Estratto
Per determinare molti dei parametri di base degli oggetti celesti è anzitutto necessario stabilire quanto tali oggetti siano vicini o lontani da noi. Vedremo più avanti quanto questo sia di vitale importanza, perché l’apparenza luminosa di una stella nel cielo notturno potrebbe significare tanto che essa è vicina a noi, quanto che essa è inerentemente una stella luminosa. Al contrario, alcune stelle possono apparirci deboli sia perché si trovano a distanze immense dal Sole, sia perché sono intrinsecamente molto deboli (o per entrambe le cose assieme). È quindi indispensabile capire quale sia la spiegazione più corretta.
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Note
Un parsec equivale a 3,26 anni luce, ossia a 3,09 x 1013 km, o anche 206.265 UA. 1 UA = 149.597.870 km.
Il satellite Hipparcos scoprì anche 200 nuove stelle, la più vicina delle quali a circa 18 a.l. In aggiunta, diverse centinaia di stelle che si pensava fossero più vicine di 75 a.l. si scoprì che erano assai più distanti.
La più famosa variabile Cefeide è la Stella Polare. Essa varia la sua luminosità visuale di circa il 10% in poco meno di 4 giorni. Dati recenti indicano che la variabilità sta decrescendo, e che la stella tra qualche tempo potrebbe cessare di pulsare. Discuteremo della Stella Polare e di altri tipi importanti di stelle variabili in dettaglio in un prossimo paragrafo.
Discuteremo più avanti il significato del termine luminosità. Per il momento si pensi alla loro brillantezza.
La relazione periodo-luminosità fu scoperta da Henrietta Leavitt nel 1908, quando era all’Harvard College Observatory. Essa analizzò fotografie delle Nubi di Magellano scoprendo più di 1700 stelle variabili.
La relazione tra la brillantezza apparente di una stella e la sua brillantezza intrinseca verrà discussa nei prossimi paragrafi.
Questo significa che la stella è parte di un sistema binario, essendo B la compagna.
Molte delle stelle vicine sono assai deboli: qui menzioneremo solo le più brillanti, facendo qualche eccezione sole se l’oggetto ha un ruolo importante in astronomia.
La stella, e quindi la sua magnitudine, è variabile.
La sigla identifica l’oggetto n. 21185 nell’Henry Draper Catalogue.
Il moto proprio di una stella è il suo spostamento apparente sulla volta celeste.
1 W equivale a 1 joule/secondo. La luminosità del Sole è di 3,86 x 1026 W e spesso viene indicata con il simbolo L⊙.
Il termine scientifico per la luminosità apparente, o la brillantezza di una stella, è flusso.
Sotto eccellenti condizioni del cielo, taluni osservatori riportano di essere in grado di osservare a occhio nudo stelle fino alla magnitudine 7 o addirittura 8.
Ci sono diverse differenti definizioni di magnitudini, relative alla brillantezza che una stella ha quando questa viene osservata a lunghezze d’onda differenti: general-mente, si considerano i cosiddetti sistemi U, B e V. Esiste anche una scala che fa rife-rimento alle lastre fotografiche e che perciò definisce la magnitudine fotografica, mpg, o anche la magnitudine fotovisuale, mpv. Per finire, esiste anche la magnitudine bolo-metrica, mbol, che misura la totalità delle radiazioni emesse da un oggetto su tutte le lunghezze d onda.
Molte stelle sono variabili, di modo che il valore della loro magnitudine apparente cambierà nel tempo. Il suffisso v sta a indicare una stella variabile, e il valore dato per la magnitudine è quello medio.
Quando la luce è scarsa, gli occhi non riconoscono il colore. Questo è il motivo per cui di notte, ad occhio nudo, noi vediamo solo delle ombre grigie, un po’ di bianco e il nero.
