Estratto
Ultima nata tra le forme di creatività, la cinematografia ha dovuto, nel secolo scorso, superare incomprensioni e pregiudizi prima di essere accettata nel novero delle “arti” importanti. La sua popolarità accomunata all’indotto economico che ne sottende necessariamente l’esistenza, hanno limitato nel tempo e continuano, paradossalmente, a tratti, ancora a limitarne la portata espressiva perfino in questa nostra epoca sempre più dipendente dalle immagini artificiali. Eppure attraverso la cinematografia si è potuto dimostrare l’esistenza della concettualità (l’oggettivazione del soggetto e la soggettivazione dell’oggetto). Oltre che dotare l’arte figurativa di quella marcia in più che è rappresentata dalla gestione controllata e armonica del tempo. Ha ricordato Hans Richter nel:
La tela da cavalletto rappresentava un limite e per superare questo limite si doveva trovare un “inizio” e una “fine” tra loro progressivi. Così abbiamo (lui, Richter insieme con Viking Eggeling, n.d.r.) introdotto delle tele arrotolabili. Grazie a questi rolli abbiamo scoperto, senza volere, un modo d’espressione dinamico differente dalla pittura da cavalletto.
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Riferimento
In Hans Richter, Ed. Du Griffon, Neuchatel 1965, riportato in Cinema dadaiste e surrealiste (1976) Centre Georges Pompidou.
In P. Adams Sidney (1976) Le cinema dadaiste et surrealiste, Centre Georges Pompidou.
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Joris Ivens (1979) Io cinema, autobiografia di un cineasta, Longanesi.
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Len Lye Speaks at the Film Makers Cinemathèque-in Film Culture n. 44, 1957.
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Montanaro, C. (2008). Dall’Astrattismo all’astratto. In: Emmer, M. (eds) matematica e cultura 2008. Matematica e cultura. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-0794-9_15
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