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Guido Menzinger è mancato la notte dell’11 novembre 2018 a Roma.

Nato a Perugia nel 1934, si è laureato e specializzato a Roma nel 1958 e 1961. È stato Assistente di Medicina interna e di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma dal 1968 al 1979, Visiting Professor di Endocrinologia presso la National University of Somalia negli anni 1974–1977, Professore Straordinario di Medicina costituzionale all’Università di Napoli dal 1980 al 1983, Professore Ordinario di Malattie del ricambio e poi di Endocrinologia all’Università di Roma Tor Vergata dal 1983 al 2005, e qui anche Presidente del Corso di diploma universitario in Dietologia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione e Coordinatore del Dottorato in Nutrizione clinica dal 1993 al 2005.

Ha rivestito varie cariche societarie in Italia ed Europa. È stato membro del European Ethical Review Committee dal 1977 al 1993 e del Committee for Postgraduate Education dell’European Association for the Study of Diabetes (EASD) dal 1983 al 1989; Presidente del Centro Internazionale Studi Diabete (CISD) dal 1985 al 2003; Membro fondatore, Presidente e Segretario del Neuropathy Study Group dell’EASD (Neurodiab) dal 1990 al 1998; Coordinatore del Gruppo di Studio Neuropatia della Società Italiana di Diabetologia (SID) negli anni 1979–1988; Presidente della Sezione Laziale della SID dal 1988 al 1992; Membro del Consiglio direttivo della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) negli anni 1992–1997 e 2001–2003, Presidente della SIE dal 2003 al 2005, Direttore scientifico della rivista L’Endocrinologo negli anni 2004–2005, Socio Onorario della SIE dal 2005, Presidente della Fo.Ri.SIE Onlus dal 2005 al 2007; Membro onorario della Società Rumena di Diabetologia dal 1992; Membro della Task force sull’insulina della International Diabetes Federation (IDF) dal 1997 al 2000; Fellow of the Royal College of Physicians dal 1999.

La sua attività di ricerca ha riguardato gli ormoni pancreatici e la sintesi del colesterolo nel diabete, e si è poi focalizzata sulla neuropatia diabetica e le sue complicanze, con contributi originali sul ruolo della neuropatia autonomica nel controllo dei ritmi circadiani della pressione arteriosa e della funzione renale, sulla precocità della disfunzione autonomica nel prediabete, e sulle alterazioni posturali e biomeccaniche del piede diabetico.

Vorrei ricordare il professor Menzinger anche interpretando le parole di cordoglio inviate da tanti colleghi e amici dall’Italia e dal mondo.

Gli esordi sono stati alla Sapienza di Roma, tra la grande corsia aperta e gli inizi di una ricerca moderna, e quel cluster straordinario di ricercatori e clinici della II Clinica Medica sotto la guida del professor Domenico Andreani. Era un ambiente formidabile per i giovani per imparare il metodo, l’osservazione, l’attenzione al dettaglio, la cura come compito. In tutta la sua carriera è stato apprezzato dagli studenti e colleghi per le sue qualità professionali e la sua passione come clinico, docente e scienziato. I pazienti conservano sentimenti di profonda gratitudine per la sua generosità, la ricerca di soluzioni mirate, le telefonate notturne in reparto per sapere come stavano, la semplicità di sentirsi responsabile della loro cura.

La carriera universitaria lo ha portato con l’ordinariato a Napoli. Ne è nata l’iniziativa degli Incontri Endocrino-Metabolici Campano-Laziali, che ha mostrato la sua attitudine a creare ponti e occasioni di scambio e formazione per i giovani, coltivata sino alla fine, quando faceva sempre del suo meglio per essere presente ai Meeting del Collegium delle Scuole di Endocrinologia di Roma a cui aveva dato grande impulso fin all’inizio. È iniziato poi il lungo percorso a Tor Vergata in Malattie Metaboliche e poi in Endocrinologia, 10 anni alla Columbus, poi gli anni della fondazione del Policlinico di Tor Vergata, le sfide assistenziali e del governo clinico, ma con sempre al centro la persona, i suoi bisogni, e la cura. Sul versante accademico, ha favorito l’avvio di iter formativi nell’ambito della dietistica e della nutrizione, il Corso di laurea, la Scuola di Specializzazione, il Dottorato di ricerca. Sono stati occasione di formazione rigorosa per molti giovani di allora che ne conservano un ricordo riconoscente.

