L’uso di sostanze atte a migliorare l’apparenza e la performance (appearance and performance-enhancing drugs, APED) rappresenta un fenomeno sociale che ha trasceso i confini dello sport d’élite e ha raggiunto dimensioni quasi epidemiche. Molti atleti amatoriali fanno ricorso a sostanze atte a migliorare la resa dell’esercizio fisico, senza considerare i potenziali effetti negativi derivanti dal loro uso [12]. Sebbene nell’immaginario collettivo gli androgeni rivestano il ruolo principe nell’ambito del doping, numerose altre sostanze sono proibite dalla World Anti-Doping Agency (WADA) per il loro potenziale uso come agenti dopanti o come “mascheranti” (Tabella 1). L’assunzione a finalità dopanti è chiaramente diversa dall’uso a scopo terapeutico, per il quale è necessaria un’autorizzazione preventiva all’uso (therapeutic use exemption, TUE) [13] nel caso di atleti affetti da patologie che necessitino di tali trattamenti.
Tabella 1 Sostanze ad azione “dopante” e ricadute sulla salute sessuale e riproduttiva maschile. Adattata da [19] Effetti del doping sulla salute sessuale e riproduttiva maschile
Gli androgeni anabolizzanti sopprimono l’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo, favorendo lo sviluppo di un ipogonadismo ipogonadotropo le cui manifestazioni più precoci sono il calo del desiderio, la disfunzione erettile e l’infertilità. In particolare, i soggetti che fanno uso di doping sviluppano comunemente disfunzione erettile nel “dopo-ciclo”, cioè nel momento in cui i valori ematici di testosterone raggiungono il nadir. Il recupero della funzione erettile dopo il doping può richiedere mesi o anni ed è verosimile che a terapie più “massive” corrisponda un maggior tempo per il recupero. Per facilitare il ritorno a uno stato di eugonadismo è comune il ricorso a idonee terapie farmacologiche, generalmente modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) e gonadotropine [14, 15] ma la risposta è altamente variabile in base alla durata dell’assunzione degli agenti dopanti e allo schema terapeutico usato. L’uso di diverse molecole (una procedura definita stacking) rappresenta un ostacolo non solo al trattamento, ma anche alla valutazione degli effetti clinici.
Per quanto riguarda la fertilità, si stima che circa il 2% dei casi di infertilità maschile trovino un fattore causale nell’uso di androgeni. Difatti, il calo dei valori di FSH derivante dalla soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo determina un ridotto stimolo alla spermatogenesi che, nei casi di assunzione più prolungata nel tempo, può determinare anche atrofia tubulare e ipotrofia testicolare. Tale fenomeno, tuttavia, va più frequentemente incontro a risoluzione spontanea rispetto alla perdita della funzione erettile [4].
Una menzione a parte meritano tutti quei composti che, pur privi di attività androgenica (o, più in generale, ormono-simile) trovano ampio uso al fine di mascherare l’assunzione di prodotti proibiti o per migliorare performance sportive che non trarrebbero vantaggio dall’uso di anabolizzanti: ad esempio i diuretici, usati per eliminare tracce dell’assunzione di prodotti dopanti, ma anche per definire la massa nel culturismo, o i \(\beta \)-bloccanti, usati per limitare ansie e tremori negli sport di precisione [4]. L’assunzione di alcuni di questi farmaci può contribuire a favorire lo sviluppo di una disfunzione sessuale o a rendere manifesta una disfunzione altrimenti subclinica [2]. Anche alcuni stimolanti, quali ad esempio le amfetamine, rientrano fra le sostanze assunte allo scopo di migliorare la performance sportiva, per gli effetti sui riflessi, sulla competitività e sulla risposta muscolare; sul piano della sessualità, l’assunzione di questi farmaci può alternativamente migliorare o peggiorare la funzione sessuale, il desiderio e la latenza eiaculatoria [4].
Effetti del doping sulla salute sessuale e riproduttiva femminile
Come per la controparte maschile, anche nell’ambito degli sport femminili sta aumentando esponenzialmente il ricorso a sostanze proibite per migliorare la performance sportiva. Questo fenomeno è particolarmente frequente in quelle discipline sportive in cui l’aumento di massa muscolare può fornire un vantaggio competitivo. Oltre alle già citate sostanze ad azione non ormonale (diuretici, betabloccanti, integratori di varia natura), si assiste a un sempre più vasto utilizzo di sostanze quali GH, IGF1, insulina che agiscono favorendo l’uptake di glucosio da parte del tessuto muscolare e la sintesi proteica, incrementando la massa muscolare riducendo al contempo la deposizione di massa grassa [16].
Tra i maggiori interferenti la funzione sessuale e riproduttiva delle atlete vanno ovviamente considerati gli steroidi anabolizzanti (AASs), il cui abuso sta aumentando anche nella popolazione femminile, con una prevalenza fino all’1,6% [17].
L’assunzione cronica di queste sostanze induce una soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, sia a livello ipotalamico che ipofisario con diversi meccanismi, che esita in una riduzione di secrezione di gonadotropine e, conseguentemente, di estrogeni [15], con le immaginabili ricadute sulla funzione sessuale e riproduttiva (Tabella 2) [18]. Gli effetti anabolizzanti degli AASs, infatti, non sono scindibili dagli effetti androgenizzanti, con conseguente disfunzione della normale sessualità della donna e della capacità riproduttiva [15]. Si può fare ricorso a svariate molecole e formulazioni (orale, transdermica, iniettiva); la scelta, tra le atlete, è di solito maggiormente orientata sull’oxandrolone, che sembra avere effetti virilizzanti ridotti nella donna rispetto ad altre forme, o su precursori del testosterone quali androstenedione e DHEA, la cui assunzione ha dimostrato un impatto più decisivo sul metabolismo femminile che maschile. Gli effetti avversi possono manifestarsi in una forma dose- e tempo di assunzione-dipendente e includono alterazioni mestruali e mascolinizzazione [15, 18]. Le alterazioni mestruali, secondarie alla soppressione della produzione estrogenica, comprendono menarca ritardato, dismenorrea, oligomenorrea fino all’amenorrea secondaria con anovulazione [15, 18]. Queste pongono ovviamente le basi per disturbi della fertilità, considerando che il tempo di ripresa della normale pulsatilità gonadotropinica, dopo cessazione di abuso, è estremamente variabile, da settimane e mesi [15, 18]. Gli effetti virilizzanti possono manifestarsi a diversi livelli; segni caratteristici sono alopecia e irsutismo, acne, atrofia mammaria, clitoridomegalia e abbassamento del tono di voce con raucedine [18]. Questi ultimi due, al contrario dei precedenti, non sono sempre reversibili con la cessazione di assunzione di AASs. Tutto ciò si traduce spesso in disfunzioni sessuali secondarie a ipoestrogenismo (es. ridotta lubrificazione vaginale) e calo della libido su base ormonale e psicologica; tra gli effetti di tali sostanze si annoverano, infatti, anche alterazioni comportamentali e umorali che vanno dall’aumento di aggressività, in molti casi funzionale alla competizione sportiva, fino a stati depressivi più o meno conclamati [4].
Tabella 2 Conseguenze dell’assunzione di androgeni anabolizzanti sulla salute sessuale e riproduttiva maschile e femminile. Adattata da [18]