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Sulla diversita’ del calorico irradiato da superfici ruvide e levigate

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Il Nuovo Cimento

Conclusione

È noto che il Melloni al principio delle sue ricerche conchiuse che la luce non era identica al calore, per avere egli pel primo osservato che entrambi attraversano in un diversissimo rapporto una medesima sostanza. Più tardi egli ha abbandonata questa idea. Tuttavia io non eredo che il Melloni abbia ritenuto per identici questi due agenti, imperciocchè egli parla solo del «Lien le plus puissant «qui reunisse ensemble ces deux grands agents de la na-«ture (1)».

Se si vuol mettere la quistione della identità della luce e del calore, è necessario, come mi sembra, parlare dapprima distintamente della differenza tra luce e calore. sono atte a produrre modificazioni calorifiche percettibili, in modo che la intensità della luce può divenire grandissima per la medesima lunghezza di onde, senza che. sia osservabile una modificazione del calore. Se poi il medesimo movimento sia o no in realtà avvertito da noi come luce e come calorico, è una quistione che abbisogna sempre di ulteriori ricerche.

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Literatur

  1. Thermochrose p. 90, nota.

  2. Poggendorff’s Annalen vol. LXX, p. 349.

  3. Monatsberichte der Akad. d. Wiss, zu Berlin 1864, p. 593.

  4. Poggendorff’s Annalen, vol. CXVIII.

  5. Questo galvanometro a due aghi è fatto tutto di rame o più esattamente, di quello che chiamano ottone rosso. Il filo è diviso su due rocchetti di metallo, l’ uno dei quali è fissato a vite su una piastra di rame, fissata a sua volta sulla base girevole dell’ istrumento, munita di 3 viti calanti. L’ altro rocchetto vien posto così sulla medesima piastra, che il suo asse coincide col prolungamento di quello del rocchetto fisso, ed al quale si fissa strettamente per mezzo di due viti a testa orlata. Le superficie dei due rocchetti sono perfettamente piane in modo che combaciano esattamente. Sopra ciascun rocchetto vi é fissata una mezza scatola cilindrica bassa e tale che forma una scatola ermeticamente chiusa quando i due rocchetti sono a contatto. La metà che si trova riunita al rocchetto fisso porta il tubo di vetro col filo di bozzolo che sostiene gli aghi e lo specchietto. L’ ago superiore oscilla nella scatola, l’ inferiore con lo specchietto nei rocchetti. Lo specchio è osservato attraverso una lastra di vetro piana che chiude da un lato il vacuo interno dei rocchetti, dall’ altro lato vi è una sottile lastra di rame. Lo spazio per l’ asticella che riunisce i due aghi è scavato nelle pareti grosse dei due rocchetti che si toccano. Se si porta via un rocchetto con la sua mezza scatola superiore, allora si può facilmente pervenire agli aghi ed accomodarne l’ astaticità, se si vuole, senza smuoverli dal posto. Egli è questo un vantaggio che sapran bene apprezzare tutti quelli che hanno lavorato coi galvanometri a specchio, tanto più che per la stupenda costruzione dell’ istrumento, eseguito dal sig. Sauerwald di Berlino i due rocchetti possono separarsi, e quindi riunirsi di nuovo senza che si muti menomamente la posizione dello specchio. Se si vuole evitare di mettere il cannocchiale normalmente al meridiano magnetico, devesi in luogo della lastra di vetro mettere un prisma rettangolare ben pulito, che mercè una guarnitura di rame ed un tubo di caoutschouc si fissa a tenuta d’ aria all’ apertura ove prima era la lastra di vetro. Se si vuole evitare il prisma, allora lo specchio dovrà trovarsi superiormente agli aghi, e perciò la costruzione del galvanometro dovrà essere modificata nel modo seguente. Si aggiunge al rocchetto fisso invece della mezza scatola cilindrica una forte staffa metallica che porta il tubo di vetro col filo. Dopo che si son sospesi gli aghi con lo specchio e fissato il rocchetto mobile al fisso, si copre lo specchietto e l’ ago superiore con un cappelietto di lastre di rame sottile, che lascia passare il tubo da un’ apertura superiore, e per una apertura laterale, munita di lastra di vetro permette di osservare lo specchietto in tutti gli azimut, perchè il cappelletto di rame è girevole intoruo a sè stesso. Il cappello a bordo inferiore spulito riposa su una piastra formata di due metà fissata ciascuna su i due rocchetti. Parimenti è chiuso a tenuta d’ aria là dove esce il tubo di vetro. Questa costruzíone ha il vantaggio che i rocchetti possono essere schiacciati ed essere perciò i giri più vicini all’ ago inferiore.

  6. Per rivestire il disco di spugna di platino si faceva con ammoniuro platinico ed acqua una sottile poltiglia, la quale poi con un pennellino si spandeva uniformemente sul disco, che poscia veniva accuratamente asciugato in una fiamma ed arroventato; nel modo analogo veniva messo sul disco un secondo, un terzo strato fino a che raggiungeva la spessezza necessaria. Questa pratica è necessaria, imperciocchè se si mette fino dal principio sul disco un grosso strato di cloruro platinico, questo col riscaldamento si ammassa in alcuni punti isolati e non copre il disco di uno strato uniforme.

  7. Un po’ meno distinto che nel n. 5.

  8. Qui dovrà dire: l’ apertura in questo diaframma era della lunghezza della striscia e di una larghezza alquanto minore della medesíma. N.d.T.

  9. Nella figura 4. il colore «azzurro» è indicato per isbaglio; il giallo ed il rosso debbono stare più verso sinistra.

  10. Jamin,Cours de physique, vol II, p. 236.

  11. Monasbericht 1864, p. 594.

  12. Thermochrose, 333.

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Traduzione del Prof. E. Villari daiPoggendorff a Annalen CXXIV. p. 476. (1865, n. 3.)

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Magnus, G. Sulla diversita’ del calorico irradiato da superfici ruvide e levigate. Nuovo Cim 21, 247–267 (1866). https://doi.org/10.1007/BF02904632

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