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Sull’efficacia delle grandi aperture nei microscopii composti

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Il Nuovo Cimento

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Literatur

  1. Seduta accademica del dì 8 Febbraio 1863. Un cenno sulla costruzione e sull’uso delMegametro era già stato pubblicato dall’Autore nelMonitore Toscano del 20 Agosto 1861. Vedi anco ilNuovo Cimento, fascicolo del Marzo 1863.

  2. Un’esperienza facilissima ad eseguirsi, e che potrà convincere i più renitenti del vero ufficio della luce incidente nelle osservazioni microscopiche consiste nel far cadere un fascio di luce solare in una camera oscura sovra un’imagine dipinta su vetro con colori a vernice, la quale imagine abbia alcune sue parti raschiate in guisa da presentar in quei luoghi il vetro a nudo. Pongasi a 34,6 centimetri dietro l’imagine dipinta una lente convessa di 31 centimetri di foco e si riceva a 3 metri dalla lente sovra una parete bianca l’imagine reale del dipinto traslucido. Codesta imagine apparira nettissima e ben definita in ogni sua parte, e le porzioni raschiate o nude del vetro saranno le più luminose, e costituiranno i lumi del dipinto. Ma se si guardi nello spazio che sta fra la lente e la parete si vedranno a 31 centimetri dalla lente convergere i raggi solari nel foco che ad essi conviene, per divergerne poscia e stendersi ad illuminar la parete. Si collochi nel luogo dove i raggi solari si radunano a 31 centimetri dalla lente un piccolo disco opaco e nero attaccato sovra una lastra di vetro a facce parallele, e il disco sia tale che per esso la imaginetta del sole, che la si dipinge venga tutta coperta; si vedrà allora il dipinto conservare sulla parete la sua distinzione di prima in ogni sua parte, all’infuori di quelle che venivano ad essere illuminate liberamente dal sole, le quali appariranno invece abbulate in guisa da rendere l’imagine simile a quelle che si dicono negative dei fotografi. Qui appare evidentissima la distinzione fra l’imagine della sorgente illuminatrice e quella dell’oggetto illuminato, poichè quella può esser tolta, questa rimanendo sensibilmente inalterata. Riesce poi chiarissima per tal guisa la differenza fra l’angolo del pennello illuminante e quello dell’apertura attiva della lente; infatti se si suppone che nell’esperienza citata questa abbla un decimetro di diametro, ciascun punto del sole manderà ad essa un cono di raggi d’angolo eguale a zero, mentre invece il dipinto collocato a 34,573 centimetri raggerà sulla lente dal suo punto centrale un cono di luce dell’angolo di 16°.27′.31″ circa.

  3. Si può sperimentare così anche per immersione, e le lenti obbiettive non ne soffrono menomamente, non deponendosi cosa aleuna sulla loro superficie che possa alterarne il pulimento. Essa rimane solo in parte coperta dalla tenuissima lamina metallica ritenuta sulla montatura d’ottone con un po’di cera.

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Govi, G. Sull’efficacia delle grandi aperture nei microscopii composti. Nuovo Cim 21, 50–65 (1866). https://doi.org/10.1007/BF02904611

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