenalico singolo o a una forma idiopatica. Si caratterizza per un’ipertensione arteriosa moderata-severa, resistente alle terapie convenzionali, a insorgenza per lo più tra i 30 e i 50 anni, spesso associata a ipopotassiemia. Studi recenti evidenziano un maggior rischio di eventi cardiovascolari (stroke, infarto miocardico, fibrillazione atriale), danno renale e sindrome metabolica rispetto agli ipertesi essenziali, spiegabili per gli effetti non-epiteliali dell’aldosterone [1];

  • Sindrome feocromocitoma-paraganglioma (PHEO-PGL): il feocromocitoma è una neoplasia rara che raggruppa diversi tumori delle cellule cromaffini che si differenziano tra loro per insorgenza, profilo secretivo, localizzazione e potenziale malignità. Le forme surrenaliche (90% dei casi) sono dette feocromocitomi (PHEO), quelle extrasurrenaliche paragangliomi (PGL). Il feocromocitoma ha una presentazione clinica molto eterogenea, data dalla variabilità sia di secrezione da parte del tumore sia di sensibilità dei tessuti periferici all’azione delle catecolamine [2]. Classicamente i sintomi più frequenti riferiti dai pazienti sono palpitazioni, cefalea e ipersudorazione; tuttavia, recentemente la maggior parte dei PHEO viene riscontrata durante lo screening endocrino dei pazienti con incidentaloma surrenalico (AI) [3];

  • Sindrome di Cushing (Cushing Syndrome, CS) ACTH indipendente: la CS endogena surrenalica è una condizione caratterizzata da un’eccessiva produzione cronica di glucocorticoidi da parte dei surreni che, per feedback, inibisce l’asse CRH-ACTH ipotalamico [4]. Si tratta principalmente di tumori primitivi del corticosurrene, più spesso adenomi in età adulta. Circa il 10% dei casi di CS surrenalica è attribuibile a forme di iperplasia surrenalica bilaterale (macro- o micro-nodulari, a seconda che le dimensioni dei nodi siano superiori o inferiori al centimetro) [5];

  • incidentaloma del surrene (adrenal incidentaloma, AI): si definisce incidentaloma una qualsiasi massa surrenalica scoperta in modo inaspettato durante una procedura di imaging addominale, eseguita per un sospetto di patologia non a carico del surrene. La prima diagnosi differenziale è tra la forma maligna (carcinoma del surrene, feocromocitoma, metastasi surrenaliche) o formazioni benigne. I dati di prevalenza e incidenza dipendono dalla metodica di studio e dall’età considerata, raggiungendo un picco del 7–8% in soggetti con più di 70 anni [6]. Dal momento che in pazienti con AI la secrezione subclinica autonoma di cortisolo (mild autonomous cortisol secretion, MACS) peggiora il rischio cardiovascolare, in casi selezionati la chirurgia è indicata a scopo curativo [7];

  • carcinoma del surrene (adreno-cortical-cancer, ACC): è una neoplasia rara, con una frequenza di circa 0,05–0,2% tra tutti i carcinomi e un’incidenza di 2 casi/milione per anno. Esistono ACC secernenti (cortisolo, androgeni, aldosterone e/o precursori non steroidei) e forme non-secernenti. Nel caso di sintomi legati alla patologia surrenalica (ipertensione con ipopotassiemia, irsutismo nelle donne, iperglicemia) rapidamente ingravescenti (settimane) è suggerita una TC addome per l’esclusione di ACC [8].

Alla luce di queste premesse, prima di ogni chirurgia surrenalica, nelle settimane preoperatorie è necessario un attento studio radiologico (precedentemente sintetizzato in una rassegna dedicata in questa rivista [9]) e ormonale (esami di primo livello da eseguire in tutti i pazienti: metanefrine urinarie frazionate, rapporto aldosterone/renina seguendo un corretto wash-out da interferenze farmacologiche, cortisolo sierico dopo 1 mg di desametasone), per impostare l’approccio corretto in ogni paziente, riassunto in Figura 1.