Il fattore più importante che determina il colore di una stella siamo noi stessi! È una pura faccenda di influenze fisiologiche e psicologiche. Capita che un osservatore descriva una stella come blu, mentre un altro la vede bianca; uno vede una stella arancione, un altro attribuisce alla stessa stella il colore giallo. Addirittura capita che si percepisca una stella con un colore differente quando si usano telescopi o ingran-dimenti diversi. Anche le condizioni atmosferiche giocano un certo ruolo.
Da qui in avanti, quando parleremo di temperatura, ci riferiremo sempre alla temperatura superficiale.
Sirio è la stella più brillante del cielo.
Mira Ceti è la più famosa stella variabile.
Si ricordi che il colore dipende anche dall’osservatore! Ciò che una persona vede come giallo un’altra lo vede bianco. Non si meravigli perciò il lettore se percepirà un colore differente da quello da noi riportato.
La sua vera temperatura resta indeterminata.
Per poche stelle, come Betelgeuse, si è potuto misurare il raggio per mezzo di una tecnica conosciuta come interferometria. Per la stragrande maggioranza delle stelle, tale tecnica non è applicabile, perché sono troppo distanti o troppo deboli.
Ad essere precisi, la legge si riferisce a un corpo nero, un corpo fisico particolare che emette radiazione termica. La radiazione termica è radiazione di corpo nero. La superficie di una stella si comporta a tutti gli effetti come un corpo nero.
Senza dubbio qualche lettore si sarà già chiesto: “Dov’è la superficie di una stella? Una stella non è fatta di gas?” Daremo risposta a queste domande nei capitoli successivi.
C’è qualche incertezza su questo valore.
Gli astronomi sono soliti chiamare “metalli” tutti gli elementi diversi dall’idrogeno e dall’elio. Non è corretto, in senso stretto: accettiamo tuttavia questa espressione gergale.
È relativamente facile misurare se un oggetto si sta muovendo in allontanamento o in avvicinamento a noi. Per misurare se si muove anche lateralmente si devono compiere misure più complicate.
Alcuni spettroscopi pongono il prisma o il reticolo davanti al telescopio, in modo tale che si possa analizzare simultaneamente la luce di tutte le stelle presenti nel campo inquadrato. Si parla allora di un spettroscopio obiettivo. Si perde in tal modo un po’ di dettaglio (cioè informazioni sulla stella), ma tanto basta per compiere le prime misure.
Le transizioni qui mostrate sono solo alcune delle molte che possono avvenire.
La ragione per cui le stelle seguono l’ordine OBAFGKM fu scoperta da una brillante astronoma, Cecilia Payne-Gaposchkin, la quale trovò che tutte le stelle sono costituite essenzialmente di idrogeno ed elio e che la temperatura superficiale di una stella determina l’intensità delle sue righe spettrali. Per esempio, le stelle di tipo O presentano righe dell’idrogeno deboli perché, a causa della loro elevata temperatura, quasi tutto l’idrogeno è ionizzato. Quindi, senza un elettrone in grado di “saltare” tra i livelli energetici, l’idrogeno ionizzato non può né emettere né assorbire la luce. All’altro estremo, le stelle di tipo M sono così fredde da consentire la formazione di molecole: per questo, i loro spettri contengono intense righe d’assorbimento molecolari.
Come vedremo più avanti, si tratta di stelle con temperatura molto bassa, da 1900 a 1500 K. Molti astronomi ora sospettano che si tratti di nane brune.
Queste possono essere ulteriormente suddivise nelle classi IA e IB, con la IA come la più brillante.
Normalmente vengono considerati soli i tipi O, A, B, F, G, K e M. Gli altri tipi vengono usati e definiti solo quando sono proprio necessari.
Questo valore è discutibile. I dati attendono verifiche.
Negli ultimi anni gli astronomi hanno scoperto che le stelle nane, deboli, di piccola massa del tipo M sono di gran lunga più numerose di tutti gli altri tipi stellari. Semplicemente non eravamo stati in grado finora di rivelarle.
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(2009). Gli strumentia del mestiere. In: L’astrofisica è facile!. Le Stelle. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-1060-4_1
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