Commento a:

Treatment of subclinical hyperthyroidism in the elderly: comparison of radioiodine and long-term methimazole treatment.

F. Azizi, H. Abdi, L. Cheraghi, A. Amouzegar.

Thyroid (2021) 31(4):545–551

L’ipertiroidismo subclinico (IS), caratterizzato da ridotti livelli sierici di TSH in presenza di valori di tiroxina libera (FT4) e triiodotironina libera (FT3) nella norma, è associato a un’aumentata incidenza di eventi cardiovascolari, osteoporosi e fratture, soprattutto nella popolazione anziana.

Lo scopo di questo studio è stato quello di confrontare la sicurezza e l’efficacia della terapia radiometabolica con 131I (RAI) e il trattamento a lungo termine con metimazolo (MMI) in una coorte di pazienti di età superiore a 65 anni.

Lo studio, randomizzato e a gruppi paralleli, ha coinvolto 306 pazienti con più di 65 anni e con un quadro di ipertiroidismo subclinico. Sono stati selezionati 83 pazienti con valori di TSH inferiori a 0,1 mU/L dei quali 41 sono stati randomizzati a RAI e 42 a MMI a lungo termine.

Fra i due gruppi non vi erano differenze statisticamente significative riguardo età, sesso, incidenza di fumatori e di gozzo nodulare, volume tiroideo e valori di FT4, FT3 e TSH.

Riguardo i pazienti randomizzati a RAI, 3 hanno optato per un altro trattamento e 3 sono stati persi al follow-up; i restanti 35 pazienti hanno ricevuto 15 mCi di 131I.

Fra i pazienti trattati con MMI, 4 hanno manifestato eventi avversi minori e sono passati ad altre modalità di trattamento e 2 sono stati persi al follow-up. I restanti 36 pazienti sono stati trattati con MMI per 60 mesi con dose iniziale di 10 mg/die. L’outcome primario era relativo all’efficacia e consisteva nella percentuale di pazienti con eutiroidismo alla fine del follow-up. Nel gruppo sottoposto a RAI 23 pazienti (66%) sono diventati ipotiroidei, mentre 12 (34%) hanno conservato l’eutiroidismo. Nel gruppo trattato con MMI (dose iniziale di 10 mg/die, ridotta fino a 3,7 mg/die in media dopo 5 anni di trattamento), 34 pazienti (94%) sono rimasti eutiroidei e 2 (6%) hanno sviluppato un ipotiroidismo spontaneo. Gli outcome secondari riguardavano le differenze nei due gruppi alla fine dello studio in termini di mortalità, comparsa di eventi avversi gravi, funzione cardiovascolare e densità minerale ossea (BMD), queste ultime valutate con ecocardiografia e densitometria femorale e vertebrale. Al termine dello studio fra i due gruppi non sono emerse differenze in relazione alla mortalità, ai principali indici ecocardiografici di funzione sistolica, diastolica e di geometria cardiaca e alla BMD femorale e vertebrale. Inoltre, nessuno dei partecipanti allo studio ha sviluppato eventi avversi gravi.

Lo studio evidenzia quindi come sia la terapia con RAI, sia le terapie con MMI a basso dosaggio e a lungo termine sono efficaci e sicure per il trattamento dell’IS negli anziani. Inoltre, il trattamento con MMI è caratterizzato da un minor tasso di insorgenza di ipotiroidismo rispetto alla terapia con RAI. Va tuttavia sottolineato che lo studio ha coinvolto pazienti di età superiore ai 65 anni, ma privi di patologie croniche e in assenza di dati ecocardiografici e densitometrici precedenti l’inizio dello studio.