Fig. 1
figure 1

Inquadramento endocrinologico e radiologico del paziente con lesione surrenalica. LPS, chirurgia laparoscopica; AVS, cateterismo delle vene surrenaliche; ACC, carcinoma del surrene; EAP, etoposide-adriamicina-cisplatino. Relativamente alla terapia adiuvante con mitotane vedi testo

Partendo da queste considerazioni, la chirurgia surrenalica è indicata in caso di:

  • lesioni secernenti che siano suscettibili di remissione chirurgica;

  • lesioni con comportamento biologico incerto alle indagini radiologiche convenzionali e nucleari;

  • lesioni maligne, dopo attenta valutazione multidisciplinare (vedi paragrafo dedicato).

In casi ben selezionati, è possibile anche la chirurgia di metastasi singole surrenaliche di lesioni primitive non-surrenaliche (specialmente carcinomi del rene, della prostata, del polmone). In tal caso, ricordiamo che la terapia sostitutiva gluco- e mineral-corticoide deve essere assunta nel caso di bisurrenectomia.

Gestione perioperatoria dell’iperaldosteronismo primario

Come raccomandato dalle linee guida, la surrenectomia è indicata in tutti i pazienti con PA unilaterale (o iperplasia monolaterale). Dal momento che la terapia medica con antagonisti recettoriali del recettore dei mineralcorticoidi (MRA) è efficace nel controllo pressorio e della ionemia, la chirurgia deve essere concordata con il paziente, dal momento che tale decisione condiziona la flow-chart terapeutica. Pertanto, prima della chirurgia, è indicato [1]:

  • eseguire uno studio ormonale completo per la diagnosi di PA, che prevede la conferma con un test di secondo livello (in Italia principalmente test al carico salino e/o test al captopril) del dato patologico di un rapporto aldosterone/renina basale elevato (se eseguito in wash out). In pazienti giovani o casi selezionati, la diagnosi di PA può essere definita anche senza un test di conferma;

  • eseguire uno studio radiologico accurato, preferibilmente tramite Tomografia Computerizzata (TC) con mezzo di contrasto (gli aldosteronomi sono spesso di ridotte dimensioni ma presentano un up-take significativo di contrasto). La TC serve anche a escludere eventuali ACC secernenti aldosterone (molto rari);

  • tipizzare il paziente con PA tramite cateterismo selettivo delle vene surrenaliche (adrenal vein sampling, AVS), per definire la lateralizzazione della secrezione di aldosterone.

L’approccio mini-invasivo laparoscopico è preferito rispetto alla tradizionale chirurgia laparotomica (open), in quanto gravato da minori complicanze perioperatorie dal punto di vista addominale e, pertanto, capace di contenere i tempi e i costi di degenza [10]. Pertanto, prima della chirurgia, sia l’ipertensione che l’ipopotassiemia devono essere adeguatamente controllate. Anche se teoricamente promettente, al momento non vi sono indicazioni relative all’efficacia della nodulectomia surrenalica selettiva robotica (cosiddetta cortical sparing [11]) in quanto l’AVS indica la lateralizzazione della secrezione di aldosterone, non la certezza che il nodo visibile sia la fonte dell’eccesso di mineralcorticoidi (data l’esistenza di aldosterone producing cells, APC [12]). Una volta terminata la parte diagnostica, prima della chirurgia, è possibile l’utilizzo di terapia con MRA per contrastare l’eccesso di aldosterone (spironolattone 100–200 mg, potassio canrenoato 50–200 mg).

Durante l’intervento, che in genere dura 1–2 ore (con tasso di conversione verso la metodica open \(<1\%\) se eseguito da chirurghi esperti), la pressione arteriosa sale di 20–30 mmHg e la potassiemia scende di 0,5–1 mEq/L [13], a conferma che pressione arteriosa e kaliemia devono essere normalizzati quanto possibile nel preoperatorio.

