Introduzione

Le infezioni peri-protesiche rappresentano attualmente il primo e il terzo motivo di revisione, rispettivamente dopo protesi totale di ginocchio e d’anca, negli Stati Uniti [1, 2].

Quando un biomateriale viene impiantato nel corpo umano, si sviluppa una “corsa alla superficie” tra cellule dell’ospite e batteri eventualmente presenti [35]. I batteri hanno il vantaggio, rispetto alle cellule del sistema immunitario, di processi riproduttivi più veloci e di una estrema capacità di adattamento all’ambiente, con immediata formazione di un “biofilm” di protezione già dopo poche ore dall’adesione sull’impianto. Gli studi indicano che la presenza di biomateriali impiantati riduce anche di 10.000 volte il numero di batteri necessari per causare un’infezione [5]. Una volta che un biofilm si è formato, è difficile da trattare poiché i batteri sono protetti sia dalla fagocitosi sia da eventuali antibiotici. Per tutti questi motivi, avendo constatato i limiti degli antibiotici sistemici nel trattamento e nella prevenzione delle infezioni correlate a biofilm, la ricerca si è rivolta allo sviluppo di rivestimenti dei biomateriali impiantabili, allo scopo di prevenire l’adesione e colonizzazione batterica e la formazione del biofilm [68]. Tuttavia le tecnologie finora studiate sono state ben lungi dal soddisfare tutte le esigenze di sicurezza, efficacia, facilità d’uso, costi e adempimenti regolatori che sono necessari per un impiego su larga scala. In questo panorama in evoluzione, nell’ambito di un progetto multicentrico internazionale finanziato dalla Comunità Europea (www.i-dac.eu), è stato sviluppato un nuovo rivestimento riassorbibile antibatterico (DAC, Novagenit Srl, Mezzolombardo, Italia), disegnato specificamente per prevenire le infezioni correlate a biofilm.

Caratteristiche principali di tale rivestimento, costituito da un idrogel brevettato, sono:

  • l’efficacia, in quanto offre protezione degli impianti nei confronti della colonizzazione batterica per il tempo necessario a vincere la “corsa alla superficie”

  • la sicurezza, mediante il rilascio completo di un’alta concentrazione locale del farmaco attivo e un veloce riassorbimento dell’idrogel (entro 96 ore dall’impianto); questo è essenziale per evitare lo sviluppo di resistenza agli antibiotici e per superare i possibili rischi di effetti a lungo termine sulla guarigione ossea

  • la versatilità, permettendo di addizionare intra-operatoriamente l’idrogel con diversi agenti antibatterici e antibiofilm, per soddisfare le esigenze del paziente e l’evoluzione delle conoscenze

  • la facilità d’uso, con un tempo di applicazione sull’impianto di pochi minuti

  • il costo contenuto, per consentire un’applicazione su vasta scala.

Riportiamo brevemente alcuni dei risultati principali degli studi preclinici condotti finora.

Attività antibatterica e antibiofilm in vitro

Tutti gli esperimenti riportati sono stati eseguiti utilizzando il prodotto brevettato DAC (Novagenit Srl, Mezzolombardo, Italia), che ha recentemente ottenuto il marchio CE come dispositivo medico, destinato a essere utilizzato come rivestimento antibatterico di protesi articolari e di osteosintesi. Il prodotto, che ha dimostrato di soddisfare le norme relative agli standard di sicurezza per l’impiego nell’uomo (UNI EN ISO 11137—10993-1, 10993-3, 10993-5, 10993-6, 10993-9, 10993-10, 10993-11, 10993-13, ISO 13781:1997, ASTM F 1635-11), è composto da acido ialuronico, legato in modo covalente a poli-D, L-lattato; DAC si propone come un kit completamente funzionale e monouso, composto da due unità confezionate separatamente: una siringa contenente la polvere di DAC e un kit per la ricostituzione del gel, eventualmente addizionato con un farmaco antibatterico (Fig. 1).

Fig. 1
figure 1

Rivestimento DAC applicato su uno stelo protesico femorale con superficie in titanio sabbiato (Recta, AdlerOrtho Srl)

Studi di rilascio

Il rilascio di diversi antibatterici (vancomicina, gentamicina, tobramicina e amikacina Na-salicilato), addizionati a DAC secondo una stessa procedura (“Preparazione di IDAC doc. n. WIN-52”, Novagenit Srl), è stato testato mediante tecnica spettrofotometrica e microbiologica su superfici diverse (cromo-cobalto, Co-Cr; polietilene, PE; titanio sabbiato, Ti) e in soluzioni diverse (siero o plasma umano, PBS, FCS). In tutti i casi si è osservato un picco di rilascio a 2–4 ore dall’applicazione, indipendentemente dal composto o dalla superficie (Fig. 2). Dopo 48–72 ore, il rilascio della maggior parte dei composti era completo. La concentrazione del composto rilasciato, valutata a 96 ore, era direttamente proporzionale alla concentrazione iniziale. Così, quando si è usata una concentrazione iniziale di 20 mg/ml, il livello raggiunto dopo 96 ore è stato di 200–300 μg/ml, mentre quando la concentrazione iniziale era di 2 mg/ml, a 96 ore si è registrata una concentrazione di circa 20 μg/ml.