Gli impegni societari sono stati un aspetto di rilievo nella sua storia professionale. Da Presidente della SIE ha dato particolare impulso alle attività editoriali, al Journal of Endocrinological Investigation favorendo la crescita dell’Impact Factor, l’attivazione online, e l’affiliazione alla rivista di Società affini, e a L’Endocrinologo, di cui è stato Direttore Scientifico nel 2004–2005 e che negli anni 2003–2005 acquisì la regolarità delle pubblicazioni, diventando uno strumento primario di formazione endocrinologica in Italia. Altri risultati nella sua Presidenza sono stati i convegni internazionali con l’Endocrine Society e la European Federation of Endocrinological Societies (EFES), il contributo alla trasformazione dell’EFES in European Society of Endocrinology, lo sviluppo dei Gruppi di Studio anche inter-societari, la formulazione di Linee Guida, le attività formative residenziali, l’inizio delle attività di formazione a distanza (FAD), e la realizzazione di obiettivi istituzionali e legislativi come la disponibilità dell’idrocortisone e del fludrocortisone e la legge sul sale iodato per la quale si era tanto battuto il suo amico professor Aldo Pinchera. Gli si riconosce di essere stato un vero Maestro, una persona di grande equilibrio, e una figura fondamentale della endocrinologia italiana.

Poi il servizio nella SID, la nascita e il coordinamento del Gruppo di Studio Neuropatia, il contributo fondamentale all’alto livello italiano di competenze in questo campo e alla consapevolezza del rilievo culturale, clinico, ed epidemiologico della neuropatia diabetica e del piede diabetico in Italia. È stato una figura storica di riferimento della diabetologia italiana. La medaglia alla carriera in diabetologia nel 2015 ha testimoniato il riconoscimento della SID.

Per la sua affascinante storia familiare, di madre inglese e padre italiano, era una combinazione formidabile del meglio che Italia e Manchester (da parte di madre) possano produrre secondo il professore David Tomlinson. Era poliglotta, parlava inglese, tedesco, e francese, era il prototipo del vero Europeo, rappresentante di un’Europa multiculturale aperta all’innovazione e alle necessità dei poveri del mondo. Ebbe una particolare relazione con il Regno Unito, gli anni da studente a Londra, la fondazione e la Presidenza della CISD, la sua elezione nel Royal College of Physicians, e il legame con molti colleghi inglesi che è stata fonte continua di iniziative, stimoli e solida amicizia.

È stato Fondatore del Neurodiab con John Ward, Arnold Gries, Peter Watkins e Jannik Hilsted. Ne è stato il primo Chairman per 3 anni, segretario per altri 4 anni e attivo protagonista per molti altri anni. Il Neurodiab è forse la sua opera migliore a sentirne i membri, da cui viene descritto come non solo il fondatore ma il padre del Neurodiab, colui che ha fatto di più per promuoverne la causa, e che con la sua ispirazione ha dato un contributo incalcolabile alla comunità della neuropatia diabetica, e per questo non sarà mai dimenticato. La sua Presidenza del Neurodiab si è caratterizzata ancora per la capacità di costruire ponti, la facilitazione alla partecipazione dei colleghi dell’Est Europa divenne una specificità del Neurodiab. Ma è anche stato amico di lunga data di membri dell’Estremo Oriente. Preservare l’indipendenza delle scelte delle tematiche dei meeting annuali, salvaguardare un formato del congresso con ampio spazio alla discussione, garantire un equilibrio tra ricerca preclinica e clinica sono stati altri punti di forza della sua Presidenza.

È stato mentore di tanti giovani ricercatori nel Neurodiab, apprezzato per i suoi consigli, il sostegno, l’incoraggiamento a fare ricerca sulla neuropatia, l’ispirazione e la visione che trasmetteva. Nel 2008 ad Orvieto nel corso del 18° meeting annuale, ha ricevuto il Life time Achievement Award del Neurodiab.

L’impegno sociale è stato una componente istintiva della sua personalità professionale, la scelta di andare in Somalia come docente in più anni, la partecipazione ad iniziative etico-sociali nell’IDF, fino al volontariato come medico nel centro multi-specialistico di Medicina Solidale di Tor Vergata. Tre settimane prima della sua morte, a cena con alcuni suoi allievi diceva che se qualcuno ha abilità e competenze non può non impegnarle per rispondere ai bisogni degli altri. Lui lo ha fatto fino alla fine.

Aveva un suo riconoscibile stile. È ricordato come un gentleman dall’animo generoso e gentile, dal meraviglioso sorriso. Di lui erano apprezzati l’intelligenza, il rispetto per l’altro, la cultura e l’umanesimo, la grande conoscenza non solo di medicina, ma di musica classica, arte, e letteratura. E ancora viene ricordato il suo entusiasmo e la sua grazia, come il suo senso dell’umorismo.

La sua intelligenza brillante, la sua incredibile memoria, la sua capacità di cogliere il punto, la sua mente aperta, e quella curiosità continua per la conoscenza, vivace anche negli ultimi anni, resteranno nel ricordo di tanti.

Possiamo dire con il professore Soroku Yagihashi: “Colmeremo il vuoto della sua assenza con la memoria della grazia del suo viso” e della sua visione.

Vincenza Spallone anche a nome di tutti gli Allievi