Nella prima giornata postoperatoria è indicata la sospensione di MRA e degli altri anti-ipertensivi (ricordando che ACE-inibitori e sartani hanno un’emivita di settimane), da riprendere in caso di ipertensione residua. In modo analogo, la terapia sostitutiva con potassio va sospesa, con controllo della ionemia quotidiano nei primi giorni postoperatori. Per idratare il paziente sono da preferire soluzioni fisiologiche, evitando quelle contenenti potassio [1].

I livelli pressori si riducono in maniera significativa (normalizzandosi nel 55–70% dei casi) nelle prime settimane dopo la surrenectomia [14], ma educare il paziente alla auto-misurazione della pressione arteriosa e un controllo ambulatoriale serrato postoperatorio sono raccomandabili in tutti i casi, per titolare in maniera adeguata la terapia.

Anche se la remissione postoperatoria del quadro endocrino di PA in un paziente con lateralizzazione completa è molto elevata, il miglioramento dei valori pressori può non portare alla loro normalizzazione in pazienti ipertesi da molti anni (caratterizzati da modifiche irreversibili del sistema vascolare), in soggetti diabetici o obesi, in cui altri fattori (ad esempio le apnee notturne) possono contribuire al quadro di ipertensione [15].

Nell’immediato periodo perioperatorio e nelle prime settimane dopo la dimissione è fondamentale accertare la remissione clinica del PA, prestando particolare attenzione ai livelli pressori e al potassio, soprattutto in caso di remissione post-chirurgica (che è molto elevata in pazienti surrenectomizzati con elevato indice di lateralizzazione durante AVS [1]).

Al momento non vi sono indicatori precoci di remissione biochimica e non è stato definito il timing di misura del rapporto aldosterone-renina, in quanto in alcuni casi la renina può restare soppressa o ridotta per settimane. Tuttavia, un iposurrenalismo del settore mineralcorticoide persistente del surrene controlaterale tale da necessitare una terapia sostitutiva con fludrocortisone è molto raro. Alcuni autori americani suggeriscono una dieta ricca di sodio nelle prime settimane postoperatorie, per impedire l’iperpotassiemia da ipoaldosteronismo transitorio; tuttavia, questa attenzione non è supportata da studi clinici [1].

Alcuni autori hanno recentemente introdotto il concetto di Connshing, caratterizzato da una secrezione subclinica di cortisolo che si accompagna a quella di aldosterone [16]. Dal momento che la valutazione dell’asse HPA (ad esempio con il test 1-mg DST) non è routinaria né raccomandata nel paziente con PA, in caso di ipotensione e iponatriemia postoperatorie può esser utile la terapia sostitutiva glucocorticoide, possibilmente previo controllo del cortisolo sierico.

Gestione perioperatoria del feocromocitoma

La gestione della pressione arteriosa e del rischio di crisi ipertensiva da rilascio di catecolamine sono le principali sfide perioperatorie nel paziente con feocromocitoma. Infatti, in tale situazione le linee guida della Endocrine Society raccomandano la terapia preoperatoria, prima con \(\alpha\)-bloccanti e poi con \(\beta\)-bloccanti (se necessari). È importante conservare tale ordine, in quanto la somministrazione di \(\beta\)-bloccanti in un paziente senza \(\alpha\)-blocco potrebbe scatenare il rilascio di catecolamine, con conseguente crisi ipertensiva [2].

Gli \(\alpha\)-bloccanti sono utilizzati nel breve termine per il controllo degli episodi ipertensivi e per la preparazione all’intervento chirurgico, anche in assenza di ipertensione arteriosa. Lo schema terapeutico preoperatorio utilizzato nella nostra pratica clinica consiste in:

  • iniziare trattamento con \(\alpha\)-litico almeno 7–14 giorni prima dell’intervento. Sono da preferire i farmaci \(\alpha1\)-selettivi (doxazosina 2–16 mg/die per os; terazosina 2–15 mg/die per os). Un trattamento preoperatorio prolungato con \(\alpha\)-litico viene raccomandato in soggetti con recente infarto del miocardio, cardiomiopatia o vasculite indotte da catecolamine. Nel caso sia necessaria una terapia di associazione per ottimizzare il controllo pressorio, i calcio-antagonisti (nifedipina 30 mg o amlodipina 5 mg) sono da preferire;

