Commento a:

Metformin in women with type 2 diabetes in pregnancy (MiTy): a multicentre, international, randomised, placebo-controlled trial.

D.S. Feig, L.E. Donovan, B. Zinman, J.J. Sanchez, E. Asztalos, E.A. Ryan, I.G. Fantus, E. Hutton, A.B. Armson, L.L. Lipscombe, D. Simmons, J.F.R. Barrett, P.J. Karanicolas, S. Tobin, H.D. McIntyre, S. Yu Tian, G. Tomlinson, K.E. Murphy, MiTy Collaborative Group.

Lancet Diabetes Endocrinol (2020) 8(10):834–884

La prevalenza del diabete tipo 2 in gravidanza sta aumentando in maniera considerevole, parallelamente all’incremento dell’obesità materna [1]; dato questo trend, si registra un incremento della prescrizione di metformina in gravidanza [2], sebbene esistano ancora molte lacune sui suoi effetti neonatali a breve e lungo termine. Lo studio MiTy è uno studio internazionale, multicentrico, in doppio cieco, in cui sono stati valutati gli effetti della metformina, in aggiunta a un regime insulinico, in donne con diabete tipo 2 in gravidanza. Lo studio è stato condotto su 502 donne tra la 6a e la 22a settimana + 6 giorni di gestazione, affette da diabete tipo 2 pregravidico o insorto entro la 20a settimana, randomizzate ad aggiungere alla terapia insulinica metformina (500 mg × 2) o placebo: il 76,5% della popolazione era obesa.

L’outcome primario riunisce vari outcome neonatali avversi come aborto, parto pretermine, distress respiratorio, ipoglicemia neonatale e necessità di ricovero in terapia intensiva: non sono emerse differenze significative tra i 2 gruppi di pazienti oggetto dello studio.

Gli outcome secondari si distinguono in outcome materni (come controllo glicemico, incremento ponderale durante la gravidanza, fabbisogno insulinico) e neonatali, tra cui misure antropometriche e di adiposità neonatale.

Per quanto concerne gli outcome materni, nel gruppo di pazienti trattate con metformina si sono registrati un miglior controllo glicemico, una riduzione significativa della dose giornaliera di insulina di circa 45 unità, un minor incremento ponderale durante la gestazione (7,2 kg vs 9, differenza: 1,8 kg) e una riduzione dei parti cesarei (53 vs 63%).

Per quanto riguarda gli outcome neonatali, nel gruppo di pazienti randomizzate a metformina la percentuale di neonati con peso alla nascita superiore al \(90^{\circ}\) percentile (Large for Gestational Age, LGA) è risultata inferiore rispetto al gruppo placebo (22 vs 29%), in associazione a una riduzione delle misure di adiposità fetale. L’utilizzo di metformina si è associato, però, a un significativo incremento (13 vs 7%) della percentuale di neonati con peso alla nascita \({<}10^{\circ}\) percentile (Small for Gestational Age, SGA).

Tale effetto potrebbe essere in parte indiretto, mediato dagli effetti benefici sui parametri materni, ma potrebbe essere dovuto a un effetto inibitorio diretto della metformina su diverse vie molecolari coinvolte nella proliferazione cellulare e nell’accrescimento fetale.

La condizione di neonati SGA si associa a rischio di disturbi nello sviluppo neurocognitivo e, a lungo termine, rischio di sviluppare obesità, ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari.

Una revisione sistematica aveva già evidenziato come neonati di madri con diabete gestazionale trattate con metformina presentassero alla nascita un peso più basso rispetto a neonati di madri trattate con insulina: nell’età dell’infanzia questi bambini tendevano, viceversa, a presentare un indice di massa corporea (IMC) maggiore [3].

In conclusione, lo studio MiTy è il primo studio dotato di una potenza statistica sufficiente a mettere in luce gli effetti positivi della metformina sull’adiposità materna e fetale, ma sono necessari ulteriori studi che chiariscano le conseguenze a lungo termine dell’esposizione fetale a questo farmaco.