Fig. 2
figure 2

Attività antibiofilm su ceppi di Staphylococcus aureus o di S. epidermidis di diverse formulazioni dell’idrogel DAC, addizionato con vancomicina, gentamicina o N-acetilcisteina (NAC) (in ascissa il tempo misurato in ore); l’associazione presenta maggiore attività antibiofilm rispetto a vancomicina o gentamicina usate da sole (p < 0,05) a ogni intervallo temporale studiato

Attività antibatterica e antibiofilm

Le concentrazioni minime inibenti (MIC) di alcuni composti addizionati all’idrogel—gentamicina (256 μg/ml), vancomicina (256 μg/ml) e N-acetilcisteina (100 μg/ml)—sono rappresentate nella Tabella 1. L’idrogel DAC da solo non ha mostrato una misurabile attività antibatterica, mentre le MIC degli antibiotici testati in combinazione con DAC sono risultate diminuite, dimostrando l’effetto sinergico dell’associazione tra l’idrogel e gli antibiotici esaminati. L’attività antibiofilm di DAC addizionato con vari antibatterici rispetto a quella di DAC idrogel da solo, studiata secondo la metodica descritta da Christensen et al. [9], è riportata nella Tabella 2. I dati sono sovrapponibili sia per Staphylococcus aureus sia per S. epidermidis e su superfici di titanio sabbiato, Co-Cr o PE.

Tabella 1 Concentrazioni minime inibenti (MIC) verso specie batteriche differenti del rivestimento DAC posto su una superficie di titanio, da solo o in combinazione con vari agenti antibatterici. Si nota l’effetto sinergico della combinazione DAC e antibiotico rispetto a ognuno dei singoli componenti
Tabella 2 Inibizione della crescita e del biofilm di Staphylococcus aureus da parte del gel DAC® addizionato con vari farmaci, rispetto al gel da solo (esperimenti su dischi di titanio. Media di tre ripetizioni)

Studi in vivo

Gli studi sono stati condotti su un modello animale (coniglio) di infezione post-chirurgica correlata a materiale impiantabile, presso il Laboratorio di Chirurgia Sperimentale dell’IRCCS Rizzoli di Bologna e l’University Medical Center di Utrecht (Paesi Bassi). Gli studi sono stati approvati dai rispettivi comitati etici.

Studi sulla sicurezza

Non si sono osservati segni infiammatori o degenerativi locali, o variazioni nella struttura microscopica del tessuto osseo in conigli trattati mediante introduzione nel canale femorale di idrogel DAC, rispetto ai controlli trattati mediante applicazione di Hyalgan. L’effetto di una contaminazione locale chirurgica è stato simulato mediante inoculi batterici progressivamente crescenti (102–103–104–105–106 colony forming units (CFU), Staphylococcus aureus Wood 46; ATCC 10832) durante l’impianto di un chiodo endomidollare in titanio sabbiato (AdlerOrtho, Milano), rivestito con idrogel DAC, nella tibia di coniglio (New Zealand White Rabbits, Charles River, Francia); non si è utilizzata profilassi antibiotica sistemica. Gli esami istologici e microbiologici effettuati dopo quattro settimane dall’impianto hanno dimostrato che l’idrogel DAC non ha alcuna interferenza con l’osteointegrazione locale, anche in presenza di bassi inoculi batterici (102) (Fig. 4); per tale livello di inoculo non si sviluppano segni locali o generali di infezione e si osserva formazione di nuovo osso intorno all’impianto. Per inoculi superiori si osservano con frequenza e gravità progressivamente maggiori i segni di una infezione locale e un’alterazione dei parametri sierologici infiammatori; con l’inoculo maggiore, di 106, si assiste alla diffusione dell’infezione per via ematica e alla comparsa di infezioni anche in altre sedi.