  • istruire il paziente al controllo pressorio domiciliare, almeno 2 volte al giorno;

  • dopo 4–6 giorni dall’inizio della terapia con \(\alpha\)-litico, può essere indicato seguire una dieta ad alto contenuto di sodio (\(>5000~\text{mg/die}\)) per contrastare la contrazione della volemia secondaria all’effetto adrenergico;

  • se concomita tachicardia è opportuno iniziare dopo alcuni giorni terapia con \(\beta\)-bloccante, utilizzando preferibilmente i cardioselettivi: atenololo (12,5–100 mg/die) e metoprololo (25–50 mg 3–4 volte/die). Sebbene non cardioselettivo, può essere utilizzato anche il propanololo (20–80 mg 1–3 volte/die). In ogni caso usare \(\beta\)-bloccanti con cautela, iniziando a basso dosaggio. Il labetalolo, dotato di attività \(\alpha\)- e \(\beta\)-bloccante (in rapporto 1:7), è sconsigliato in prima istanza (essendo il rapporto \(\alpha\)- e \(\beta\)-blocco ideale di 4:1).

Nell’immediato periodo perioperatorio, da due giorni prima dell’intervento è opportuno infondere 1000–1500 mL/die di soluzione fisiologica 0,9% per via endovenosa, per ovviare all’ipovolemia del paziente con PHEO. Anche durante l’intervento di surrenectomia, da effettuarsi solo in pazienti adeguatamente preparati, è necessario infondere importanti volumi di liquidi. La terapia con \(\alpha\)- e \(\beta\)-bloccanti va proseguita fino al giorno dell’intervento [17]. La gestione della secrezione di catecolamine durante l’intervento chirurgico prevede:

  • urapidil, un \(\alpha1\)-antagonista e agonista serotoninergico: bolo 10–50 mg, ripetibile dopo 10–15 minuti;

  • infusione continua di soluzione fisiologica 0,9%;

  • labetalolo in bolo (ogni 10 min) o in infusione (2 fl da 100 mg in 250 cc di soluzione fisiologica) a 2 mg/min.

Particolare attenzione, durante la chirurgia, va prestata al monitoraggio della glicemia. Nei primi giorni perioperatori vanno monitorate varie volte nella giornata pressione arteriosa e frequenza cardiaca.

La normalizzazione o la consistente riduzione dei valori pressori testimonia la remissione chirurgica. Il controllo biochimico delle metanefrine urinarie frazionate o plasmatiche a 2–4 settimane dall’intervento testimonia la remissione [2].

Gestione perioperatoria dell’ipercorticismo (clinico e subclinico)

In pazienti con ipercorticismo clinicamente manifesto (CS ACTH-indipendente) la terapia indicata è la mono-surrenectomia (nel caso di forme monolaterali), eventualmente preceduta dalla normalizzazione dei livelli di cortisolo con inibitori della steroidogenesi (ketoconazolo 200–600 mg o metopirone 500–2000 mg, da sospendere 3 giorni prima della chirurgia) per contrastare gli aspetti clinici cortisolo-correlati. Come suggerito dalle linee guida della Endocrine Society [18], è fondamentale dare precedenza alla terapia delle comorbidità che potrebbero influire in maniera negativa sulle complicanze peri- e postoperatorie, come l’ipertensione arteriosa (l’effetto rapido degli inibitori della steroidogenesi è stato recentemente descritto in un trial prospettico prima della surrenectomia [19]), l’iperglicemia e l’ipercoagulabilità. Al contrario, in pazienti con MACS (la forma di ipercorticismo subclinico) non esistono studi conclusivi che documentino la reale efficacia della surrenectomia. Tuttavia, le linee guida del 2016 suggeriscono di stratificare la secrezione di cortisolo e le complicanze cliniche del paziente e, qualora quest’ultime siano espressione dell’eccesso subclinico di cortisolo, può essere indicata la monosurrenectomia [7]. In entrambi i casi, dopo la surrenectomia è necessario un trattamento corticosteroideo sostitutivo, in attesa della ripresa dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Dal momento che nelle forme surrenaliche la remissione post-chirurgica (almeno nelle forme monolaterali) è immediata e completa, in assenza di protocolli standard internazionali, suggeriamo come terapia quanto adottiamo nel nostro percorso con CS candidato alla chirurgia [20]:

