Commento a:

Teprotumumab for the treatment of active thyroid eye disease.

R.S. Douglas, G.J. Kahaly, A. Patel, S. Sile, E.H. Thompson, R. Perdok, J.C. Fleming, B.T. Fowler, C. Marcocci, M. Marinò, A. Antonelli, R. Dailey, G.J. Harris, A. Eckstein, J. Schiffman, R. Tang, C. Nelson, M. Salvi, S. Wester, J.W. Sherman, T. Vescio, R.J. Holt, T.J. Smith.

N Engl J Med (2020) 382:341–352

L’oftalmopatia basedowiana è una malattia autoimmune nella cui patogenesi giocano un ruolo importante i complessi tra il recettore del TSH e il recettore per IGF-1, espresso dai fibroblasti oculari e dai linfociti, che conducono a infiammazione, espansione della muscolatura extra-oculare e del tessuto adiposo retro-orbitario [1].

Il trattamento cortisonico può ridurre la flogosi nelle forme attive ma ha limitati effetti sulle sequele a lungo termine come esoftalmo, diplopia e compressione del nervo ottico, che possono minacciare la vista e richiedere interventi chirurgici correttivi [2].

Un’importante novità è emersa nel gennaio 2020 quando la Food And Drug Administration ha autorizzato teprotumumab, anticorpo monoclonale inibitore del recettore per IGF-1, come primo farmaco approvato per il trattamento dell’oftalmopatia basedowiana negli adulti sulla base di due trial [3].

Nel più recente di questi trial clinici, oggetto di questo articolo, Douglas e collaboratori hanno condotto uno studio di fase 3 multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con placebo su un totale di 83 pazienti adulti con orbitopatia basedowiana attiva moderata-severa (41 sottoposti a infusione intravenosa di teprotumumab ogni 3 settimane per 21 settimane e 42 assegnati al gruppo placebo).

I risultati hanno evidenziato una differenza significativa nella percentuale di pazienti che alla 24a settimana hanno raggiunto l’outcome primario (riduzione della proptosi ≥2 mm): 83% per il gruppo trattato con teprotumumab rispetto al 10% del gruppo placebo.

Nel gruppo teprotumumab sono risultati significativamente migliori alla 24a settimana, rispetto al gruppo placebo, anche tutti gli outcome secondari, come la risposta complessiva definita da riduzione ≥2 punti nel Clinical Activity Score (CAS) più riduzione della proptosi ≥2 mm (78 \(vs\) 7%), il punteggio al CAS di 0 oppure 1 (59 \(vs\) 21%), la variazione media della proptosi (−2,82 \(vs\) −0,54 mm), la riduzione della diplopia ≥1 grado (68 \(vs\) 29%), il cambiamento medio nel punteggio totale del questionario Graves’ ophthalmopathy-specific quality-of-life, in cui una variazione media di ≥6 punti viene considerata clinicamente significativa (13,79 \(vs\) 4,43 punti).

Inoltre, in 6 pazienti del gruppo teprotumumab, sottoposti a imaging orbitario con TC o RMN prima e dopo il trattamento, è stata evidenziata una riduzione dello spessore della muscolatura extra-oculare o del tessuto adiposo orbitario o entrambe.

I principali effetti avversi al farmaco riportati nello studio erano lievi-moderati e caratterizzati da spasmi muscolari, alopecia, nausea, diarrea, astenia, cefalea, iperglicemia, alterazioni dell’udito, secchezza cutanea, disgeusia; 2 eventi avversi severi si sono verificati nel gruppo teprotumumab, uno dei quali (reazione non anafilattica all’infusione) ha condotto alla sospensione del trattamento.

Gli autori concludono il loro lavoro evidenziando come tra i pazienti con orbitopatia basedowiana attiva la somministrazione di teprotumumab ha condotto a risultati significativamente migliori per quanto riguarda la proptosi, il CAS, la diplopia e la qualità di vita rispetto al gruppo placebo, con rari effetti avversi severi.

Il teprotumumab viene quindi proposto come una novità interessante a disposizione del clinico che deve trattare pazienti con orbitopatia basedowiana, date le problematiche rilevanti sul piano anatomico-funzionale e sulla qualità di vita che questa patologia comporta.