Studi sull’efficacia

La Fig. 3 riporta l’effetto del rivestimento di idrogel DAC, caricato con vancomicina 5%, nella prevenzione dell’infezione indotta da alto inoculo intra-operatorio (105 CFU) di Staphylococcus aureus (Wood 46—ATCC 10832). In questo studio, condotto presso l’Università di Utrecht, 18 conigli sono stati divisi in tre gruppi sperimentali:

  • no idrogel (N=6)

  • solo idrogel (N=6)

  • idrogel + vancomicina 5% (n=6).

In nessun gruppo è stata utilizzata profilassi antibiotica sistemica. Tutti i conigli hanno ricevuto un chiodo in titanio sabbiato endomidollare di tibia. La cavità tibiale è stata contaminata con un alto inoculo di 100 microlitri di soluzione contenente 105 CFU di S. aureus appena prima dell’impianto. Dopo 28 giorni, si è osservato che il gruppo “idrogel + vancomicina” non mostrava alterazione dei parametri sieroematici (conta dei neutrofili, velocità di eritrosedimentazione, VES) o perdita di peso, a differenza degli altri due gruppi (p<0,05). Cinque dei sei conigli del gruppo “no idrogel” erano positivi per la presenza di batteri a livello tibiale, così come nel gruppo “solo idrogel” (si noti che un coniglio in questo gruppo era morto al giorno 4). Nessuno dei conigli del gruppo “idrogel + vancomicina” aveva colture batteriche positive. La differenza tra il gruppo idrogel + vancomicina e il gruppo idrogel da solo o chiodo senza rivestimento è risultata statisticamente significativa (p=0,002 e p=0,01, rispettivamente, Fisher exact test-two tailed) (Fig. 5).

Fig. 3
figure 3

Rivestimento DAC addizionato con vancomicina 2% e blu di metilene 1% su uno stelo standard non cementato (Recta, AdlerOrtho Srl, Milano), impiantato in un femore umano mediante l’usuale procedura e strumentario. Immagine dopo apertura del femore a metà, mediante sega oscillante. Notare l’omogenea copertura blu lungo tutto l’impianto. Una piccola parte del gel aderisce alla superficie interna del canale diafisario. Si osservano anche frammenti di tessuto spongioso, di colorito giallastro, adesi alla protesi

Fig. 4
figure 4

Quadro istologico di tibie di conigli (colorazione con fucsina basica e blu di metilene) sottoposti a impianto di un chiodo endomidollare (cerchio nero), rivestito con DAC non addizionato di farmaci antibatterici e contemporanea contaminazione con inoculi batterici progressivamente crescenti (102–103–104–105–106 CFU di Staphylococcus aureus Wood 46; ATCC 10832), in assenza di profilassi antibiotica sistemica. Quattro settimane dopo l’impianto si osserva che il rivestimento con DAC non ha alcuna interferenza con l’osteointegrazione locale anche in presenza di basso inoculo batterico (102), mentre inoculi superiori (asterischi) determinano la progressiva maggiore frequenza e gravità di alterazioni ossee e infiammatorie reattive (la barra di misura rappresenta 4 mm)

Fig. 5
figure 5

Infezione dell’impianto (chiodo endomidollare in titanio) in tre gruppi di conigli, trattati rispettivamente senza rivestimento DAC, con rivestimento DAC, con rivestimento DAC addizionato con vancomicina 5%. Inoculo batterico (Staphylococcus aureus ATCC 10832) al momento dell’impianto con carica batterica elevata (105), in assenza di profilassi antibiotica sistemica. La differenza tra il gruppo trattato con rivestimento DAC addizionato con vancomicina 5% e il gruppo DAC da solo o chiodo senza rivestimento DAC è risultata statisticamente altamente significativa (p = 0,002** e p = 0,01*, rispettivamente, Fisher exact test-two tailed)

In un altro studio, condotto presso l’Istituto Rizzoli di Bologna su un ceppo batterico selvaggio di S. aureus meticillino-resistente (MRSA), usando un setting sperimentale simile, ma con inoculo di un volume maggiore di sospensione batterica (200 microlitri di soluzione contenente 104 o 106 CFU), si è osservato, pur in presenza di profilassi sistemica con vancomicina, che il gruppo di conigli trattato con rivestimento DAC e vancomicina al 2% o al 5% ha avuto colture ematiche negative in tutti i casi (mentre le colture erano positive in tutti i controlli) e conta batterica endomidollare, ossea e del chiodo significativamente inferiore (p<0,05) rispetto ai gruppi di controllo non trattati con il rivestimento antibiotato, con una riduzione della carica locale in tutti i siti di indagine variabile tra il 72 e il 99%.