  • infusione di 50–100 mg di idrocortisone e.v. (diluito in 250 mL di soluzione fisiologica allo 0,9%), lentamente durante l’intervento chirurgico;

  • infusione di 50 mg di idrocortisone e.v. (diluito in 250 mL di soluzione fisiologica allo 0,9%) e 25 mg di idrocortisone e.v. nel primo pomeriggio in prima giornata postoperatoria;

  • cortone acetato 25 mg, 1 cp al mattino e 1/2 cp nel primo pomeriggio, nella seconda giornata postoperatoria, da titolare nei successivi controlli ambulatoriali.

Le dosi suggerite sono in eccesso rispetto alla secrezione fisiologica di cortisolo (circa 20 mg di idrocortisone-equivalenti al giorno); tuttavia, bisogna considerare il periodo stressante postoperatorio e la remissione da alti livelli di cortisolo. Può esser suggerito il controllo di ACTH e cortisolo dopo 48–72 ore a testimonianza della remissione.

La terapia sostitutiva viene quindi ridotta nei mesi successivi l’intervento, fino al minimo tollerato dal paziente (e idealmente fino alla sua sospensione). Il recupero di una normale funzione dell’asse HPA, dopo la sospensione della terapia sostitutiva, è differente nelle varie eziologie di CS [21]. In particolare, nei pazienti con forma surrenalica, la probabilità di recupero è inferiore rispetto alle forme ACTH-dipendenti (recupero più precoce nelle forme bilaterali). Considerando le forme con MACS, circa il 60% dei pazienti sviluppa insufficienza surrenalica postoperatoria; in questi pazienti il recupero dell’asse HPA avviene dopo 6,5 mesi [22].

Nella gestione perioperatoria del paziente con CS, particolare attenzione va posta alla prevenzione delle complicanze tromboemboliche [18]. L’eccesso di cortisolo sposta la bilancia dell’emostasi verso la trombosi, e la chirurgia addominale e il conseguente allettamento sono trigger pro-trombotici che si sommano. Pertanto, le nuove linee guida sulla terapia del CS pongono attenzione sulla prevenzione [18]. Non esistono percorsi definiti, tuttavia come centro di riferimento proponiamo [20]:

  • posizionamento di calze elastiche immediatamente dopo la surrenectomia;

  • terapia con eparina a basso peso molecolare dalla prima giornata postoperatoria, a dosaggio profilattico per 30 giorni dall’intervento;

  • mobilizzazione precoce del paziente.

La terapia delle forme bilaterali è molto complessa e va valutata individualmente se si opta per un’iniziale monosurrenectomia. Generalmente, si approccia chirurgicamente il surrene di maggiori dimensioni (alla TC), quello con maggior attività metabolica/secretoria (valutate con la scintigrafia con 18-FDG o 131-I-norcolesterolo, se disponibili) o in caso di lateralizzazione privilegiata della secrezione di cortisolo durante AVS. Nelle forme bilaterali è fondamentale il controllo del cortisolo a 48h e i parametri clinici che potrebbero sottendere l’iposurrenalismo (ionemia, pressione arteriosa), per impostare in maniera corretta la terapia sostitutiva.

Gestione perioperatoria del paziente con carcinoma del surrene

La gestione multidisciplinare del paziente con ACC, raccomandata dalle linee guida ESE-ENS@T [8], è di fondamentale importanza in una patologia così complessa. Il management dell’eventuale secrezione endocrina è già stato discusso in precedenza, pertanto verranno trattate solo le caratteristiche specifiche.