Test di resistenza al trascinamento

Per valutare la resistenza del rivestimento DAC all’inserimento a “press-fit” di un impianto nell’osso, sono stati condotti studi sia su un modello animale sia su femori umani. A questo scopo si sono mescolati 60 mg di DAC in polvere con 1 ml di acqua per preparazioni iniettabili, contenente 1% di blu di metilene (Merck, Germania). Il gel è stato poi applicato su un chiodo endomidollare in titanio sabbiato (diametro 4,0 mm, lunghezza 25 mm, rugosità superficiale media 5,6 micrometri), finché l’impianto era completamente coperto. Un foro di 4,1 mm di diametro è stato quindi praticato nel canale midollare della tibia, dal piatto tibiale di 6 conigli (New Zealand White, forniti dal Central Laboratory Animal Research Facility, Utrecht). Dopo introduzione dei chiodi nelle tibie così preparate, si è proceduto a segarle a metà con una sega elettrica. Si è così verificato, mediante fotografie e il peso del gel rimasto sugli impianti, che circa il 70% del rivestimento DAC era ancora presente sull’impianto, mentre il rimanente gel si trovava sulla superficie interna della tibia, a diretto contatto con l’impianto. La distribuzione del gel appariva omogenea lungo tutto l’impianto.

Risultati simili si sono osservati, ripetendo la stessa procedura, con femori umani e con inserimento di uno stelo femorale standard in titanio sabbiato (rugosità media: 6 micrometri) (Recta, AdlerOrtho Srl, Milano), utilizzando 300 mg di DAC in polvere, ricostituito con 5 ml di acqua per preparazioni iniettabili contenente 1% di blu di metilene (Merck, Germania) e, in 6 casi, anche vancomicina a una concentrazione del 2%. Con 5 ml di gel è stato possibile rivestire fino a due steli femorali di dimensioni medie. Il tempo di applicazione del gel è risultato essere di 3–5 minuti. Dopo l’inserimento della protesi e l’apertura del femore, si è potuto notare che diverse porzioni dell’osso spugnoso erano rimaste aderenti alla protesi, confermando la notevole adesione dell’idrogel e la completa assenza di trascinamento visibile. In media, il 78±16% del rivestimento DAC (range 71–85%) è risultato ancora presente sull’impianto, mentre il rimanente gel era visibile lungo il canale femorale, nella porzione corrispondente alla protesi.

Conclusioni

Le infezioni correlate agli impianti rappresentano una delle complicanze più gravi in ortopedia e traumatologia. Sebbene siano stati proposti diversi rivestimenti antibatterici per prevenire la colonizzazione batterica e la formazione di biofilm, le tecnologie disponibili sono ben lungi dall’essere applicabili su larga scala, a causa di varie limitazioni, tra cui i possibili effetti a lungo termine sulla resistenza batterica e sull’osteointegrazione, mentre questioni normative e costi hanno finora ritardato l’utilizzo su vasta scala di molte tecnologie [3, 68].

L’utilizzo di un idrogel rapidamente riassorbibile, in grado di veicolare localmente composti antibatterici, rappresenta una nuova alternativa in questo panorama. Gli studi preclinici, qui passati brevemente in rassegna e già recentemente comunicati a congressi e in via di pubblicazione su riviste internazionali, dimostrano l’efficacia del gel studiato nel rilasciare elevate quantità di diversi agenti antibatterici nel breve periodo. Ciò permette di ottenere un’elevata protezione dell’impianto nel momento critico del suo inserimento nel corpo umano, evitando allo stesso tempo i rischi potenziali legati a una persistenza prolungata.

Gli studi sull’animale eseguiti finora confermano la capacità di tale prodotto e del rapido rilascio locale di agenti antibatterici di interferire nella “corsa alla superficie” in modo favorevole all’ospite. Da notare che questa è la prima volta che viene sviluppato un dispositivo medico specifico, volto a “truccare” la competizione per la colonizzazione dell’impianto che solitamente si svolge tra cellule dell’ospite ed eventuali batteri contaminanti presenti [10]. Le implicazioni cliniche e scientifiche di tale nuovo approccio sono probabilmente ancora in gran parte da scoprire.

La sicurezza e l’efficacia finora dimostrate, la facilità di impiego e la versatilità del prodotto, addizionabile con diversi farmaci antibatterici e antibiofilm, ne fanno un potenziale partner ideale per l’uso su larga scala nella prevenzione delle infezioni correlate agli impianti in ortopedia e traumatologia.

I risultati di ulteriori studi in vivo, già in corso presso l’Università di Utrecht, e degli studi clinici in programma in quattro centri europei (Italia, Olanda, Grecia e Belgio) permetteranno di fornire nel prossimo futuro ulteriori conoscenze sui possibili vantaggi e limiti di questa nuova promettente tecnologia.