Dal momento che la radicalità dell’exeresi chirurgica è una delle variabili a maggior impatto in termini di sopravvivenza libera da malattia [23], l’informazione perioperatoria più importante per il chirurgo è la natura benigna o maligna della lesione che va ad affrontare. Nella pratica clinica, in assenza di una lesione endocrina con caratteristiche radiologiche francamente maligne e con un quadro clinico rapidamente ingravescente (es. iperandrogenismo o CS) è difficile differenziare una voluminosa lesione (angiomielolipoma, metastasi da un primitivo occulto, feocromocitoma pauci-secernente) da un ACC. Pertanto, prima di ogni chirurgia di una lesione sospetta, è indicata la stadiazione total body con TC con contrasto (e suggerito imaging nucleare con PET con 18-FDG [23]). Dal momento che la biopsia surrenalica presenta indicazioni sempre più limitate, è opportuno quindi considerare come maligne dal punto di vista preoperatorio tutte le masse di dimensioni maggiori di 6 cm, con secrezione florida, caratteristiche radiologiche di malignità (crescita maggiore di 1–1,5 cm all’anno, aspetto disomogeneo, contorni irregolari, densità \(>10\) UH, wash-out ritardato, aspetto localmente invasivo [9]) e/o captazione di 18-FDG.

La chirurgia di lesioni localizzate al surrene (raccomandata dalle linee guida quando si considera ragionevole un’exeresi completa) prevede l’asportazione en-bloc della massa, assieme al grasso peri-lesionale e ai linfonodi peri-renali, cercando di preservare integra la capsula tumorale. Pertanto, l’approccio migliore è laparotomico; tuttavia, in centri molto selezionati con esperienza comprovata di surrenectomia mini-invasiva, un approccio laparoscopico si può ragionevolmente considerare per lesioni di dimensioni inferiori ai 6 cm e con malattia localizzata esclusivamente nel surrene [8, 23].

Per quanto concerne la gestione perioperatoria in caso di secrezione di cortisolo, sia clinica che MACS, si raccomanda la terapia sostitutiva glucocorticoide. Gli ACC possono produrre precursori steroidei non misurabili: in caso di ACTH soppresso, suggeriamo terapia glucocorticoide sostitutiva anche in assenza di segni biochimici di ipercorticismo (indicazione data secondo la pratica clinica degli autori, non esistono raccomandazioni a riguardo). Se il paziente assumeva inibitori della steroidogenesi, questi vanno sospesi appena prima l’intervento. Dato l’elevato potenziale pro-trombotico delle lesioni maligne, si raccomanda attenta profilassi anti-trombotica con eparina a basso peso molecolare e calze elastiche, indipendentemente dalla secrezione.

Si suggerisce di iniziare la terapia adiuvante con mitotane, se indicata, il prima possibile e comunque non appena ottenuta la conferma istologica di ACC. È auspicabile introdurre il mitotane entro i 3 mesi dalla chirurgia, data la lunga latenza di azione e la necessità di ottenere concentrazioni plasmatiche adeguate e, nel frattempo, valutare inizio di terapia citotossica secondo lo schema etoposide, adriamicina, cisplatino (EAP).

Conclusioni

La gestione perioperatoria del paziente con lesione surrenalica è delicata e complessa, richiede molteplici professionisti e stretta collaborazione in una squadra multidisciplinare. In assenza di evidenze scientifiche basate su studi randomizzati, la buona pratica clinica che abbiamo riassunto in Tabella 1, prevede:

  • intervenire chirurgicamente solo dopo aver definito un’eventuale secrezione;

  • attenzione ai valori pressori e alla ionemia nel periodo pre- e perioperatorio;

  • gestione accorta dell’iposurrenalismo post-chirurgico;

  • prevenzione delle complicanze tromboemboliche.

Tabella 1 Quadro sinottico della gestione perioperatoria del paziente con lesione surrenalica